Le infrastrutture in Italia e in Europa dopo il "patto per l'euro"
Le nuove regole di Finanza pubblica
Roma, 4 maggio 2011- Dopo che il Consiglio Europeo del 24-25 marzo ha approvato il “Patto per l’Euro”, cioè le nuove regole di Finanza pubblica, proposte dell’Ecofin (Consiglio dei ministri dell’economia e delle finanze), l’Europa fa un passo avanti verso un “coordinamento più stretto delle politiche economiche per la stabilità e la convergenza “. Ma è molto probabile che i margini di manovra per i singoli governi nazionali di finanziare i programmi infrastrutturali già approvati e di individuare nuove priorità strategiche nel campo delle opere pubbliche, si siano fortemente ridotti, a causa delle impellenti necessità di rientro dai deficit pubblici eccessivi che in tutti i paesi UE hanno in questi ultimi 3 anni sforato il tetto del 3% del PIL.
Riconoscendo che gli strumenti europei esistenti non hanno generato una soddisfacente riduzione dei debiti pubblici e degli squilibri macroeconomici, l'Ecofin ha proposto sei provvedimenti normativi con cui saranno fissate le nuove regole europee in materia di vigilanza e sanzioni nei confronti dei Paesi che non rispettano i parametri del Patto di stabilità. Delle nuove regole a cui gli Stati membri dovranno attenersi e che saranno vincolanti per quelli della Zona Euro : 4 ruotano attorno alle riforme del patto di stabilità e crescita, e due alla correzione degli squilibri all'interno dell'Unione europea. Questa normativa comunitaria è stata poi recepita nel Documento di Economia e Finanza 2011 (DEF), elaborato dal Ministero dell’Economia e Finanza e presentato nelle scorse settimane dal Ministro Tremonti e ora all’esame delle Commissioni Bilancio della Camera e del Senato.
Il Documento si compone di tre sezioni : la prima contiene lo schema del Programma di stabilità con gli obiettivi da conseguire per accelerare la riduzione del deficit e del debito pubblico. Esso contiene le previsioni di finanza pubblica di lungo periodo e gli obiettivi di politica economica per il triennio 2011-2013; la seconda sezione contiene Analisi e tendenze della finanza pubblica che riportano una serie di dati e informazioni riferiti ai conti economici e di cassa delle Amministrazioni pubbliche centrali e periferiche e dei centri di spesa; la terza contiene lo schema del Programma nazionale di riforma , recanti gli interventi da adottare per il raggiungimento degli obiettivi nazionali di crescita, produttività, e occupazione fissati dall’Agenda di Europa 2020.
E’ questa la parte più importante che interessa il settore delle infrastrutture Nell’ambito delle opere pubbliche viene proposta l’introduzione di percentuali fisse predeterminate sia per le c.d. “riserve” che vengono apposte agli appalti, sia per le c.d. “opere compensative” che fanno raddoppiare i tempi e i costi delle opere pubbliche in Italia. Sul Piano delle infrastrutture strategiche (PIS) 2011-13, proposto dal Ministero delle infrastrutture, viene richiamato che esso ha un valore complessivo 233.000 milioni di euro, di cui 113.000 milioni per opere di intervento prioritarie fino al 2013. Ma non è chiaro come esso sarà finanziato. Viene inoltre ribadito che per il Mezzogiorno sarà data priorità assoluta alle infrastrutture e alla fiscalità di vantaggio.
