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Briciole di pane

L'Europa, la crescita e i project bond

Il 23 maggio vertice informale fra i 27 capi di governo della UE per mettere a punto le misure per rilanciare l'economia europea

Roma, 9 maggio 2012 – Il presidente della Commissione Europea Josè Manuel Barroso ha convocato per il 23 maggio un vertice informale fra i 27 capi di governo della UE per mettere a punto le tanto attese misure per rilanciare la crescita. Il vertice segnerà il debutto del nuovo presidente francese François Hollande che si insedierà il 15 maggio all’Eliseo,  il quale ha messo al centro del suo programma un’ agenda per far ripartire l’economia e l’occupazione su scala europea. In una conferenza stampa a Bruxelles per presentare la Festa dell’Europa che si celebra oggi, Barroso ha detto :”Ci vorrà tempo per il ritorno della crescita ma possiamo aspettarci una svolta alla fine dell'anno se le giuste decisioni sono prese oggi». 
Il principale strumento su cui la Commissione  intende avvalersi  per stimolare il rilancio dell’economia europea  sono i project bond e la ricapitalizzazione della Banca europea degli investimenti.  Lo ha detto il presidente della Commissione Barroso affermando che : “I project bond sono necessari "a livello comunitario" per finanziare trasporti, energia, interconnessioni tra i diversi stati nazionali e l'agenda digitale". La risposta europea alla crisi -ha proseguito Barroso - deve fondarsi sul "binomio crescita-consolidamento" dei conti pubblici, avvertendo che "non bisogna abbassare la guardia sulla stabilità".  “Al cuore della nostra proposta – ha concluso Barroso - c’è questo  binomio perché non ci può essere stabilità senza crescita né crescita senza stabilità”.
Sul tema dei project bond c’è un consenso diffuso in Europa.  Il presidente del Consiglio Mario Monti ha presentato ieri nell’incontro a Roma con il Commissario europeo agli Affari economici Olli Rehen una proposta in tre punti : a)  separare parte della spesa pubblica finalizzata agli investimenti dal calcolo del deficit; b) puntare sui project bond  per “ catalizzare  le risorse necessarie a finanziare un imponente piano di infrastrutture di cui l’Europa ha bisogno  e così assicurare il “carburante” per la crescita dell’economia;  c)  rivedere i regolamenti troppo rigidi della UE sui “venture capital”.  Infine nel programma elettorale di Hollande di chiara impronta keynesiana il tema dei project bond è  centrale  per creare posti di lavoro  e per la stessa disciplina di bilancio. Anche la Germania ha aperto la porta a un negoziato sui modi di rilanciare l'economia. Ma cosa sono i “project bond”?
Innanzitutto sono diversi dagli “eurobond” che  sono emissioni congiunte di debito pubblico dei paesi dell’Eurozona tramite una apposita Agenzia (la BCE per statuto non può emettere titoli di debito), la cui solvibilità viene garantita congiuntamente  fino al 60% del PIL dai paesi stessi della Zona euro. Ma il progetto nelle sue diverse varianti non è andato in porto per le difficoltà sul piano della strumentazione giuridica e la riluttanza della Germania ad accollarsi  un onere aggiuntivo, in termini di costo del debito, a favore dei paesi meno virtuosi. I project bond sono invece emissioni obbligazionarie legate a un progetto il cui rendimento e rimborso dipendono dai flussi finanziari generati dal progetto stesso. Quindi non sono titoli di debito che vanno ad appesantire il deficit fiscale degli Stati, ma strumenti finanziari che devono servire a convogliare, con effetti moltiplicatori, risorse private su grandi progetti di infrastrutture che si ripagano senza pesare sulle casse ormai esauste di molti Stati sovrani.
La Commissione europea ha avviato dall’ottobre 2011 una “fase pilota” dei project bond che durerà fino al 2013, coinvolgendo la Banca europea degli investimenti (BEI) che sarà ricapitalizzata per assolvere a questa funzione. Nel documento che descrive i “termini di riferimento” del progetto, la Commissione si propone di fornire un supporto al mercato di questi titoli che, a causa della crisi di liquidità delle banche si è prosciugato,  finanziando progetti di investimento in infrastrutture insieme alla Banca europea degli investimenti (Bei). Il finanziamento potrebbe prendere due forme: 1) Garanzia: Unione Europea e Bei concedono una linea di credito, a cui la società che presenta il progetto potrebbe attingere in caso di introiti insufficienti a ripagare il debito emesso sul mercato; 2) Debito subordinato: Unione Europea e Bei  fanno un prestito alla società che in gergo si chiama junior, cioè viene dopo rispetto ai titoli collocati presso gli investitori privati, i quali sarebbero quindi rimborsati per primi in caso di insolvenza della società. In entrambi i casi, la finalità è quella di trasferire parte del rischio di credito, relativo al finanziamento degli investimenti infrastrutturali, sui bilanci della Unione Europea e della Bei. Ciò dovrebbe aumentare l’affidabilità dei project bonds emessi sul mercato e gli investitori istituzionali (fondi pensioni, assicurazioni, fondi sovrani), oggi riluttanti a investire in progetti infrastrutturali, sarebbero rassicurati dal rischio di insolvenza in quanto la parte prevalente del risk sharing verrebe a ricadere sulle istituzioni europee.  
C’è chi ha espresso seri dubbi sulla validità e l’efficacia dello strumento, in quanto non è chiaro quali sono i criteri di selezione dei progetti né le valutazioni costi-benefici sia sul piano sociale che ambientale. Nel citato documento si dice solo che : “L’iniziativa dovrebbe essere aperta a quei progetti che sono economicamente e tecnicamente validi, efficaci dal punto di vista dei costi e che hanno una prospettiva di essere finanziariamente sostenibili”. Nulla si dice su chi debba fornire la valutazione dei costi e dei benefici sociali dei progetti.   Per il momento è la BEI che si incaricherà di selezionare i progetti da finanziare attraverso  i project bond una volta che questi saranno operativi. Questa prima fase si chiuderà con l'avvio delle prossime Prospettive finanziarie Ue 2014-2020, nelle quali i project bond dovrebbero essere pienamente integrati. Il primo obiettivo della fase-pilota però è quello di mettere in campo politiche di crescita efficaci, permettendo anche agli operatori finanziari di familiarizzare con una nuova classe di obbligazioni che trova già qualche applicazione concreta nelle operazioni finanziate dalla BEI, ma ha una diffusione irrilevante dal punto di vista del mercato.
Ad ogni modo se il pacchetto di misure passerà l’esame del vertice informale del 23 maggio la  strada è spianata per l’approvazione al Consiglio europeo di fine giugno. E da quel momento partirà la fase II quella della crescita e della spinta a creare occupazione. Ma potrebbe essere tardi e le misure varate insufficienti.

Giancarlo Pasquini