Ponte sullo Stretto: i posti di lavoro attesi
Gli scenari occupazionali dell'opera più ambiziosa del Mondo

Sul ponte si è detto di tutto: che sarà il vanto della tecnologia così come che la sua realizzazione rappresenta un azzardo troppo grande; che danneggerà irrimediabilmente l’ambiente così come, al contrario, che si darà un taglio alle oltre 200 corse dei traghetti che giornalmente varcano lo stretto; che costa troppo così come che, invece, non graverà sulle casse statali, autofinanziandosi con i futuri pedaggi.
Posto che le persone in grado di discettare dal punto di vista tecnico su un’opera del genere, in tutto il mondo, non siano più di qualche decina, che i traghetti, fino a prova contraria, effettivamente inquinano e che tutti conoscono le file, e le relative tariffe, cui bisogna sottostare per attraversare il braccio di mare più chiacchierato del Mondo, cerchiamo invece di analizzare l’aspetto delle ricadute occupazionali, aspetto importantissimo per via del tasso di disoccupazione a due cifre dell’area.
Secondo i sostenitori dell’opera, il ponte creerà 40.000 nuove unità di lavoro. Gli oppositori, invece, sostengono che, durante la fase di cantiere la maggior parte degli occupati proverrà da fuori, per via delle alte competenze necessarie e, una volta entrato a regime, il ponte potrà occupare appena 200 unità, “al massimo 220”, come disse un economista locale, senza spiegare però come sia arrivato a calcolare con esattezza persino quei “venti”. Per contro, continuano i detrattori, il ponte causerà la perdita di 1500 posti di lavoro impiegati nel settore marittimo, generando quindi un saldo negativo.
Iniziamo con ordine: per quanto riguarda la fase di realizzazione dell’opera, in realtà, nessuno ha mai detto che 40.000 persone lavoreranno “sul ponte”, ma che il ponte determinerà importanti ricadute socioeconomiche, con un impatto economico diretto, indiretto e indotto stimato in una cifra almeno pari al costo dell’opera, ovvero 6 miliardi di euro.
I 40.000 posti di lavoro, quindi, saranno posti di lavoro diretti, indiretti e indotti.
I posti di lavoro diretti sono quelli creati dalla nuova tipologia di spesa. Quelli indiretti sono creati dalla fornitura di materiali. A differenza di quanto si sia portati a credere, e a dispetto della maestosità dell’opera, la realizzazione di un ponte sospeso non richiede manodopera altamente specializzata: inoltre, da protocolli di intesa firmati con le sigle sindacali, è prevista l’attivazione di corsi di formazione per il personale locale.
I lavori indotti, infine, sono quelli creati da nuovi lavoratori che investono il loro reddito, contribuendo così alla creazione di nuove imprese a corollario, come ristoranti e negozi, e allo sviluppo di quelle esistenti.
Per meglio comprendere ciò che attende le città sulle sponde dello stretto, è emblematico il caso di Millau, cittadina francese di 20.000 abitanti presso la quale, nell’ottobre del 2001 iniziarono i lavori, durati tre anni, del viadotto più alto del mondo (nella foto). Durante la fase costruttiva i cantieri furono visitati da mezzo milione di persone, che andarono a Millau esclusivamente per vedere il viadotto. Si pensi quanto turismo attrarrebbe un’opera come il ponte sullo Stretto. Centinaia di migliaia di persone che verranno sui luoghi, ceneranno, pernotteranno, acquisteranno qualche beni e servizi e, molto probabilmente, faranno anche colazione con una granita alla panna! Non è possibile ritenere che tutto questo non porterà alla creazione di migliaia di posti di lavoro.
Per concludere, l’opposizione alla realizzazione del viadotto di Millau verteva sul fatto, tra l’altro, che l’economia della città sarebbe stata danneggiata dalla diminuzione del passaggio dei turisti. Questa affermazione, per la quale gli abitanti dello stretto ricostruiranno senz’altro un parallelismo, si è rivelata, anche con il viadotto in esercizio, assolutamente falsa.