Impregilo-Salini, colosso da 4,1 miliardi Nella classifica europea è però solo 17°
Analisi dei bilanci dopo il successo dell'Opa e in vista della fusione. Portafoglio da 27 miliardi e nuovi debiti da assorbire
Roma, 22 aprile 2013 – II 12 aprile con la chiusura dell'Opa che ha permesso a Salini di salire all'86,5% del capitale di Impregilo, si è chiusa una «tenzone» con Gavio che durava dal 3 ottobre 2011, data in cui Salini acquistò il primo 8,1 per cento.
E che ha visto il gruppo tortonese difendere il controllo (di maggioranza relativa) con minore convinzione del romano, fin dall'inizio escludendo il lancio di un'Opa (quando il titolo quotava la metà). Ora si apre una nuova fase, più interessante sul piano industriale, quella della creazione del nuovo «campione» nazionale dall'annunciata fusione di Impregilo e Salini. Con quali numeri?
Considerando i bilanci 2012 si tratta di un fatturato aggregato di 4,1 miliardi di euro, un portafoglio ordini di 27 miliardi (depurato del 45% del contratto da 3,9 miliardi per il ponte sullo Stretto) e oltre 31mila dipendenti. Un colosso, per le piccole abitudini italiane, che potrebbe emigrare da Milano a Londra, in termini di quotazione, e a Roma, per la sede operativa. Ma ancora un nano in un panorama europeo nel quale anno dopo anno i concorrenti crescono per acquisizioni.
Infatti, in una classifica europea che sarà esaminata all'assemblea Eic a Helsinki il prossimo 26 aprile, il nuovo gruppo Impregilo-Salini è solo 17°, preceduto da ben quattro spagnoli, tre francesi, tre svedesi, due britannici, due olandesi, un austriaco e un finlandese. Mentre il secondo italiano, Astaldi, è 27°. Favorisce la crescita dei concorrenti una diversificazione spinta: in primis nelle concessioni (a partire dalle autostradali) che i maggiori competitors perseguono cogliendone due potenzialità: la stabilità nei loro flussi di cassa e le opportunità di lavori («in house») per l'estensione della rete.
Proprio l'opposto della scelta compiuta da Salini: vendendo il 29,2% della concessionaria brasiliana Ecorodovias (che dalla sua quotazione nell'aprile 2010 ha sempre espresso un valore superiore a quello della casa madre!) può distribuire dividendi per 602,2 milioni (e quindi parzialmente finanziare la sua stessa «scalata»). Una marcia indietro nelle concessioni per una società che ancora nel 2011 era decima in Europa (e Astaldi 16°) per importo delle concessioni: preceduta da Vinci, Strabag, Eiffage, Ohl, Sacyr y Vallehermoso, Bouygues, Ferrovial.
Tenendo conto che la nuova realtà Impregilo-Salini pur dopo le cessioni (tra cui quella già programmata di Fisia Italimpianti) sarà assai indebitato (per lo sforzo dell'Opa) ci si domanda se e come operando nel «core business» delle costruzioni (non ancora sufficientemente trainato da concessioni ancora da sviluppare) riuscirà a crescere e ripagare le banche. Considerando anche l'aleatorietà dei contratti: si veda l'improvvisa cancellazione del progetto "Mina de Cobre" a Panama per circa 560 milioni di dollari.
Indiscussa sarà invece la leadership sul mercato nazionale. Infatti Astaldi, l'altra società quotata, sta sì crescendo nelle concessioni (sia «greenfield» che «brownfield») ma con una leva finanziaria impegnativa. Condotte e Pizzarotti, entrambe intorno al miliardo di fatturato, sono imprese familiari che non vogliono e non possono rischiare. Quanto alle grandi cooperative Cmc e Cmb (le uniche a resistere alle turbolenze finanziarie) sono sulla «difensiva» (e la seconda potrebbe dover rinunciare al progetto di fusione in Eureca con Unieco) mentre Grandi Lavori Fincosit è in buona salute, ma i mega-lavori per il Consorzio Venezia Nuova finiranno.
Un'ultima considerazione riguarda il ruolo che il gruppo Gavio potrà svolgere se vorrà mettere in gioco una liquidità di 450 milioni (dopo aver azzerato l'indebitamento di Igli, già interamente acquistata da Benetton e Ligresti). Se vorrà rilanciare la presenza nelle costruzioni (nelle quali con le sue imprese fattura solo 500 milioni), sinergica con le concessioni, troverà più di un'opportunità: da un'opzione ambiziosa come quella di affiancare la famiglia omonima nella proprietà di Astaldi o intervenire presso i Chiarotto per salvare l'impresa Mantovani, azzoppata dai guai giudiziari del suo presidente. In «pancia» a entrambe troverà quote dell'autostrada Brescia-Padova, interessante prolungamento a Nord-Est della sua rete.