Project financing, ora tocca agli investitori
Tutte le 14 misure introdotte nei due decreti Monti. Da verificare la risposta del sistema finanziario
Roma, 30 gennaio 2012 – Il governo Monti ha messo in campo con i due decreti legge Salva-Italia e Cresci-Italia 14 misure per spingere il project financing nelle opere pubbliche. Nel decreto legge 1/2012, pubblicato la settimana scorsa, spiccano l'estensione dei project bond, il Pf per le carceri, il contratto di disponibilità, la prelazione al promotore nella procedura a fase unica per le grandi opere.
A dicembre erano arrivati la cessione di immobili, più "facile" in sostituzione del contributo pubblico, la cessione e gestione anche anticipata delle opere connesse, l'allungamento a 50 anni per le opere sopra un miliardo, la possibilità delle assicurazioni di considerare riserva tecnica gli investimenti nel project financing, l'estensione molto decisa del campo di applicazione della cosiddetta "Tremonti infrastrutture", cioè gli sconti fiscali al Pf introdotti nella legge di stabilità.
Il settore delle costruzioni, imprese grandi (soprattutto) e piccole, ha accolto con grande favore queste misure, che sono in buona parte frutto del lavoro fatto nel corso del 2011 dal tavolo Castelli, il gruppo tecnico coordinato dalle fondazioni Astrid, Italiadecide e Respublica, presenti il ministero delle Infrastrutture, Confindustria, l'Ance, Cassa depositi e prestiti, le grandi banche, i grandi enti appaltanti (Fs, Anas, Autostrade). Tavolo al quale, tra l'altro, sedeva come amministratore delegato di Bus (Intesa Sanpaolo) l'attuale viceministro delle Infrastrutture, Mario Ciaccia.
Ora però, per le principali di queste misure di sostegno al project financing, si apre la sfida di trovare le risorse dal sistema finanziario (banche, assicurazioni, fondi pensione e di investimento, fondazioni bancarie), proprio in questo momento di scarsa liquidità e di rubinetti delle banche quasi chiusi. Un gruppo di misure prevede infatti di ampliare le forme di remunerazione dell'investimento privato, sostituendole al contributo pubblico in fase di costruzione (tra queste: gli sconti fiscali "Tremonti", la gestione anticipata di opere connesse, la permuta estesa, il contratto di disponibilità, il Pf per le carceri), ma questo significa aumentare la necessità, per il concessionario privato di farsi anticipare dalle banche le risorse necessarie per realizzare l'opera.
Un altro pacchetto di misure, invece, prevede il coinvolgimento diretto di investitori istituzionali nel finanziamento dell'opera in modo "innovativo": investimenti delle assicurazioni come "riserve tecniche", project bond, fondazioni bancarie per le carceri in Pf.
In entrambi i gruppi di misure si apre ora la scommessa di trovare davvero banche e investitori disposti a credere ancora di più nel project financing per edifici e infrastrutture pubbliche. Sempreché, ovviamente, ci credano in primis gli enti appaltanti nel costruire progetti che attuino queste nuove possibilità, e le imprese private disposte a rischiare nelle nuove iniziative.
La prudenza è d'obbligo, perché — come ha detto nei giorni scorsi il ministro dello Sviluppo e infrastrutture, Corrado Passera, al convegno Astrid-Respublica-Italiadecide — «le infrastrutture sono un animale strano».
IL PROJECT BOND
Le obbligazioni emesse da società di progetto concessionarie di opere pubbliche in project financing esistevano già (articolo 157 del Codice contratti), ma non hanno mai funzionato. Ora il Governo, con il decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, tenta di rilanciare lo strumento, in due modi.
