La componentistica automotive miete successi ma deve stare attenta al mercato
Indagine ANFIA sul settore che vale 46,5 miliardi di euro e occupa oltre 56 mila persone

L’industria italiana della componentistica automotive continua ad essere ai primi posti in quanto a qualità e competitività, ma quest’anno probabilmente non sarà come il 2017, mentre cresce la dipendenza da FCA come maggior cliente. A delineare i tratti essenziali del settore è stata la consueta indagine dell’Osservatorio sulla componentistica italiana, realizzata dalla Camera di commercio di Torino, da ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica) e dal Center for Automotive and Mobility Innovation (CAMI) dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. Il documento è stato presentato a Torino e contiene numerosi spunti di riflessione. Eccone una sintesi.
I numeri principali del settore
Nel 2017 le imprese censite del settore automotive in Italia sono state 2.190, con un fatturato 46,5 miliardi di euro (+6,9%), con 56.463 addetti (+1,3% rispetto al 2016). “L’incremento – spiega una nota - è stato trasversale a tutti i mestieri della filiera, ma più marcato tra i subfornitori (+10,2%), in particolare quelli delle lavorazioni (+10,9%), dove si è registrata una performance particolarmente brillante. Positive anche le variazioni rilevate per gli specialisti del motorsport (+8,7%) e per i fornitori di moduli e sistemi (+7,9%)”. Per quanto riguarda i dati occupazionali, l’incremento è stato generalmente più contenuto: gli addetti sono aumentati del +1,3% rispetto all’anno precedente.
Il fatturato e le previsioni
Dai risultati dell’indagine sul campo effettuata da ANFIA emerge che due fornitori su tre hanno ottenuto nel 2017 un fatturato in aumento, “mentre diminuiscono le imprese che lamentano una contrazione (25% rispetto al 35%)”. La crescita, viene fatto notare, ha interessato quasi tutti i segmenti della filiera, anche quelli che in passato avevano meno beneficiato della ripresa del comparto. “Fanno eccezione – spiega tuttavia la nota -, per il terzo anno consecutivo, le attività di Engineering e Design che risultano la categoria più debole della filiera, caratterizzata da una marcata polarizzazione: a un gruppo di imprese particolarmente dinamico nella crescita, si contrappongono attività che riducono il fatturato di oltre 10 punti percentuale. Le prospettive future, nelle opinioni degli intervistati, sono favorevoli per l’84% (erano l’87%), con un rafforzamento tuttavia della quota delle imprese molto ottimiste (8%)”.
Il rapporto con FCA
Di grande importanza è per tutti il rapporto con FCA. Spiega infatti ANFIA “che la filiera della componentistica ha consolidato la propria dipendenza dal gruppo italo-americano: la quota di fatturato generato dal business con FCA è pari al 42%, stesso valore del 2015 (era il 37% nel 2016), con un incremento dovuto sia al fatturato sul mercato domestico, sia a quello estero. Aumenta, in particolare, la quota di imprese per le quali il fatturato generato da FCA rappresenta oltre la metà del giro di affari complessivo, passato dal 37% del 2016 al 41% del 2017. FCA risulta essere, direttamente o indirettamente, nel portafoglio clienti per il 76% dei produttori italiani di parti e componenti”.
Le esportazioni
Deve fare pensare anche la situazione relativa ai rapporti con l’estero. Secondo l’indagine infatti si sarebbe fermata la crescita delle imprese che esportano (ferme al 74% del totale). “I mercati di destinazione più importanti – dice ancora alla nota -, sono quelli più vicini. I primi cinque mercati citati per importanza, infatti, restano tutti entro i confini dell’Europa mediterranea e della Mitteleuropa: Germania (25% delle citazioni), Francia (16%), Polonia (13%), Spagna e Regno Unito (entrambi 4,4%). Il rafforzamento degli scambi in Europa ha conseguentemente comportato una progressiva riduzione del peso delle relazioni commerciali con il Nord America (soprattutto Stati Uniti, il 4%) e con i Paesi dell’Asia Pacifica (il 3%)”.
L’innovazione
Diminuisce infine la percentuale di rispondenti che hanno introdotto innovazioni di prodotto (56% rispetto al 58% del 2017) e aumenta la quota di imprese che realizza tali innovazioni attivando processi collaborativi oltre i confini dell’impresa, con una netta diminuzione dell’innovazione prodotta in house.