Infrastrutture: le concessionarie autostradali in sintonia con Bankitalia
Roma, 1 giugno 2011 - Mario Draghi è tornato a battere sul tema delle infrastrutture, che ormai Bankitalia considera una priorità assoluta per tornare a crescere a livelli più accettabili. In particolare il Governatore ha ribadito che occorre «sfruttare appieno le risorse dei concessionari privati e quelle comunitarie, che non pesano sui conti pubblici». Solo così sarà possibile tornare a far crescere la spesa per investimenti che vede una progressiva contrazione della quota pubblica, pari al 2,3% del Pil in media tra il 2000 e il 2009, scesa al 2,1% nel 2010 e destinata a calare ancora, nelle previsioni di Governo, all'1,6% nel 2012. Già in un recente seminario a porte chiuse dedicato da via Nazionale proprio al tema delle infrastrutture, Draghi aveva denunciato come in Italia i privati fossero fermi a una quota ancora marginale del 3% contro, per esempio, il 52% degli inglesi o il 12% degli spagnoli.
Il Governatore ha anche ricordato la lentezza con cui i piani di investimento dei concessionari privati procedono. «A oggi - ha detto Draghi nella relazione - sono stati completati poco più del 60% degli ampliamenti concordati nel 1997 tra l'Anas e la principale concessionaria autostradale e meno di 30 di quelli decisi nel programma del 2004». La società chiamata in causa è Autostrade per l'Italia, le opere ancora da realizzare vengono quantificate dal Governatore in 15 miliardi. L'amministratore delegato del gruppo, Giovanni Castellucci, ha immediatamente replicato, dicendosi d'accordo con l'analisi del Governatore. «I ritardi - ha detto - non solo fanno lievitare il costo delle opere ma ci costringono a mantenere inutilizzate le ingenti risorse finanziarie che abbiamo reperito sui mercati internazionali». Anche Fabrizio Palenzona, presidente Aiscat (associazione dei concessionari), si dice d'accordo con le analisi di Draghi. Palenzona osserva poi che «non è che le concessionarie non mettono soldi, ma hanno dei piani obbligati». Nel 2011 gli investimenti sono ripartiti, «ma lo hanno fatto in ritardo, si sono persi 6-7 anni e questa cosa l'abbiamo sempre denunciata». I concessionari privati sono subito saliti sul carro del Governatore ma è chiaro che la denuncia di Draghi evidenzia anche alcune patologie nel rapporto pubblico-privato.
Patologie, ritardi culturali, carenze di stimoli e di regole. Fino a oggi, nota la Relazione annuale, «nel partenariato pubblico-privato si è spesso privilegiato l'aspetto finanziario, cioè la possibilità di contenere l'indebitamento degli enti appaltanti». Certamente, le difficoltà nella realizzazione delle opere - per esempio gli iter amministrativi e ambientali oppure l'insorgenza del contenzioso - fanno crescere tempi e costi, che si scaricano pure sui concessionari, ma molti hanno sottolineato la necessità di strumenti di vigilanza e di sanzione più forti sui concessionari per far sì che coincidano investimenti programmati (con tanto di aumenti tariffari) e realizzati. La partecipazione privata sarebbe anche l'opportunità per un miglioramento del processo realizzativo delle opere. Anzitutto, potrebbe migliorare la selezione delle opere da realizzare attraverso «il sistematico utilizzo dell'analisi costi-benefici», già prefigurato nella delega al Governo per il riordino della disciplina della spesa in materia di opere pubbliche. Un'analisi più trasparente di costi e benefici - assicura Bankitalia - «può ridurre l'opposizione delle collettività locali alla realizzazione di un'opera sul proprio territorio». Inoltre, «una disciplina che faciliti una chiara ed efficiente allocazione dei rischi tra le parti fornirebbe gli incentivi necessari a sfruttare anche il potenziale tecnico e gestionale del settore privato».