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Briciole di pane

L'Italia segue Pechino nell'Aiib

Italia con Germania e Francia nella Banca Asiatica per le Infrastrutture sponsorizzata da Pechino

Milano, 18 marzo 2015 - L’Italia farà parte sin dall'inizio dell'Asian Infrastructure Investment Bank a trazione cinese. Ieri una nota del Tesoro ha confermato quanto riportato dal Financial Times. II governo italiano, assieme a Francia e Germania, è intenzionato a diventare membro fondatore della nuova istituzione finanziaria. «La Aiib, quale nuova banca d'investimento che lavorerà con le banche multilaterali di sviluppo e investimento esistenti, pub svolgere un ruolo di rilievo nel finanziamento dell'ampio fabbisogno di infrastrutture dell'Asia. In tal modo la Aiib promuoverà lo sviluppo economico e sociale nella regione e contribuirà alla crescita mondiale», si legge nel comunicato diffuso dal Tesoro congiuntamente agli omologhi dicasteri francese e tedesco.

 

Al momento la banca è in fase embrionale. Si sta infatti lavorando alla stesura dello statuto, ma si prevede possa partire entro novembre. L'Italia vi prenderà parte attraverso il Tesoro. Con l'adesione di Roma, Berlino e Parigi sale così a quattro il numero dei Paesi del G7 a essersi uniti a Pechino nel progetto. La prima era stata giorni fa la Gran Bretagna, per la quale entrare nell'organizzazione è considerata questione di «interesse nazionale». La scelta di Londra aveva in questo modo spaccato il «fronte occidentale» e infastidito non poco gli Stati Uniti.

 

La Banca per gli investimenti e le infrastrutture è di fatto considerata un'alternativa alle istituzioni finanziarie internazionali nelle quali è forte l'influenza statunitense. Su tutte la Banca Mondiale, la cui guida spetta per tradizione a Washington. Ma il discorso vale anche per la Banca Asiatica per lo Sviluppo, da sempre a guida giapponese secondo quella sorta di manuale Cencelli che assegna infine all'Europa il vertice del Fmi.

 

Negli ultimi anni la Cina è stata capofila nel richiedere un cambiamento nella governance delle organizzazioni economiche, così da riflettere il peso degli emergenti. Le esortazioni a una riforma che adatti la rappresentanza ai nuovi scenari globali sono cadute per ora nel vuoto. Il sì britannico all'Aiib è stato motivato con la necessità di garantire alti standard al progetto. Come ricordato su queste colonne del presidente di Osservatorio Asia, Alberto Forchielli, Londra vuole tuttavia anche mantenere il primato nel mercato offshore del renminbi. Mercato nel quale, per quanto attiene all'Eurozona, Parigi e Francoforte si contendono lo scettro assieme al Lussemburgo. La decisione di Londra può pertanto aver facilitato l'uscita allo scoperto degli altri partner europei di Washington, che dovevano dare una risposta a Pechino entro il 31 marzo.

 

Alla finestra restano anche Corea del Sud e Australia, stretti tra la storica vicinanza agli Usa e i sempre più stretti legami economici con la Repubblica popolare. Legami che si fanno sentire anche nel Vecchio Continente, dove società e istituzioni cinesi hanno avviato corpose campagne acquisti, mentre prende forma l'iniziativa per una nuova via della Seta basata su infrastrutture terrestri e marittime.

 

Il comunicato italo-franco-tedesco è stato diffuso nelle stesse ore della prima riunione del Dialogo finanziario sino-tedesco. Per Palazzo Chigi coincideva invece con l'annuncio del faccia a faccia il 17 aprile tra Barack Obama e Matteo Renzi, impegnato ieri in un incontro con Jack Ma. Da Pechino è arrivato l'apprezzamento del ministero delle Finanze. E mentre Bruxelles parla di investimenti in Asia di cui beneficeranno anche le imprese europee, gli Usa si dicono preoccupati, ma lasciano i partner «liberi di aderire».

Mariangela Pira e Andrea Pira (MF)