Primo: si consente di derogare alla regola dell'articolo 2412 del codice civile — che impone di garantire le obbligazioni tramite ipoteca se il loro importo supera il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili — nel caso in cui le obbligazioni siano destinate alla sottoscrizione solo da parte di investitori qualificati, che si suppone sappiano quello che fanno. Per «investitori qualificati», in base al regolamento Consob 14 maggio 1999 e successive modifiche, si intendono le persone giuridiche autorizzate o ammesse a operare sui mercati finanziari, compresi le banche, le imprese di investimento, le assicurazioni, le società di gestione del risparmio, i fondi pensione, gli intermediari finanziari, le fondazioni bancarie, le imprese la cui attività principale consista nel negoziare per conto proprio merci, «come pure le entità non autorizzate né regolamentate aventi come esclusivo scopo sociale l'investimento in strumenti finanziari».
Togliere l'obbligo di ipoteca, purché il bond sia rivolto appunto a investitori qualificati, dovrebbe rendere molto più semplice per i concessionari ricorrere allo strumento.
La seconda novità del decreto legge 1/2012 è la possibilità che le obbligazioni di progetto siano garantite anche durante la fase di costruzione dell'opera, e non solo da quando l'opera entra in esercizio. Questo renderà possibile emettere project bond da subito, utilizzando i prestiti degli investitori per contribuire al finanziamento della fase realizzativa dell'opera.
La possibilità di garantire i bond in questa prima fase è riservata dalla norma al «sistema finanziario, fondazioni e fondi privati». Ovviamente questa garanzia costerà cara, perché dovrà integralmente coprire il rischio di costruzione, il rischio cioè che l'opera non venga completata, o i tempi si allunghino, o i costi salgano. Al di là dell'incidenza sul piano economico-finanziario, comunque, il problema è capire se davvero il nostro sistema finanziario dispone di investitori istituzionali disposti a investire in infrastrutture in costruzione e gestione.
INCOGNITA INVESTITORI
Anche il fondo F2i guidato da Vito Gamberale e partecipato da Cassa depositi e prestiti, fondazioni bancarie e banche, a cui erano legate alte aspettative per la possibile spinta al project financing, ha investito finora 1,7 miliardi di euro interamente in brownfield, cioè in partecipazioni in società che gestiscono infrastrutture già in esercizio, e mai in iniziative greenfield, cioè per la costruzione e gestione di nuove opere.
Gamberale ha spiegato nei giorni scorsi che l'orizzonte temporale degli investitori del fondo era tale da sconsigliare investimenti in opere ancora da realizzare. «In teoria — ha detto Gamberale ad «Affari e Finanza»/La Repubblica del 23 gennaio — si potrebbe anche investire in greenfield, ma bisognerebbe essere disposti a un orizzonte temporale di almeno 20-30 anni. Ma soprattutto si dovrebbero superare le lungaggini dei processi autorizzativi che oggi bloccano la realizzazione delle infrastrutture». «Ma comunque — ha concluso Gamberale — si potrebbe fare. Il Governo dovrebbe mostrare una ben precisa volontà, individuare un numero ristretto di opere (tra queste ci metterei soprattutto le autostrade, come la Pedemontana Lombarda, la Tirrenica, la Salerno-Reggio Calabria), nominando commissari straordinari modello Passante di Mestre».
L'obiettivo di ridurre i contributi pubblici diretti e al tempo stesso la tendenza delle banche a ridurre la percentuale di debito rendono importante il rafforzamento della quota di investimento equity, cioè il capitale proprio (di rischio) della società di progetto, che è appunto il ruolo di F2i. Ma non è l'unico ruolo che si chiede agli investitori privati. Servono appunto prestiti obbligazionari (i project bond o i bond per le opere locali) da parte di investitori di lungo periodo, gli investimenti delle assicurazioni con le riserve tecniche, la disponibilità a garantire i project bond nella fase di costruzione. E qui qualche prudenza sembra subito arrivare.
