Nasce l'anagrafe delle opere pubbliche incompiute in Italia
Stilata la mappa dei cantieri fermi da anni. Nel 2014 anche la banca dati dei contratti
Roma, 30 ottobre 2013 - Sono 379 dal nord al sud dell’Italia (mancano però ancora i dati provenienti dalle Regioni Liguria, Friuli-Venezia Giulia, Sicilia, Sardegna e della Provincia autonoma di Trento) le grandi opere pubbliche incompiute nel nostro Paese. Lavori iniziati e mai portati a termine per una infinità di ragioni: mancanza di fondi, cause tecniche, fallimento o liquidazione coatta dell'impresa appaltatrice, ripensamenti dell'amministrazione appaltatrice.
E’ questo il dato più significativo della banca dati, sebbene parziale, realizzata presso il ministero delle Infrastrutture, nel rispetto del decreto ministeriale 42/2013, che ha dato attuazione alla norma del decreto legge Salva Italia (il Dl 201 del 2011).
Nella lista delle 379 opere incompiute, 353 sono di interesse regionale (la maglia nera va al Lazio con 53 opere incompiute) e 26 sono di rilevanza nazionale.
Scorrendo l’elenco delle opere non completate e «non fruibili dalla collettività» - pubblicato sul sito del Ministero - è evidente che l’elenco è solo indicativo e certamente parziale. Si prenda il caso della Campania: soltanto due opere incompiute e, per di più, entrambe a Calvi Risorta, municipio di poco meno di 6mila abitanti in provincia di Caserta. La Campania non figura neanche nell'elenco delle incompiute di interesse nazionale.
È possibile che in Basilicata ben sette incompiute su 25 si concentrino a Montescaglioso, comune di 10mila abitanti in provincia di Matera? O che nel Lazio 20 cantieri su 54 risultino fermi tra Palombara Sabina (undicimila abitanti in provincia di Roma) e Sant'Ambrogio sul Garigliano (976 anime in provincia di Frosinone)?
Come funziona la banca dati del MIT sulle incompiute
La ragione dell'incompletezza dei dati va ricercata nel flusso delle informazioni. A individuare le opere incompiute devono infatti essere le stesse stazioni appaltanti e gli enti che si sono aggiudicati i lavori. Questi trasmettono le liste al ministero delle Infrastrutture, che ha il compito di curare l'archivio e di aggiornare la sezione dei cantieri di interesse nazionale, mentre della sezione dei lavori di rilevanza locale si occupano i vari Osservatori regionali dei contratti pubblici. Insomma, tutto è affidato alla buona volontà e alla diligenza delle singole amministrazioni. Sono loro che hanno il polso delle opere ferme e di quelle che potrebbero ripartire, magari modificando la destinazione d'uso rispetto a quella originaria.
In termini monetari, il totale del valore delle opere realizzate ammonta a 1.468.247.721,78 euro. La parte incompiuta viene ad oggi stimata in 918.562.303,44 euro.
Nel 2014 la banca dati dell’AVCP per snellire le procedure
Per una banca dati che inizia anche se lentamente a funzionare, ve ne è un’altra che deve ancora partire e che potrebbe essere operativa solo nel 2014: si tratta di quella dei contratti pubblici. Attesa per gennaio e poi per luglio, sarà operativa a inizio anno. Snellirà burocrazia e costi, evitando alle imprese di presentare nelle gare pubbliche ogni volta gli stessi certificati (Certificato antimafia, Durc, regolarità dei versamenti alle Casse professionali e casellario giudiziale). Che invece saranno gestiti dall'Autorità di vigilanza.
Pensata per snellire il carico di documenti che imprese e professionisti devono presentare a ogni gara, la Banca dati sarà obbligatoria non solo per gli appalti di lavori pubblici, ma anche per quelli di servizi e di forniture, a partire da una soglia unica di 40mila euro.
La Banca dati dei contratti - prevista dal primo decreto legge sulla spending review (il Dl 5/2012) - dovrebbe garantire, a regime, un risparmio per le imprese di circa 140 milioni di euro l'anno, tra dematerializzazione e minori oneri burocratici.
Ma la macchina da mettere in moto è molto complessa. Basti pensare che ogni anno, secondo i dati forniti dalla stessa Autorità, vanno in gara oltre 125mila contratti, tra opere pubbliche, servizi e forniture di beni, per un valore che nel 2012 ha superato i 95 miliardi di euro. E infatti la prima partenza avrebbe dovuto, per legge, essere a gennaio di quest'anno ma è stata fatta slittare per dare modo a imprese e Pubblica Amministrazione di abituarsi.
Una volta attivata la banca dati, per le imprese e i professionisti cambierà poco: continueranno a partecipare alle gare dimostrando i requisiti morali, tecnici ed economici con autocertificazioni. Al momento delle verifiche - obbligatorie sui vincitori e su un campione di concorrenti - sarà la stazione appaltante a collegarsi alla banca dati per richiedere il documento di comprova. Al momento saranno acquisiti in via telematica il Durc e il certificato del casellario giudiziale. Mentre, in assenza della Banca dati antimafia del Viminale, sarà l'Authority a farsi carico di richiedere - in via cartacea - le verifiche sull'antimafia. La vera scommessa quindi sarà nella tenuta e nei tempi di risposta di tutto il sistema, che fa dell'Authority l'unico punto di snodo.