Pietro Ciucci: Anas ha i mezzi per fare tanto. Entro la fine dell'anno, 50 nuovi cantieri per nuove opere
Intervista al Presidente Pietro Ciucci, pubblicata dal quotidiano Italia Oggi
Roma, 2 ottobre 2014 – Se c'è uno che aspettava con ansia lo Sblocca Italia, quello è Pietro Ciucci, presidente Anas. Questo romano di 63 anni, economista di formazione, sta dal 2006 alla testa dell'ex-ente stradale, oggi società per azioni che ha lo Stato come socio unico. Da allora, non c'è governo che non l'abbia confermato: si tratta di cinque esecutivi, non bagattelle.
Domanda. Presidente come va?
Risposta. Bene. Ogni mattina me lo ripeto davanti allo specchio e faccio un po' di training autogeno (ride).
D. Beh con oltre 1,5 miliardi di risorse arrivati con lo Sblocca Italia, questo esercizio risulterà più facile...
R. È vero. È un provvedimento importante che ci dà risorse altrettanto importanti. Certo, vanno sempre viste in termini assoluti e relativi.
D. Vale a dire?
R. Che in termini assoluti l'Anas potrebbe fare di più ma in quelli relativi, considerando le difficoltà della finanza pubblica, quelle cifre sono davvero importanti. Anche perché si sommano ad altri provvedimenti degli ultimi mesi, come il decreto del Fare del governo Letta e la legge di stabilità 2014. Complessivamente abbiamo 4-5 miliardi da impiegare.
D. Che cosa ci farete?
R. Di qui alla fine del prossimo anno l'obiettivo che ci siamo dati è aprire 50 nuovi cantieri per nuove opere, che però diventano centinaia sommando le manutenzioni straordinarie.
D. Questo delle manutenzioni è un po' un suo pallino, ho letto...
R. È un elemento che ho sempre portato all'attenzione del mio azionista, cioè il governo, basandomi su un ragionamento elementare. Glielo riassumo...
D. Prego...
R. Se è vero che è importante realizzare nuove opere, e ne avevo una quantità enorme bloccate quando arrivato e sono andate tutte a compimento, se sono importanti le nuove opere, dicevo, è fondamentale anche continuare a salvaguardare la rete che c'è già.
D. I 25mila e passa chilometri di strade e autostrade che gestite...
R. Esatto, che hanno bisogno di manutenzione ordinaria e straordinaria, perché la rete è invecchiata, ovviamente, e ci sono gallerie, ponti, manufatti complessi che risalgono anche a 50 anni fa. E le strade, se vuole, sono un po' come gli aerei: hanno bisogno di interventi robusti e programmati. Ma ci sono almeno tre considerazioni da fare.
D. Come per gli aerei, credo che una sia la questione sicurezza...
R. Infatti, quella è la prima e la principale: bisogna che chi usa queste infrastrutture lo faccia in sicurezza. E una strada ben tenuta è certamente più sicura. Poi c'è l'aspetto patrimoniale: questa rete viaria fa parte della ricchezza del Paese, mantenerla, significa conservare e incrementarne il valore. Il terzo aspetto è l'impatto economico delle opere, in una fase congiunturale come questa. Pensiamo a cosa significhino tanti interventi fra 2 e 5 milioni di euro, affidati ad aziende medio piccole, in modo capillare in tutto il Paese. Una strategia che è stata condivisa appieno dal ministro Maurizio Lupi, dal decreto del Fare in poi. Con lo Sblocca Italia siamo arrivati al terzo stanziamento in 12 mesi per questi interventi. Sommando, si arriva a quasi 1 miliardo di euro.
D. Una leva economica non indifferente. E un keynesiano pure lei?
R. Quando me lo dicono, rispondo con una battuta.
D. Quale?
R. Sa che si diceva che, nell'America della grande depressione, col New Deal, si mandavano gli operai a fare le buche e poi a ricoprirle?
D. Un caso di scuola...
R. Ecco, noi non dobbiamo far la fatica di farle, le buche, le abbiamo già (ride) e soprattutto abbiamo una rete da completare. Ma senz'altro questo effetto leva c'è ed è importante.
D. Tutti questi cantieri per le nuove opere e per la manutenzione devono essere realizzati in tempi brevissimi.
R. Sì, abbiamo un cronoprogramma strettissimo: dobbiamo aprire tutti i cantieri entro agosto 2015.
D. Non c'è solo Expo che devo correre, quindi.
R. Noi siamo concentratissimi e lo stiamo già facendo. Confidiamo che tutto quello che non dipende da noi assicuri lo stesso ritmo di marcia, dalle conferenze dei servizi alle autorizzazioni fino...
D....ai ricorsi al Tar delle aziende escluse dagli appalti, uno sport tutto italiano...
R. Mi creda, a mettere un'opera in movimento, dalla progettazione al cantiere, si fa una straordinaria fatica: spero sempre nel senso di responsabilità di tutti.
D. Quanto è importante continuare a infrastrutturare questo Paese? Spesso si sente dire «basta strade»...
R. Non siamo cementificatori, sappiamo bene quanto l'ambiente vada rispettato, in un Paese come il nostro, ricco di un patrimonio artistico, archeologico ed ambientale. Però non dobbiamo essere incoerenti: abbiamo un gap infrastrutturale, rispetto all'Europa, che colpisce tutte le regioni, dal Sud alla grande Lombardia. All'insegna del risparmio del territorio, nel rispetto del paesaggio, ma i vuoti bisogna colmarli.
