Flash news Infrastrutture:
 
 

Briciole di pane

Non lasciarsi sfuggire l'aiuto dei Fondi sovrani per le infrastrutture

Roma, 12 dicembre 2011 – La seconda parte della manovra del governo sarà per la crescita. Questa passa anche dagli investimenti di lungo periodo, molti dei quali saranno concentrati su opere infrastrutturali. Stato ed enti locali potranno parteciparvi, nella misura in cui questa tipologia di investimenti verrà stralciata dal patto di stabilità. La copertura pubblica sarà però solo parziale, per i progetti ambiziosi di cui il paese ha bisogno; si pensi alle infrastrutture che saranno ritenute prioritarie ai sensi dell'art.41 del 'decreto salva Italia', e per le quali le agevolazioni all'uso dei fondi strutturali europei (art.3del decreto) saranno di aiuto, ma non sufficienti.

Occorrono dunque capitali esteri. Privati ma soprattutto pubblici: ci si rivolge a investitori di lungo periodo. Tra questi, i fondi sovrani, oggi per motivi evidenti restii a investire sui debiti sovrani europei, detengono una liquidità significativa: in piena crisi, tra il 2007 e il 2010 hanno investito all'estero (in equity o finanziando progetti) tra i 50 e i 100 miliardi di dollari l'anno. L'ammontare complessivo delle risorse gestite da questi investitori dovrebbe superare nei prossimi anni la soglia dei 10 mila miliardi. I fondi sovrani non sono semplicemente società pubbliche che investono all'estero: 'sono' lo Stato. Alcuni di loro non hanno autonoma personalità giuridica, altri addirittura si identificano con 'il sovrano'. La maggior parte dei fondi sono di Stati che esportano materie prime o hanno comunque un surplus nella bilancia di pagamenti (Corea, Cina, paesi arabi, ecc...); pochi sono gli Stati occidentali dotati di strumenti analoghi per investire all'estero (la Norvegia, ad esempio). Questa evoluzione è all'origine della diffidenza nei confronti degli Stati che, investendo all'estero, stanno modificando il flusso degli investimenti pubblici, oggi non più unidirezionali; diffidenza che in passato ha prodotto norme protezionistiche e clausole di salvaguardia. Simili timori – che la crisi ha comunque affievolito – non sono giustificati nel caso di una partecipazione di Stati, investitori di lungo periodo, a finanza di progetto per opere di pubblica utilità nel nostro paese: se le condizioni sono idonee e l'investimento è adeguatamente remunerato in tempi certi, gli investimenti sovrani saranno puramente finanziari.

Per diventare un paese in cui gli stranieri, e anche Stati, abbiano interesse a investire, occorre creare i presupposti, mediante norme che incentivino investimenti di lungo periodo, consentano project bonds e garantiscano incentivi fiscali, una remunerazione adeguata del capitale, ammortamenti ragionevoli. Un recente studio di Astrid illustra con chiarezza misure necessarie e modalità idonee, ed è auspicabile che la seconda manovra del governo, concentrata sullo sviluppo, faccia propri molti di questi suggerimenti.

Occorre però anche chiarire la posizione dell'Italia nei confronti degli investimenti degli Stati esteri. La revisione della disciplina della golden share, che la Commissione europea ci impone (la proroga di un mese concessa al governo Monti scadrà prima di Natale) potrebbe essere l'occasione adatta per trasformare finalmente l'attuale sistema di valutazione preventiva dell'investimento estero nelle imprese ritenute strategiche, a tutela degli interessi nazionali, in un controllo a post. Questa modalità è l'unica ritenuta legittima - se proporzionale - dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, poiché impone allo Stato di motivare in concreto le ragioni dell'intervento che limita la libera circolazione dei capitali. Peraltro, per superare dubbi residuali, un tale controllo export potrebbe anche applicarsi alla partecipazione di investitori esteri nelle opere infrastrutturali prioritarie.

Sin qui, contenuti e modalità. Quanto al metodo, il pacchetto di misure che incentivi investimenti di lungo periodo, senza discriminare ex ante in ragione della proprietà, pubblica o privata dell'investitore, italiano o straniero, potrebbe non solo essere genericamente presentato alla comunità internazionale, ma anche illustrato in dettaglio al più ristretto gruppo di investitori di lungo termine, tra cui i fondi sovrani. Si aumenterebbe così la tipologia e il numero dei potenziali partecipanti e si rafforzerebbe la credibilità dell'intero progetto.

Fabio Bassan (fonte: La Repubblica Affari e Finanza)