Infrastrutture, l'osservatorio Cnf: perderemo 900 miliardi nei prossimi sedici anni
Il rapporto annuale dell'osservatorio 'I costi del non fare' ha calcolato che la mancata realizzazione di opere strategiche costerà all'Italia novecento miliardi di euro. Il settore in cui si avvertirà di più l'inerzia è quello delle telecomunicazioni
Roma, 4 dicembre 2013 – Quanto costa all’Italia l’inerzia nella realizzazione delle infrastrutture strategiche? La risposta a questa domanda arriva dall’ottavo rapporto annuale dell'osservatorio 'I costi del non fare' diretto da Andrea Gilardoni, docente dell'università Bocconi di Milano: 900 miliardi nei prossimi sedici anni. Nei due anni appena trascorsi (2012-2013), lo scotto pagato da imprese e cittadini è calcolato in 82 miliardi, buttati al vento nel settore dei rifiuti, della viabilità e delle telecomunicazioni.
Il rapporto 2013 sui Costi del non fare (Cnf), presentato da Agici-Bocconi e UniCredit ieri a Milano, entra nello specifico dei settori analizzati. Il non fare, ossia il saldo tra gli investimenti nelle infrastrutture e ciò che costa al Paese perpetuare con un sistema infrastrutturale vetusto e inefficiente, dilapiderebbe quasi la metà dei 900 miliardi nel solo settore del Tlc (429 miliardi) fino al 2027. La rete ferroviaria obsoleta, invece, ci costerà 129 miliardi. Un po’ più contenuto rispetto a quello delle ferrovie, ma comunque considerevole, il danno dell’inadeguatezza stradale, pari a 96 miliardi. In 10 miliardi è stato calcolato invece il costo della carenza del sistema di smaltimento dei rifiuti. 73 miliardi la mancanza di snodi logistici. Gli acquedotti colabrodo faranno perdere 44 miliardi al paese. E il settore energia, tra produzione, distribuzione e mancato efficientamento, contribuirà a gettare dalla finestra ben 110 miliardi.
Queste cifre forniscono un quadro desolante dei danni competitivi e sociali che ogni anno subisce il paese, invischiato nelle pastoie della burocrazia e soffocato da una miriade di tasse. È stato calcolato che la tassazione arriva al 65,8 % dei profitti. A questa situazione critica bisogna aggiungere anche il crescente fenomeno del Nimby (acronimo inglese che significa Not in my backyard ). Nel 2012 ad esempio ben 354 i progetti incappati nelle contestazioni da parte di enti locali, cittadini o associazioni ambientaliste: 151 nuovi e 203 degli anni precedenti e ancora bloccati. "Il fenomeno delle opposizioni – dice Alessandro Beulcke presidente dell'Osservatorio Nimby Forum - si intreccia con il "non fare" e i vincoli burocratici, producendo effetti perversi e danni alla competitività del Paese e alle ricadute sul territorio".
Lo studio controlla anche lo stato di avanzamento delle infrastrutture prioritarie per lo sviluppo del paese. Le opere realizzate nell’ultimo biennio, secondo lo studio, hanno fatto risparmiare all’Italia 48 miliardi di euro. Per ciò che riguarda l’energia il risparmio è stato di 16 miliardi, grazie all’impiego delle rinnovabili termiche. Anche per autostrade e tangenziali a pedaggio si è registra negli ultimi due anni una crescita di 8 miliardi, anche se lo studio sottolinea che bisogna puntare maggiormente sulla qualità. Le linee ferroviarie ad alta velocità hanno portato a un risparmio di circa 2 miliardi. La situazione peggiora di molto nel settore idrico, dove a fronte di 5 miliardi di spese, solo un miliardo di benefici. Drammatica la situazione del non fare anche nel settore dei rifiuti con 660 milioni di euro già bruciati dall’Italia nello stesso periodo.
"Non sono state superate le evidenti difficoltà nella realizzazione delle opere", sintetizza Gilardoni. "Il Paese ha ancora un forte fabbisogno infrastrutturale – continua - ma sempre meno di quantità e sempre più di qualità. Occorrono efficaci azioni, come ad esempio la selezione delle priorità realizzative, per un rilancio significativo dello sviluppo infrastrutturale del Paese e per creare le condizioni ideali per gli investimenti di soggetti privati".
Il rapporto 2013 sui Costi del non fare (Cnf), presentato da Agici-Bocconi e UniCredit ieri a Milano, entra nello specifico dei settori analizzati. Il non fare, ossia il saldo tra gli investimenti nelle infrastrutture e ciò che costa al Paese perpetuare con un sistema infrastrutturale vetusto e inefficiente, dilapiderebbe quasi la metà dei 900 miliardi nel solo settore del Tlc (429 miliardi) fino al 2027. La rete ferroviaria obsoleta, invece, ci costerà 129 miliardi. Un po’ più contenuto rispetto a quello delle ferrovie, ma comunque considerevole, il danno dell’inadeguatezza stradale, pari a 96 miliardi. In 10 miliardi è stato calcolato invece il costo della carenza del sistema di smaltimento dei rifiuti. 73 miliardi la mancanza di snodi logistici. Gli acquedotti colabrodo faranno perdere 44 miliardi al paese. E il settore energia, tra produzione, distribuzione e mancato efficientamento, contribuirà a gettare dalla finestra ben 110 miliardi.
Queste cifre forniscono un quadro desolante dei danni competitivi e sociali che ogni anno subisce il paese, invischiato nelle pastoie della burocrazia e soffocato da una miriade di tasse. È stato calcolato che la tassazione arriva al 65,8 % dei profitti. A questa situazione critica bisogna aggiungere anche il crescente fenomeno del Nimby (acronimo inglese che significa Not in my backyard ). Nel 2012 ad esempio ben 354 i progetti incappati nelle contestazioni da parte di enti locali, cittadini o associazioni ambientaliste: 151 nuovi e 203 degli anni precedenti e ancora bloccati. "Il fenomeno delle opposizioni – dice Alessandro Beulcke presidente dell'Osservatorio Nimby Forum - si intreccia con il "non fare" e i vincoli burocratici, producendo effetti perversi e danni alla competitività del Paese e alle ricadute sul territorio".
Lo studio controlla anche lo stato di avanzamento delle infrastrutture prioritarie per lo sviluppo del paese. Le opere realizzate nell’ultimo biennio, secondo lo studio, hanno fatto risparmiare all’Italia 48 miliardi di euro. Per ciò che riguarda l’energia il risparmio è stato di 16 miliardi, grazie all’impiego delle rinnovabili termiche. Anche per autostrade e tangenziali a pedaggio si è registra negli ultimi due anni una crescita di 8 miliardi, anche se lo studio sottolinea che bisogna puntare maggiormente sulla qualità. Le linee ferroviarie ad alta velocità hanno portato a un risparmio di circa 2 miliardi. La situazione peggiora di molto nel settore idrico, dove a fronte di 5 miliardi di spese, solo un miliardo di benefici. Drammatica la situazione del non fare anche nel settore dei rifiuti con 660 milioni di euro già bruciati dall’Italia nello stesso periodo.
"Non sono state superate le evidenti difficoltà nella realizzazione delle opere", sintetizza Gilardoni. "Il Paese ha ancora un forte fabbisogno infrastrutturale – continua - ma sempre meno di quantità e sempre più di qualità. Occorrono efficaci azioni, come ad esempio la selezione delle priorità realizzative, per un rilancio significativo dello sviluppo infrastrutturale del Paese e per creare le condizioni ideali per gli investimenti di soggetti privati".