D. Facciamo un esempio, Ciucci?
R. Guardi le nostre città, storicamente, si sono sviluppate lungo le strade. Poi, crescendo, i centri abitati hanno inglobato quelle vie di comunicazione. Oggi bisogna liberare dal traffico quei paesi, quelle città: ci sono varianti che sono indispensabili. E poi c'è bisogno di un approccio multimodale, favorendo la ferrovia che è anche più ecologica: ma se non fai le strade per arrivare alle stazioni e agli interporti, le merci su ferro non ci andranno mai.
D. Vale lo stesso per i porti, immagino...
R. Certo, un porto senza una rete viaria adeguata, può diventare uno scalo di transhipment, dove cioè i container sostano e ripartono, ma senza arricchire minimamente il proprio territorio.
D. Senta, la settimana scorsa a margine di un'audizione alla Camera, le hanno chiesto del Ponte sullo stretto, a cui ha lavorato. Lei ha risposto che sareste pronti a ripartire subito. Nell'Italia fatta di futuro e speranza, cui si richiama spesso Matteo Renzi, potrebbe essere un'opera immaginifica.
R. Il nostro presidente del Consiglio si richiama spesso alla necessità di «cambiare verso». In questo caso, si dovrebbe passare dalle polemiche pregresse ai fatti. Se il governo decidesse che è un'opera strategica, noi saremmo pronti: la società che gestiva la progettazione fa parte del gruppo, abbiamo tutte le competenze e gli uomini.
D. Quanto ci è costato, sinora, la falsa partenza?
R. Vado a memoria ma le cifre sono in bilancio: almeno 300 milioni di progettazione.
D. Lei che ne pensa?
R. A me sembrerebbe uno straordinario volano di sviluppo, non solo per Calabria e Sicilia ma per tutto il Sud, con ricadute praticamente immediate: se si ripartisse, in 12-18 mesi si potrebbe dare un contributo importante alla ripresa, agli investimenti e all'occupazione.
D. E poi in questa maniera non si pagherebbero le penali a Salini...
R. Non è l'impostazione corretta. Il Ponte deve essere realizzato se considerato strategico. E poi in base alle norme vigenti non spetta nessuna penale al contraente generale.
D. In quanto lo potremmo realizzare?
R. Ci vorrebbero 5-6 anni, in ragione dal tipo di progetto che si vuole fare, ma la realizzazione - fermo restando la funzionalità del ponte - può anche essere completata per stralci successivi.
D. Lei è l'uomo che per primo ha portato un utile in bilancio in Anas e nell'audizione di cui sopra, lei ha parlato anche della necessità di avvicinarsi al mercato. Che significa? Un giorno avremo il titolo Anas quotato al Ftse di Milano?
R. Un tema delicato. La trasformazione di Anas da ente a società per azioni è stata una prima privatizzazione, formale se vogliamo. Ora siamo un gruppo che segue le stesse norme delle imprese private e che ha ottenuto un discreto efficientamento, come quello che lei richiamava. Certo abbiamo puntato non a massimizzare gli utili quanto la qualità della gestione. Ora forse si è arrivati a un'altra fase.
D. Quale?
R. La privatizzazione del capitale e l'uscita dal comparto della Pa. Un approccio graduale, che richiede un percorso, degli aggiustamenti, ma che è un obiettivo condiviso dal governo. Anche in questo caso siamo pronti: può portare a un incremento di valore e alla riduzione di oneri per lo Stato. Diventeremmo una concessionaria simile ad altre.
D. Lei ha fatto una carriera in quelle che un tempo si chiamavano partecipazioni statali, partendo dal basso in Autostrade. Oggi è ai vertici di Anas. Un tempo l'avrebbero chiamata «un boiardo». Che rapporto ha con la politica?
R. Oddio, boiardo, a mia memoria non me l'hanno mai detto (ride). Però lavoro da 45 anni e molti anni li ho spesi all'Iri, gestendo come direttore generale privatizzazioni importanti. La magnitudo di quel processo, oggi, non si percepisce appieno, perché le cose andarono molto bene. Se ci pensa, tranne Eni ed Enel, tutti i grandi operatori italiani vengono da lì. Non secondario poi il fatto che, durante Tangentopoli, salvo alcuni episodi marginali, Iri sia stata indenne.
D. Secondo lei, perché?
R. Perché l'Iri è stata governata spesso da pensatori lungimiranti in molti comparti, che hanno saputo mantenere sempre una certa autonomia dalla politica. Il ché mi riporta alla sua domanda: quella è stata una grande scuola di management e io, da tecnico, in tutti questi anni ho mantenuto la stessa doverosa autonomia.
D. Peraltro anche la politica sembra, oggi, concedergliene di più. Ricordo anni in cui, ogni due per tre, c'era qualcuno che chiedeva il commissariamento di Anas. Oggi no.
R. Perché Anas, malgrado realizzi investimenti per 2 miliardi e mezzo all'anno, non è mai stata al centro di vicende discutibili negli ultimi anni o di inchieste su cricche varie. Eppure il settore in cui noi operiamo ne è stato investito in pieno, in anni recenti. La trasparenza e la legalità, insieme alla sicurezza del lavoro, sono obiettivi prioritari per Anas.