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Briciole di pane

L'autotrasporto sotto la lente della Corte dei Conti

Chiamata in causa la politica dei trasporti. O la sua mancanza

Roma, 13 ottobre 2014 – Il settore dell’autotrasporto italiano è stato esaminato, nelle ultime settimane, dalle più alte istituzioni di controllo, con esiti che non possono non fare scattare un campanello d’allarme in quanti hanno la responsabilità delle scelte politiche. Molti sanno, ne ha parlato pure questa testata, della sentenza della Corte di Giustizia Europea (4 settembre 2014) sui cosiddetti costi minimi di esercizio dell’autotrasporto merci. Costi la cui previsione sarebbe da ritenersi, secondo i giudici lussemburghesi, illegittima. Non meno importante, e non meno interessante, è la Relazione della Corte dei Conti (italiana) concernente “La gestione delle risorse destinate, dall’art. 33, comma 10, della legge n. 183/11, alla realizzazione di misure di sostegno al settore dell’autotrasporto merci”. Depositata il 5 agosto 2014, si può scaricare dal sito Internet della Corte . La sua lettura offre uno spaccato, piuttosto impietoso, del disordine normativo che caratterizza la materia, con intrecci di competenze, criticità attuative, ritardi nelle erogazioni, poca chiarezza nelle procedure, mancanza di dati.
La Corte, vale la pena precisarlo, ha inteso verificare come siano stati indirizzati e gestiti i 400 milioni di euro che il citato art. 33 della legge 183 (legge di stabilità 2012) autorizzava a spendere per l’autotrasporto merci compendiando, con quel solo comma, varie modalità di intervento pubblico di sostegno previste nelle disposizioni previgenti. Non sono state, invece, oggetto di esame altre e diverse forme di contribuzione a favore del settore, come quelle relative alla riduzione delle accise sul carburante, di notevole rilevanza finanziaria (1,6 miliardi di euro nel 2012).
Comunque, una preoccupata constatazione affiora costantemente dall’indagine, chiaramente espressa nelle “considerazioni conclusive”: lo stanziamento di complessivi 400 milioni presi in esame, al di là di un'eterogeneità che riflette linee di intervento stabilite già da molti anni nella legislazione (si spazia dalla riduzione del costo del lavoro alla formazione professionale alla protezione ambientale), sarebbe dovuto essere proiettato verso un’utilità di medio-lungo periodo: cioè, verso una programmazione di sostegno effettivamente rivolta allo sviluppo strutturale del settore. Le somme sono state invece in larghissima misura (più del 94%), impostate come mera contribuzione per spese correnti. Emblematica, al riguardo, la vicenda della copertura dei pedaggi autostradali. Con il risultato, nota la Corte, di “connotare gli ingenti aiuti al settore quali misure passive di sostegno”, fino a “determinare, in una certa misura, una pericolosa dipendenza strutturale del reddito delle imprese da aiuti statali”. Né può dirsi incoraggiante il fatto che analoghi contributi, con la medesima tecnica di intervento legislativo, siano stati stabiliti per l’esercizio finanziario 2013.
La riflessione conclusiva della Relazione merita di essere trascritta: “In diversi Paesi europei, come nei casi di Austria e Germania e (extra UE) Svizzera, si è agito da tempo per rimodulare e ribilanciare il trasporto, trasferendolo su modalità di minor impatto attraverso l’implementazione di politiche di riequilibrio modale, incentivando soprattutto su lunghe percorrenze diverse forme di mobilità, in primo luogo su rotaia, e mettendo a punto sistemi di tariffazione del traffico pesante su gomma. E’ opportuno avviare anche in Italia un dibattito teso a determinare le rispettive convenienze dei diversi comparti del settore, sviluppandone le peculiarità e stimolando sinergie e forme di co-modalità, delineando un sistema trasportistico di ampio respiro, che contempli una visione di sistema tra tutti gli operatori nazionali della logistica, in funzione di una competitività del Paese che sotto questo profilo presenta ancora margini di sviluppo”. Sono parole che potrebbe, tranquillamente, sottoscrivere un logistico. Il logistico, per così dire, vede il problema a monte: rispetto alle proprie esigenze produttive e lavorative, prende atto di un assetto che determina una configurazione tutt’altro che ottimale degli strumenti di mobilità (infrastrutture, mezzi, imprese di trasporto) e si sforza per operare, con la maggiore razionalità possibile, entro tale contesto. Il magistrato contabile vede il problema a valle: come inefficiente allocazione delle risorse pubbliche. E, quindi, inefficacia delle politiche retrostanti.

Carlo Sgandurra