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Infrastrutture: Passera, servono forti investimenti ma con garanzie dello Stato

Banca Intesa SanPaolo una "banca per il Paese" e non una "banca di sistema" sul modello di Mediobanca

Roma, 7 giugno 2010 - Garanzie pubbliche a tutela di investimenti privati che dovrebbero convogliare nei prossimi cinque anni circa 250 miliardi di dollari sul rilancio delle infrastrutture, come strade, aeroporti, telecomunicazioni. E' l'ipotesi avanzata dal Ceo di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera, intervistato dal "Wall Street Journal", che per una ripresa dell'economia italiana ritiene opportuno che pubblico e privato si alleino per lanciare forti investimenti privati nelle infrastrutture. "Una buona gestione della spesa pubblica è assolutamente coerente con una certa quota di investimenti a lungo termine". Ha sottolineato il Ceo di Intesa SanPaolo secondo il quale un sistema di garanzie pubbliche sarebbe sufficiente a far si che i privati forniscano la maggior parte dei fondi necessari. Nel corso dell’intervista il Ceo ha anche evidenziato che Intesa SanPaolo è una ''banca per il paese'' piuttosto che una “banca di sistema” sul modello di Mediobanca di Enrico Cuccia. Infatti secondo Passera le banche concentrate sul settore retail come Intesa SanPaolo non devono essere sottoposte al medesimo irrigidimento dei requisiti di capitale ritenuto necessario per gli istituti che trattano derivati e altri asset ad alto rischio. Per questo il Ceo ha definito Intesa SanPaolo una banca paese e non una banca di sistema. "Bisogna regolare questi due generi di attività in modo totalmente diverso - ha affermato il banchiere - , perché sono attività totalmente differenti, animali del tutto diversi". A questo proposito, nonostante i significativi pacchetti azionari che Intesa controlla in molte aziende strategiche per il paese, Passera rifiuta l'etichetta di "banca di sistema" e afferma: "Se sei la banca più grande devi sentirti responsabile non solo nei confronti degli azionisti ma, almeno ad un certo livello, anche nei confronti dell'intero paese".

  WSJ, intervista a Corrado Passera