Infrastrutture, tante novità ma ancora troppi buchi
Milano, 20 novembre 2012 - Il Ddl infrastrutture approvato in Cdm prevede alcune importanti novità per la migliore gestione delle procedure delle grandi opere in Italia. Non tutti gli operatori però sono concordi sulla effettiva capacità delle previsioni di rilanciare il settore dell'iniziativa di legge. Tra le novità l'introduzione del Dibattito Pubblico, che dovrebbe consentire di canalizzare le diverse istanze di popolazioni locali, interessi specifici in un ambito circoscritto con procedure definite che possano evitare la guerriglia legale che troppo spesso le grandi opere devono affrontare una volta ottenuto il titolo amministrativo.
Come sottolinea l'avvocato Cristina Martorana, partner dello studio Watson Farley Williams, in Francia esiste un vero e proprio obbligo di sottoporre il progetto alla valutazione da parte della Commissione nazionale del debat public quale autorità amministrativa indipendente. Inoltre, in caso di sottoposizione del progetto al dibattito pubblico, si procede con la costituzione di una commissione ad hoc formata prevalentemente da persone comuni, spesso presieduta da non professionisti. Così non sarà in Italia. Se poi queste differenze si tradurranno in limiti, lo si valuterà solo ex post.
Oltre all'introduzione del dibattito pubblico il Ddl contiene una doppia delega per il riordino del Codice degli appalti e dell'edilizia che dovrebbe rappresentare un punto di arrivo dopo le moltissime modifiche introdotte negli ultimi mesi. «Si tratta di modifiche senz'altro utili - commenta l'avvocato Franco Vigliano, partner dello studio legale Ashurst - che prevedono snellimento delle procedure autorizzative per l'approvazione dei progetti infrastrutturali e un molto opportuno coinvolgimento degli operatori nella fase di presentazione dell'offerta, allo scopo di evitare criticità sotto il profilo della bancabilità dell'opera». Assolutamente negativa, invece, la richiesta di manifestazione di interesse da parte delle banche e ancora peggio la risoluzione della concessione se il contratto di finanziamento non è sottoscritto entro un certo termine: «Chiedere impegni o attribuire responsabilità alle banche per il caso di mancato finanziamento rischia di frustrare la bancabilità. Completamente ignorata - conclude il managing partner di Ashurst - l'unica modifica al Codice degli appalti che sarebbe stata necessaria: quella di indire le gare di concessione di costruzione e gestione sulla base di un progetto definitivo già approvato dal Cipe». A tale scopo sarebbe bastato costituire un fondo rotativo per dotare le pubbliche amministrazioni concedenti delle risorse finanziarie necessarie allo scopo e prevedere che il costo della progettazione fosse poi rimborsato dal concessionario.
Sulla manifestazione di interesse da parte delle banche gli esperti sembrano concordare. La cosiddetta «consultazione preliminare - segnala l'avvocato Marco Cerritelli, partner del dipartimento Energy, Infrastructures & Natural Resources di Cba studio legale e tributario - ha il pregio di consentire alle amministrazioni di procedere a eventuali adeguamenti resi opportuni a seguito degli esiti di una sorta di market test da condursi nell'ambito della procedura di affidamento, evitando pertanto la necessità di procedere in un momento successivo all'aggiudicazione alla definizione di atti aggiuntivi o interpretativi, con correlato rischio di contenzioso amministrativo». Tuttavia sotto il profilo sistematico e per economia di procedimento «sarebbe forse stato di maggiore utilità sancire il principio di dar corso a un market sounding già in fase di disegno della procedura di Ppp, al fine di allineare le caratteristiche del progetto alle correnti condizioni di bancabilità prima di avviare le procedure di gara. Tale eventualità - conclude Cerritelli - non è peraltro vietata». È pertanto auspicabile che le amministrazioni più avvedute possano avviare tale fase di analisi anche in via preliminare.
Uno dei maggiori problemi che le infrastrutture debbono affrontare a oggi in Italia è la fase di finanziamento. Come è noto, alcune grandi infrastrutture italiane hanno avviato i cantieri senza aver ottenuto il finanziamento dell'operazione. «Brebemi è l'esempio di come un progetto in Italia possa sopravvivere e progredire grazie alla competenza e tenacia degli investitori e senza supporto da parte della pubblica amministrazione - segnala Vigliano - In qualsiasi altro Paese dove le opere sono veramente volute dalla politica, l'attenzione è posta su come consentire alle banche di finanziarle, garantendo loro un rientro dall'investimento in caso di fallimento del progetto. L'approccio italiano è invece quello di concentrarsi su come risolvere la concessione in mancanza del finanziamento. È frustrante vedere il tunnel sotto il Bosforo o il ponte sulla baia di Ysmit procedere verso il financial close, mentre da noi si fa il tira e molla sul ponte sullo Stretto (della stessa lunghezza di quello di Ysmit) e ci si chiede se la nuova normativa potrà creare problemi a progetti come Brebemi».
Diverse insomma le opportunità derivanti dall'entrata in vigore della normativa, ma ancora molti i punti su cui il governo dovrà intervenire, e in fretta, per attrarre investitori esteri.