Opere a rischio per 10 miliardi, decide il Cipe
Possibile il varo di un secondo decreto legge prima la fine dell'anno per far decollare il project financing
Roma, 19 dicembre 2011 - Ci sono opere pubbliche già programmate e finanziate per dieci miliardi a rischio di perdita dei fondi. E la bomba a orologeria che Giulio Tremonti ha lasciato in eredità al Governo Monti: 3 miliardi di tagli ai fondi Fas ancora da fare (legge di stabilità) e opere peri miliardi soggette a revoca di mutui per non aver ancora aperto i cantieri (articolo 32 Dl 98/2011). La «fase due» delle infrastrutture, annunciata giovedì da Mario Monti, partirà da qui: un Cipe-bis tenterà, probabilmente già prima di Natale, di chiudere l'era Tremonti, dare certezze finanziarie alla programmazione, individuare le opere a rischio da mettere subito in sicurezza. In questo modo potranno ripartire i progetti e aprire i cantieri. Aveva cominciato già il ministro Passera a individuare un elenco di opere per 4,8 miliardi da salvare, in occasione del Cipe della settimana scorsa, ma la sua lista dovrà fare un passaggio formale, con il timbro dell'Economia, al comitato interministeriale, che potrà anche distribuire un altro miliardo di fondi fra metropolitane, strade e opere idriche. Il Cipe pre-natalizio sarà la prima mossa di una «fase due» per le infrastrutture che dovrebbe prevedere altri quattro capitoli: un nuovo decreto legge per completare il quadro delle regole favorevoli al project financing; l'azione di sblocco di investimenti pubblici e privati per una decina di miliardi, soprattutto nei settori autostradali e aeroportuali; l'attuazione del «piano Sud» appena varato dal ministro Barca; un assetto regolatorio definitivo per l'acqua, per i trasporti (aeroporti, porti e ferrovie) e per le strade. Quest'ultimo aspetto rientra anche nel capitolo liberalizzazione dei servizi di trasporto, ma ha un effetto tutt'altro che trascurabile anche sul fronte degli investimenti. Proprio da un assetto chiaro e definitivo delle competenze di autorità e agenzie dovrebbe venire per gli investitori un quadro regolatorio certo soprattutto su decisioni sensibili ai fini del cash flow garantito dalle infrastrutture, come tariffe e traffico. Per l'acqua, ad esempio, ci sono 60 miliardi di investimenti pianificati dagli Ato (ambiti territoriali ottimali) e paralizzati dai continui mutamenti legislativi, dall'incertezza degli assetti istituzionali, da procedure tariffarie ancora troppo legate agli umori delle decisioni politiche: tutti fattori che hanno frenato i finanziamenti degli istituti di credito agli enti locali e ai gestori. Il vecchio comitato di vigilanza idrica guidato da Roberto Passino aveva tentato di rimediare mediante convenzione con l'Abi, ma senza un assetto stabile della regolazione è difficile ripartire. La soppressione dell'agenzia idrica ministeriale voluta dal Governo Berlusconi (e mai decollata) e il passaggio delle competenze all'Autorità per l'energia elettrica e per il gas è una prima certezza data dalla manovra di Monti. Accelerare questo passaggio è un'altra delle priorità del Governo. Il decreto legge dovrebbe ripartire dalle misure per il project financing che non erano entrate nella manovra varata con fiducia alla Camera. Nonostante già siano state varate misure importanti, manca un quadro complessivo che potrà arrivare solo definendo gli aspetti che riguardano le società di progetto, gli incentivi fiscali all'emissione di project bond, il contratto di disponibilità per le opere private utilizzate dalle amministrazioni pubbliche: una misura, quest'ultima, destinata a superare le difficoltà di cooperazione fra banche e costruttori nel leasing in costruendo e interessante soprattutto per la realizzazione di edifici.