Al Documento è allegato il Programma delle infrastrutture strategiche, predisposto dal Ministero delle Infrastrutture e trasporti, che individua le infrastrutture pubbliche e private di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione del Paese. Tale Programma, che sarà esaminato congiuntamente al DEF dalle Commissioni Bilancio di Camera e Senato, individua una serie di finalità da perseguire per dare compiutezza a quanto programmato, tra le quali si segnala :
- appaltare e cantierare tutte le opere finora approvate dal CIPE per un valore di 132 miliardi di E (di cui con garanzia finanziaria di 72 miliardi di E);
- ricorrere il più possibile a progetti finanziati con fondi diversi da quelli pubblici, come le convenzioni con la Società concessionarie di reti autostradali; progetti finanziati con il ricorso a fondi europei; e il ricorso a forme di finanziamento Pubblico-Privato ( che secondo la Banca d’Italia non hanno superato dal 1990 al 2009 la soglia del 3% della spesa complessiva per le opere pubbliche);
- dare concreta attuazione al Piano casa, al Piano per l’edilizia scolastica, a quello dell’edilizia carceraria e realizzare le opere connesse al I stralcio del Programma delle opere piccole e medie;
- seguire il processo di ricostruzione della città dell’Aquila;
- dare vita a un processo di infrastrutturazione organica del Mezzogiorno con il completamento della Salerno-Reggio Calabria e la realizzazione del Ponte sullo Stretto;
- definire un nuovo quadro di priorità alla luce delle Nuove Intese Quadro sottoscritte con le Regioni.
Tutto questo non aiuta a sciogliere il nodo di come saranno finanziati questi progetti visto i vincoli sempre più stringenti di finanza pubblica. Se è vero - come documenta l’ANCE - che nel 2011 le risorse per nuove infrastrutture hanno subito una riduzione del 18,4% in termini reali rispetto al 2010. Questo calo si somma a quelli altrettanto significativi, già osservati nel 2009 (-10,4%) e nel 2010 (-9,5%). Complessivamente le risorse per investimenti infrastrutturali hanno subito nel triennio 2009-2011 una contrazione del 34%.
L’esperienza degli altri paesi UE
Se l’Italia piange gli altri paesi europei non ridono. Una rapida rassegna a quanto previsto nei Programmi infrastrutturali dei principali paesi dell’Area Euro (Francia, Germania, Spagna) a seguito del varo dei Piani di stabilità della finanza pubblica dimostra che in tutti e tre i paesi presi in esame ci sarà per i prossimi tre anni un “contenimento” della spesa per le infrastrutture e un sensibile ridimensionamento dei Programmi immaginati nel recente passato.
In Francia l’obiettivo a medio termine del Governo è tornare all’equilibrio strutturale delle finanze pubbliche. Per garantire il rispetto di questo obiettivo la Francia si doterà di una “regola di equilibrio” per l’insieme delle amministrazioni pubbliche. L’obiettivo del Programma di stabilità del governo francese da qui al 2013 è di mettere in opera un aggiustamento strutturale di una ampiezza superiore a 4 punti del PIL, che dovrà permettere il ritorno del deficit pubblico al 3% del PIL nel 2013. Tutto questo senza ricorrere a un innalzamento della pressione fiscale (già molto alta) per preservare la competitività dell’economia francese e il suo potenziale di crescita.
Gli unici investimenti previsti e considerati prioritari dal Governo sono quelli c.d, “d’avenir” (investimenti sul futuro) che riguardano la ricerca, l’innovazione, l’insegnamento e la formazione superiore, in quanto mirano a migliorare la produttività e stimolare la crescita. Essi si inquadrano nella “strategia di Lisbona” della UE per la crescita e l’occupazione e saranno finanziati per un ammontare totale di spesa di 35 miliardi di Euro, di cui 13 provengono dal rimborso da parte delle Banche private dei prestiti contratti nel quadro del salvataggio del settore durante la crisi.
Questi investimenti coprono 2 dei 3 pilastri della strategia di Lisbona : il pilastro economico (investimenti nell’economia reale, nelle PMI e filiere produttive, nell’innovazione, nella ricerca e nella formazione delle risorse umane); il pilastro ambientale (investimenti nelle energie rinnovabili, il nucleare del futuro, il trasporto e l’urbanismo ecocompatibile). Rimane scoperto il 3 pilastro che è proprio quello delle vie di comunicazione e delle reti di trasporto per il quale il governo francese ritiene che la dotazione esistente e gli investimenti fatti nel recente passato siano sufficienti a garantire uno standard adeguato.