«Temo che in un sistema finanziario come il nostro — spiega il direttore generale della Cassa depositi e prestiti, Matteo Del Fante - che già fatica ad assorbire i bond corporate ordinari (le obbligazioni societarie, ndr), e dove in generale questa quota di finanziamento è per le imprese marginale rispetto a molti altri Paesi europei, il project bond non risolverà il problema del finanziamento delle opere pubbliche. Insomma: in Italia i fondi pensione e i fondi istituzionali non comprano i bond ordinari, non vedo perché dovrebbero comprare i project bond. Credo anche che non funzioni la norma che prevede la garanzia al project bond solo per la fase di costruzione: la garanzia deve essere per tutto il periodo».
«Confermo: collocare project bond non è affatto semplice», spiega Claudio D'Eletto, managing director (amministratore delegato) di Societe generale Corporate & Investment banking, una delle società più attive in Italia nel Pf e nei corporate bond. «Abbiamo curato l'emissione — spiega — di un project bond, chiamato "Andromeda", per finanziare un impianto fotovoltaico a Montalto di Castro da 100 milioni di euro; eppure, nonostante fosse garantito da Sace e Bei, siamo riusciti a collocarlo con grande difficoltà».
PIANO CARCERI
Anche la buona riuscita del piano carceri presuppone la piena adesione di investitori privati di rischio (qui l'operazione potrebbe funzionare, purché il canone corrisposto dallo Stato sia tale da remunerare l'investimento) e delle fondazioni bancarie («o altri enti pubblici o con fini non lucrativi»). E coinvolgere questi secondi attori, a cui il decreto affida il compito — obbligatorio — di finanziare almeno il 20% dell'investimento, potrebbe essere un po' più complesso.
Altro ruolo che ovviamente i privati dovranno svolgere per ampliare ancora di più il project financing è quello di promotori/investitori; dovranno cioè dimostrare la volontà/capacità di investire in operazioni più complesse e più rischiose. Ad esempio per far funzionare il nuovo strumento del Contratto di disponibilità.
«DISPONIBILITÀ»
È in qualche modo una evoluzione del leasing in costruendo, con però più libertà di azione, ma anche più responsabilità, per l'investitore privato.
La remunerazione sarà data dal canone di disponibilità (già si usa abitualmente per le opere fredde come gli ospedali), più un eventuale contributo pubblico in corso d'opera e un eventuale prezzo finale di riscatto se a fine contratto l'amministrazione decide di diventare proprietaria dell'opera. Durante la costruzione e gestione, infatti, l'opera è a tutti gli effetti privata, «destinata all'esercizio di un pubblico servizio» (e questo aspetto è come nel leasing).
Le novità sono che l'affidatario ha l'onere di «assicurare all'amministrazione aggiudicatrice la costante fruibilità dell'opera», il che significa che il canone deve essere variabile, cioè «proporzionalmente ridotto o annullato nei periodi di ridotta o nulla disponibilità» dell'opera «per manutenzione, vizi o qualsiasi motivo non rientrante tra i rischi a carico dell'amministrazione aggiudicatrice».
Altra novità, rispetto al leasing, è che a base di gara la Pa mette solo un capitolato prestazionale (e non il progetto preliminare), «che indica, in dettaglio, le caratteristiche tecniche e funzionali che deve assicurare l'opera costruita e le modalità per determinare la riduzione del canone di disponibilità». Tutte le fasi progettuali sono poi elaborate e auto-approvate dall'affidatario privato, mentre alla Pa spetta alla fine collaudare l'opera e verificare che sia coerente con quanto previsto dal capitolato. «Il contratto di disponibilità — commenta Matteo Del Fante, direttore Cassa depositi — potrebbe aprire un filone interessante nel campo delle opere fredde».
SCONTI FISCALI
Dopo aver allargato molto il raggio d'azione della cosiddetta "Tremonti infrastrutture", cioè gli sconti fiscali Irap, Ires e Iva alle società concessionarie Pf (al posto del contributo pubblico) previsti dall'articolo 18 della legge 12 novembre 2011, n. 183, ora il governo Monti deve emanare il decreto Economia-Infrastrutture necessario per fissare i dettagli della misura e renderla così operativa.