Piano Juncker, la Bei: "Priorità a progetti veloci, non a quelli da realizzare nel 2015"
Il presidente Hoyer lamenta: "Al momento c'è molto pubblico e troppo poco privato"

Bruxelles, 24 febbraio 2015 - Bisogna subito mostrare che il Piano Juncker può essere efficace e creare quindi fiducia attorno al progetto della Commissione per rilanciare la crescita in Europa. Per questo la Banca europea per gli investimenti (Bei), l’istituto chiamato a un ruolo centrale nell’attuazione della strategia dell’esecutivo di Bruxelles, darà priorità non solo alla qualità dei progetti ma anche alla loro “velocità” di completamento. L'obiettivo è di finanziare quelli “che possano essere mostrati presto all'opinione pubblica europea, non mega progetti infrastrutturali che saranno realizzati nel 2025 o più tardi ma decisamente prima”, ha dichiarato il presidente della Bei, Werner Hoyer, nel presentare il bilancio 2014 e l'attività per il 2015 della banca.
Cuore del piano Juncker l'European Fund for Strategic Investments (Efsi) che a partire da 16 miliardi comunitari e 5 della Bei dovrebbe riuscire a mobilitare 320 miliardi. “Il Piano è spesso accusato di basarsi su moltiplicatori non realistici”, ma questo “non è corretto”, per Hoyer secondo cui “il moltiplicatore di 15 promesso”, sarebbe addirittura “conservativo”, e ci si potrebbe anche aspettare di più, fino al 20. Resta però il problema di capire quanto in fretta gli Stati e i privati risponderanno al progetto che, seppur entrerà pienamente in azione questa estate, è già partito per quanto riguarda la selezione dei progetti eleggibili di finanziamento. La Bei non ha voluto fare stime su quanti finanziamenti potranno essere anticipati prima che il Piano entri in funzione, ma ha anticipato che da maggio-giugno dovrebbero partire quelli per le Pmi.
E qui ci sono le prime note dolenti. “Quel che non vedo è un numero sufficiente di progetti privati”, ha affermato Hoyer che ha detto invece di vedere “progetti orientati principalmente verso il settore pubblico”. E purtroppo il problema non sembra essere solo la mancanza di investimenti privati, ma anche di innovazione. “Si è evidenziato tanto il gap di investimenti, ma in Europa c’è un problema di gap di innovazione”. Un gap non da poco visto che per l'innovazione ci sarebbero 130 miliardi di euro, circa la metà del piano Juncker. Ma l’innovazione oggi la fanno le imprese, dunque i privati. Per cui a detta della Bei “occorre fare in modo che progetti privati in ricerca e sviluppo, quelli che permettono di avere innovazione, possano avere accesso agli strumenti finanziari dell’Ue”.