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Briciole di pane

Reti: acqua, aeroporti e strade piacciono all'estero

La spesa pubblica non potrà soddisfare da sola il gap infrastrutturale del paese

Milano, 16 settembre 2013 - Che l'Italia abbia bisogno di infrastrutture a tutti i livelli, dalla rete di nuova generazione, ai porti alle autostrade è risaputo. La buona notizia è che l'ingente piano di investimenti necessario per ammodernare il Paese sarà finanziato non solo dalle scarse risorse pubbliche, ma anche da capitali privati, attingendo direttamente dai mercati o grazie all'intervento della Cassa Depositi e Prestiti. A questo proposito per il 2013-2020 il governo ha stanziato un piano di investimenti da 180 miliardi, mentre la Cdp per il triennio 2013-2015 è pronta a investire oltre 80 miliardi, di cui circa un decimo saranno dedicati à realizzare autostrade e reti per ammodernare il Paese.

L'istituto guidato da Giovanni Gomo Tempini in realtà sarebbe pronto anche a fare di più, ma la capacità di investimenti della Cdp è più dettata dalle occasioni che si presenteranno nel prossimo triennio, tra cui la vendita della rete della Telecom Italia, che non dalla pianificazione degli stessi. E a prescindere dalla crisi politica e economica in cui versa l'Italia, l'attenzione degli investitori e la voglia di investire nelle infrastrutture resta alta, perché oltre a essere necessarie, in passato le aziende del settore hanno garantito anche ottimi rendimenti. Giorni fa Intermonte e Citgroup hanno organizzato un incontro tra 16 aziende quotate del settore e 5 società non quotate, a cui hanno partecipato oltre 100 investitori di cui la metà stranieri.

«Considerando che energia, aeroporti, autostrade e infrastrutture in genere sono tutti settori ciclici e in quanto tali fortemente legati all'andamento dell'economia - spiega Guglielmo Manetti, responsabile dell'ufficio studi di Intermonte - l'interesse che abbiamo riscontrato per questo evento da parte degli investitori italiani, ma soprattutto degli esteri, sta a dimostrare che c'è fiducia nel potenziale di ripresa del Paese».

Secondo l'analisi condotta da Intermonte, le aziende quotate del settore hanno dimostrato di saper fare investimenti anche nell'ultimo triennio di crisi, senza rinunciare a remunerare gli azionisti con dei generosi dividendi. «Società come A2a, Acea, Atlantia, Astaldi, Enel, Eni, Impregilo, Sias, Snam, Telecom, Enel, Eni Terna Trevi hanno stanziato tra il 2010 e il 2012 ben 35 miliardi di investimenti in conto capitale a livello nazionale - ricorda Manetti - nonostante la recessione del passato triennio, le 16 aziende del comparto infrastrutture quotate a Piazza Affari hanno fatto investimenti cumulati per una cifra che rappresenta il 2,2% del Pil 2012, pagando anche nel triennio dividendi cumulati paria 18 miliardi di euro».

Insomma le utility e le aziende del settore hanno investito in Italia il doppio di quanto hanno restituito ai soci in termini di dividendo, e il monte cedole di questo settore è pari al 50%dei dividendi pagati nel periodo da tutte le società quotate. Eppure le utility e le aziende delle infrastrutture che hanno erogato la metà delle cedole delle aziende quotate, pesano solo per il 22% sulla capitalizzazione di Piazza Affari. «Per il futuro stimiamo che le infrastrutture che offrono maggiori spazi di crescita come investimenti - conclude Manetti - siano quelle delle autostrade, degli aeroporti e del business dell'acqua».

In un contesto in cui i governi non hanno risorse da investire e le banche hanno difficoltà a erogare i finanziamenti, la necessità di trovare nuove forme per reperire i capitali sul mercato o presso investitori qualificati, è determinante per portare avanti le grandi opere. Anche perché, come dimostrato nei fatti dalle aziende del settore, investire nelle infrastrutture da una parte contribuisce alla crescita del Paese, e dall'altra remunera i soci con interessanti rendimenti.

Un concetto che è molto chiaro alla Cdp, che proprio perché amministra il risparmio postale dei privati cittadini, investe solo laddove i ritorni sono certi e garantiti nel tempo. Inoltre nei prossimi anni, date le ridotte dimensioni di molte aziende che operano nel settore, c'è da aspettarsi una nuova ondata di consolidamenti tra le piccole utility locali (come Hera con Acegas Aps dove ha investito anche la Cdpl, nel comparto delle costruzioni (con il matrimonio tra Salini e Impregilo) ma anche tra aziende che gestiscono attività diverse tra loro (come le autostrade di Atlantia e gli aeroporti di Adr). E così oltre alle utility locali, anche l'Auto ToMi del gruppo Gavio dovrebbe reinvestire i proventi della vendita del gruppo di costruzioni nei suoi settori di appartenenza come autostrade, costruzioni e logistica.

Anche le reti dovrebbero continuare nel processo di consolidamento, a questo proposito se Telecom andrà avanti come previsto nel processo di scorporo dell'ultimo miglio di rete intelligente, la sua infrastruttura si sposerà con la Metroweb che fa capo alla Cdp.

Sara Bennewitz (Repubblica Affari&Finanza) - 16 settembre 2013