La Germania si dimostra ancora una volta fra gli Stati più “virtuosi” della UE ed ha tutte le ragioni per pretendere dagli altri lo stesso rigore che riesce a imporre a se stessa. Già dal 2010 l’economia tedesca ha ripreso a crescere ad un ritmo del 2,5% e anche il Piano di stabilità e crescita non si è tradotto come altrove in tagli generalizzati alla spesa pubblica, ma ha trovato un equilibrio tra aumenti delle imposte, tagli alla spesa e nuovi investimenti. Il programma del Governo per il rientro prevede una riduzione del deficit progressivo in 4 anni che dovrebbe riuscire a ridurre il disavanzo sotto il 3% del PIL gia alla fine del 2011. Ma non per questo il programma di rientro si fermerà : dal 2012 le uscite federali dovrebbero calare dell’0,67% e quindi dello 0,63% nel 2013, dello 0,43% nel 2014 fino ad abbassare il deficit pubblico allo 0,35% del Prodotto interno loro nel 2016, come previsto da una norma della Costituzione, introdotta nel 2009. Per la prima volta nel 2011 il bilancio dello Stato è stato impostato con un sistema top-down : il Ministero delle Finanze stabilisce entrate e uscite di ciascun dicastero che poi decide come utilizzare le risorse e quali tagli effettuare. In questo contesto il Governo federale è in grado di fissare le priorità nelle diverse aree di competenza del bilancio e quindi stanziare le somme destinate agli investimenti. Dopo una fase di “congelamento”, gli investimenti nelle infrastrutture in Germania riprenderanno a salire e tornare ai ritmi pre- crisi, in un quadro di ordinato e sostenibile di bilancio.
Infine in Spagna l’investimento pubblico in infrastrutture è ritenuta una priorità della spesa pubblica e un mezzo per dinamizzare l’economia e promuovere l’equilibrio regionale e la coesione territoriale. La crisi economica si è manifestata in Spagna con la distruzione di posti di lavoro che non ha avuto equivalenti in Europa, conseguenza di un modello di sviluppo basato sul settore delle costruzioni, sul turismo e la finanza. Con l’esplosione della bolla immobiliare si sono persi in Spagna un milione e 800 mila posti di lavoro, circa il 20% della popolazione attiva. Le politiche di impulso all’economia e di risposta alla crisi, messe in atto dal Governo, soprattutto quello per la copertura della perdita di impiego (paragonabile alla nostra Cassa integrazione) ha spinto il deficit pubblico (che nel 2007 era sotto nei parametri di Maastricht) all’11,4% del PIL per l’insieme delle Amministrazioni pubbliche (cioè dello Stato centrale e delle Autonomie locali).
Di fronte a questa dinamica il Governo ha perseguito tre obiettivi : riattivare l’economia, favorire la creazione di posti di lavoro, mantenere la coesione sociale. Ma soprattutto ha operato per gettare le basi di un nuovo modello produttivo denominato “Strategia di economia sostenibile”. Esso si propone di correggere gli squilibri creati dal vecchio modello produttivo, di generare una nuova crescita più sostenibile e capace di creare posti di lavoro stabili e di qualità. E’ una strategia di medio, lungo periodo basata su riforme strutturali che migliorino la competitività dell’insieme dei settori produttivi, comprese le amministrazioni pubbliche.
Questo programma di stampo keynesiano è entrato in rotta di collisione con le impellenti necessità della finanza pubblica e del rientro da un deficit eccessivo, che si sono manifestate anche sui mercati internazionali e ha costretto il Governo a varare misure di austerità e di severo contenimento della spesa pubblica sia a livello centrale che periferico. Di conseguenza gli investimenti per le infrastrutture e le opere pubbliche hanno subito un forte ridimensionamento dell’ordine del 30%-40% rispetto agli anni pre-crisi.