Le liberalizzazioni non crescono: Italia ancora sotto il 50%
Presentato ieri l'Indice delle liberalizzazioni 2011 dell'Istituto Bruno Leoni
Roma, 20 settembre 2011 - Nonostante la retorica sulla crescita, l’Italia resta un Paese a bassa libertà economica. È questa la considerazione emersa nell’ambito della presentazione dell’Indice delle liberalizzazioni 2011, il rapporto annuale pubblicato dall’Istituto Bruno Leoni a partire dal 2007. Lo studio ha riguardato 16 settori strategici dell’economia italiana, ed è stato realizzato con il metodo del benchmarking, ossia attraverso il confronto quantitativo e qualitativo dei vari settori con i corrispettivi dei Paesi più avanzati d’Europa.
L’obiettivo dello studio dell’IBL riveste una notevole importanza strategica, in quanto secondo l’opinione di molti, la liberalizzazione è un ingrediente fondamentale per la crescita economica. Partendo dalla considerazione che un mercato può dirsi libero quando vi è piena libertà di entrata, lo studio dell’Istituto Bruno Leoni si propone quindi di identificare, attraverso il confronto tra l’Italia e i Paesi più evoluti sotto questo aspetto, quali siano e quanto incidano le barriere all’ingresso nei diversi settori dell’economia. Il fine ultimo è quello di avere la misura delle opportunità perse a causa dell’eccesso di regolamentazione e tassazione, e dell’incertezza del diritto.
I risultati parlano di un grado complessivo di liberalizzazione fermo al 49 per cento, con un aumento di un solo punto percentuale rispetto al 2010, e di 2 punti rispetto al 2007. La variazione è poco significativa, come è stato specificato ieri nel corso della presentazione dello studio, ed esprime ancora una volta la difficoltà del Paese nel percorrere il sentiero delle riforme per la crescita. Una tendenza nel complesso negativa, dunque, al cui interno trovano conferma alcuni fenomeni già riscontrati negli ultimi anni, e principalmente il progresso dei settori più liberalizzati, contrapposto ai passi indietro che si continuano a registrare nelle aree meno concorrenziali.
Dallo studio del 2011 emerge che il settore più liberalizzato è quello del mercato elettrico, che si attesta come capofila già a partire dal 2009, e ha registrato una crescita di 9 punti percentuali in quattro anni, passando dal 63 per cento del 2007 al 72 per cento attuale. Al secondo posto si attesta il settore dei servizi finanziari, che raggiunge il 69 per cento, con una crescita del 5 per cento rispetto al 2010, attribuita dall’IBL alla contrazione delle attività finanziarie nel benchmark elvetico. Rimane positiva anche la situazione dei settori del trasporto aereo e del mercato del gas naturale, entrambi al 62 per cento come il settore della televisione, che registra però un calo di tre punti rispetto al 2010 e di otto rispetto al 2007 (risultato dovuto alla crescita del benchmark spagnolo). Sono inoltre emersi significativi passi avanti nel mercato delle poste, che passa dal 41 al 47 per cento in un anno, grazie soprattutto al recepimento, seppure parziale, della terza direttiva europea sulle poste.
Passando alle note negative, il fanalino di coda è nuovamente il settore dei servizi idrici, che si attesta al 19 per cento, rispetto al 27 per cento del 2007, anche se nell’ultimo anno c’è stato un incremento di due punti percentuali. Un calo si è registrato anche nel settore delle infrastrutture autostradali, con un indice che è passato dal 29 per cento del 2010 al 28 per cento dell’anno in corso, e dei trasporti ferroviari, che scendono di 5 punti in un anno a causa delle nuove restrizioni ai contratti nel trasporto regionale, arrivando al 36 per cento attuale (si tratta dell’indice più basso dal 2007).
Ci sono stati progressi, ma comunque limitati a uno o due punti percentuali, nei settori del fisco (56 per cento) della pubblica amministrazione (39 per cento), del trasporto pubblico locale (44 per cento) e delle telecomunicazioni (42 per cento), mentre sono rimasti stabili i settori del mercato del lavoro (60 per cento), degli ordini professionali (47 per cento) e del mercato dell’arte (45 per cento).
Secondo quanto osservato dall’IBL, questa sostanziale fase di stallo può dipendere in parte dagli andamenti ciclici dettati dalla recessione, ma bisogna sottolineare che l’indice è stato realizzato tenendo conto delle regole dei vari settori più che dell’andamento dei mercati. Per questo motivo, è stato ribadito che per consentire uno sviluppo delle liberalizzazioni è necessario che ci siano poche regole, ma buone, anziché molte e confuse. È questo il monito che emerge dall’Indice 2011, per rimuovere i vincoli che frenano le opportunità di investimento e sviluppo, e restituire al Paese una prospettiva di crescita economica.
Evoluzione indice complessivo (Fonte: Istituto Bruno Leoni)