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Briciole di pane

Pagamenti imprese di costruzione, nuova proposta di Cdp: cessione crediti agevolata

Buzzetti: «Non accetteremo altre bocciature»

Roma, 10 ottobre 2011- Ruota ancora una volta intorno alla Cassa depositi e prestiti l'ultimo tentativo di tendere una mano ai piccoli e medi costruttori in difficoltà per pagamenti che non arrivano, se non con mesi di ritardo.

La strada è impervia e anche alla Cdp lo sanno bene: un precedente tentativo (regista il presidente della Cassa, Franco Bassanini) di disegnare una sorta di anticipazione della Cassa agli enti locali attraverso mutui brevi è già stato bocciato da Tremonti, preoccupato di non veder aumentare lo stock complessivo del debito pubblico.

Stavolta c'è molta più cautela anche nelle anticipazioni e da via Goito filtrano solo brevi, anonime, indiscrezioni. L'unica cosa nota — perché raccontata dal presidente Ance, Paolo Buzzetti, nell'infuocata assemblea nazionale del 28 settembre (quella, per intenderci, della contestazione al ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli) — è che la Cdp sta lavorando d'intesa con le categorie, Ance compresa: «Questa in gestazione — ha detto un Buzzetti esasperato all'assemblea — è l'ultima nostra proposta di uscire da questa situazione incredibile: non è possibile che neanche questa sia accettata». Per Buzzetti infatti quello che sta accadendo con i pagamenti sempre più in ritardo è che si scarica sui fornitori dello Stato il peso di un deficit pubblico non aumentabile: «In pratica — ha lamentato — siamo al paradosso che per non far fallire lo Stato si lasciano fallire le imprese, ma questa non è una soluzione degna di un Paese civile».

Secondo le prime indiscrezioni, la traccia a cui starebbe lavorando la Cassa è quella di dare un'iniezione di liquidità alle banche, però vincolandole a sostenere le operazioni di cessione del credito, arrivate ormai a costi insostenibili per gli appaltatori. La mossa non avrebbe alcun riflesso sul debito pubblico e potrebbe quindi essere accettata più facilmente dall'Economia.

Ma anche all'interno del Governo si lavora per una soluzione al problema. Starebbe ad esempio tornando alla carica con l'idea di rendere obbligatoria per la Pa la certificazione del credito anche il ministro della Semplificazione, Roberto Calderoli, che vorrebbe modificare la norma che ora lascia questa via come una facoltà e non come un obbligo alle amministrazioni (articolo 9 del Dl 78/2009).

Ma il problema non è solo nel forzare la mano agli enti debitori. Il vero nodo che è già emerso nei tentativi di applicare le norme esistenti è che anche se decide di certificare il credito nessun ente è in grado di mettere nero su bianco quando pagherà perché non può impegnarsi e rischiare così di dover sfondare il patto di stabilità. E a loro volta le banche non accettano — se non a costi altissimi — una certificazione di cui non si conosce l'effettiva esigibilità. Per non parlare dell'effetto anche in questo caso negativo sul debito pubblico di una massa di crediti certificati e quindi messi nero su bianco. Del resto la strada di imporre la certificazione obbligatoria era già stata tentata con un emendamento alla manovra di Ferragosto. Che, però il Governo, già allora non ha accettato.

Valeria Uva (Fonte Il Sole 24 Ore - Edilizia e Territorio)