Intervista a Siim Kallas: Bene l'Authority, ora l'Italia separi la rete
Roma, 22 luglio 2013 - Bene l'Authority dei trasporti: Un primo passo positivo. Ma ora l'Italia proceda in fretta verso la separazione della rete ferroviaria dal gestore dei treni. A partire dalla contabilità. E’ quanto ha affermato Siim Kallas, vicepresidente della Commissione europea con delega ai Trasporti, in un’intervista al Corriere della Sera Economia. È il sollecito che Bruxelles muove al nostro Paese a ridosso di due importanti novità. Una è il via libera, dopo 18 mesi di stallo, all'Autorità dei trasporti, è stata varata dal Consiglio dei ministri il 12 luglio. L'altra è la messa in mora dell'Italia, da parte della Commissione, proprio sui treni, passata sotto silenzio. Il 24 gennaio scorso è stata aperta infatti una procedura d'infrazione verso il nostro Paese, per insoddisfacente applicazione delle regole sulla separazione dei conti fra le operazioni di trasporto ferroviario, in capo a Trenitalia (Fs) e quelle sull'infrastruttura, in capo al gestore della rete Rfi (sempre Fs). E il problema del conflitto d'interessi fra il chi ha (e affitta ai concorrenti) i binari e però possiede anche i treni, sussidiati dal denaro pubblico. E la seconda volta che la Ue procede contro le Ferrovie dello Stato italiane. La prima segnalazione è del 2008 e chiedeva la costituzione dell'Authority.
Anche altri Paesi, come la Germania, sono inadempienti alle norme comunitarie sui treni. Che cosa non va in Italia?
“Noi non amiamo i monopoli. In Italia c'è competizione nell'alta velocità ed è nello avere una società molto forte, come Ferrovie dello Stato. Ma questo non deve creare problemi per altri. Ntv si lamenta degli ostacoli trovati con Rfi. E l'Antritrust italiana è arrivato alla conclusione che la holding Fs e il gestore della rete Rfi si sono alleati per tenere fuori dal mercato Areanaways, che poi è fallita. Stiamo guardando attentamente a ciò che accade nel vostro Paese”.
Chiedevate l'Autorità dei trasporti, ora è in arrivo. E il governo Letta, con il Decreto del fare, si è impegnato a una maggiore trasparenza sui trasferimenti di denaro pubblico nei trasporti. Non basta?
“L'Authority è un passo positivo: ma vorremmo che fosse davvero indipendente. Quanto all'intervento del governo, ne prendiamo atto, ma aspettiamo il resto. L'Italia dovrebbe avere una vera separazione, inclusa quella dei flussi finanziari. E importante che non ci sia passaggio di fondi pubblici tra l'infrastruttura e le attività di trasporto, e tra le operazioni passeggeri finanziate pubblicamente e gli altri business. Siamo in contatto su questo con il governo italiano”.
Avete aperto due procedure contro l'Italia. Multe in arrivo?
“In teoria è possibile, ma preferiamo andare per gradi. Passibili sanzioni possono comunque essere decise dalla Corte di giustizia, più avanti. Il punto è che, se vuole creare occupazione, il governo italiano deve investire su connettività e infrastrutture. E aprire alla concorrenza anche sui treni regionali, con vere gare”.
Annunciate e mai fatte...
“Il trasporto regionale è un problema anche per altri Paesi. Ci sono sussidi pubblici sui treni locali per 26 miliardi in tutta I'Ue. Non vogliamo che i sussidi siano aboliti, perché i treni regionali possono non essere redditizi, ma che il mercato si apra e ci siano le stesse condizioni per tutti. Dal 2019 le gare regionali dovrebbero diventare obbligatorie nell'Ue”.
Ma con la separazione della rete e l'arrivo dei privati i prezzi dei biglietti del treno possono crescere. In Inghilterra è successo.
“Non è detto, la concorrenza fa scendere i prezzi, come dimostra l'Italia sull'alta velocità. Il confronto con la Gran Bretagna poi è difficile perché li hanno investito molto nella rete, anche regionale, mentre in Italia gli investimenti si sono concentrati sull'alta velocità. Comunque, gli utenti avrebbero vantaggi in affidabilità e qualità. Lo Stato spende 4 miliardi per le ferrovie in Inghilterra e circa 6 miliardi in Italia, su reti di dimensioni simili. Ma sono soddisfatti del servizio il 57 % dei passeggeri inglesi contro il 28% degli italiani. Perciò il mio intento è costruire una ferrovia europea, su due basi. La prima è I'interoperabilità”.
Cioè: i treni di un Paese devono poter tecnicamente circolare anche sui binari di un altro.
“Sì. in Italia, per esempio. NIv ha dovuto aspettare due anni perché Italo fosse certificato. E certificare i treni in 28 Paesi, Stato per Stato, è assurdo. Dobbiamo avere un certificalo di sicurezza unico, come per gli aerei. Il consiglio europeo ha votalo una misura in giugno in questa direzione. Se ne occuperà soprattutto l'EEEra; l'agenzia ferroviaria europea. Il secondo pilastro è l'infrastruttura. La società che gestisce la rete va separala da quella che ha i treni”.
Perché?
“Se io ho un treno e tu hai un treno, ma hai anche i binari e mi fai pagare per passarci sopra, il mio denaro finisce nelle tasche del mio concorrente. Questa non è trasparenza. in Italia la separazione della rete non c'è. Tredici Paesi hanno già separato la rete, come Svezia, Olanda, Danimarca, Gran Brelagna, Portogallo. Repubblica Ceca. Il Belgio lo sta per fare. Questo dell'infrastruttura è il grande freno all'integrazione e all'efficienza ferroviaria europea. Va eliminato”.
Che cosa pensa di Alitalia?
“Qui a Bruxelles non ci sono segnali che fallisca, ma deve andare verso un consolidamento. Anche nel trasporto aereo il problema dell'Europa è la connettività regionale. Servono fusioni”.
Chi è Siim Kallas: 64 anni, vicepresidente della Commissione Ue con la responsabilità dei Trasporti dal 2010. Laureato in Finanza, in Estonia è stato primo ministro, ministro delle Finanze, titolare degli Affari esteri, presidente della Banca centrale e del Partito Riformista.