Il viceministro Ciaccia: «Pronto il decreto apri cantieri, dal Cipe arrivano altri 5 miliardi»
Ecco le nuove norme per rilanciare la crescita
Roma, 6 gennaio 2011 - «Le infrastrutture e le costruzioni sono il carburante per far ripartire il Paese. Il propellente per la fase due, quella che deve rilanciare il Pil e quindi la crescita. L'obiettivo del governo è sfruttare tutte le potenzialità, coinvolgendo i soggetti privati e attirando i capitali esteri». Mario Ciaccia, vice ministro per le Infrastrutture, ha le idee chiare su come disegnare il futuro. «Credo che sia possibile un nuovo miracolo italiano - dice in questa intervista al Messaggero - e tifo per il presidente Napolitano che chiede coesione e unità d'intenti per superare la crisi. Noi ce la metteremo tutta, mi creda».
Dottor Ciaccia, c'è chi la accusa di conflitti d'interesse, di fare gli interessi di Intesa...
«L'unico conflitto d'interesse ce l'ho con me stesso. Anzi con mia moglie e i miei 4 figli, che trascuro. Come sa mi sono dimesso dalla banca. Ho chiuso con quell'esperienza, rinunciando ad un emolumento sostanzioso, tanti benefit, insomma una posizione invidiabile. E lavoro qui, al ministero, ventre a terra».
Perché lo ha fatto?
«Perché vorrei fare qualcosa di utile per il Paese, per passione civile. Come Napolitano, Monti e Passera sono convinto che ce la possiamo fare, mettendo insieme tutte le energie positive, ritrovando e dando fiducia».
Fino ad ora avete sbloccato 12,5 miliardi e varato norme che semplificano le procedure e velocizzano le grandi opere. E poi?
«Abbiamo fatto un po' di razionalizzazioni, riorganizzato i fondi, coinvolto anche le piccole e medie imprese di costruzione nelle grandi opere, cosa che prima non era prevista. Creato i presupposti per defiscalizzare, per supportare chi investe in porti, autostrade, aeroporti. Certo questo non basta. Vorremmo coinvolgere anche i Fondi sovrani, gli investitori internazionali, senza dimenticare il ruolo importante del sistema finanziario e della Cassa Depositi e Prestiti».
Come?
«Stiamo preparando un decreto "apri cantieri"».
Cosa prevede?
«Nuove norme per accelerare i tempi delle grandi opere, garantire un quadro certo, trovare risorse. Come la possibilità di emettere obbligazioni da parte delle società di progetto (i project bond), capaci di finanziare anche i costi di costruzione non coperti a differenza delle opere già concluse che generano cash flow. Ma sono previste anche procedure più snelle per i privati che presentano progetti chiavi in mano per le opere strategiche; il project financing per la costruzione delle carceri, coinvolgendo anche le Fondazioni di origine bancaria e i privati».
Si parla anche del contratto di disponibilità?
«Che favorisce il partenariato pubblico-privato, affidando ad un privato la possibilità di costruire un'opera per un pubblico servizio, ricevendo un canone dal settore pubblico. Vuole dire meno indebitamento per lo Stato e più infrastrutture. E poi speriamo di poter rendere effettiva l'autonomia finanziaria dei porti, in cui si potranno realizzare nuove banchine, bacini, moli; anche questo potrà certamente favorire l'incremento del Pil».
E per gli aeroporti? Sono in ballo, e penso soprattutto a Fiumicino, investimenti miliardari in nuove infrastrutture. A che punto siamo?
«A buon punto. I contratti di programma sono di fatto sbloccati per il sistema di Milano e per quello di Venezia. Per lo scalo romano sono ottimista riguardo alle tariffe. Credo che complessivamente si possano attivare da questi tre aeroporti circa 3 miliardi di investimenti in tempi molto rapidi».
Fino ad oggi Tremonti aveva invece rallentato un po' tutto.
«Il ministro Tremonti ha tenuto sotto controllo la spesa e varato provvedimenti importanti. Che cercheremo di implementare senza contrapposizioni sterili ed inutili».
Torniamo allo sblocca cantieri.
«Confido in norme per scongelare il settore delle costruzioni, dell'edilizia. Facilitazioni per chi realizza nuovi alloggi e, in particolare, per l'housing sociale. Un pacchetto complessivo con sostegni importanti. Dovremo comunque mettere mano alla logistica per le merci: la mancanza di collegamenti tra assi autostradali, porti e aeroporti ci costa 12 miliardi all'anno. Non possiamo permetterci questo gap che ci taglia fuori dalla competitività».
Con quali fondi ci potranno essere nuove opere?
«Il prossimo Cipe potrà sbloccare altri 5 miliardi di euro. Solleciteremo poi i concessionari autostradali a sbloccare altri 18 miliardi di investimenti da qui al 2015. E poi puntiamo forte sul Sud».
Come e dove?
«Alta velocità ad alta capacità ferroviaria sull'asse Napoli-Bari con circa 800 milioni, interventi sulla Salerno-Reggio Calabria per 240 milioni, 698 per la Statale Jonica, 600 milioni per la ferrovia Palermo-Catania. E poi altri cantieri minori. In prospettiva c'è lo sblocco della Pontina utilizzando anche la nuova leva sulla defiscalizzazione: lavori per circa 2,2 miliardi».
Quanti posti di lavoro si possono creare?
«Ogni miliardo d'investimento può generare circa 17-18 mila posti di lavoro. Ma queste sono stime, pensiamo invece ai fatti. Solo su questo saremo giudicati, su questo accettiamo la sfida consapevoli che la strada sarà dura».