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Briciole di pane

Risarcimento da sinistri stradali, no allo "spezzatino"

La Cassazione stigmatizza l'abuso degli strumenti processuali

Roma, 1 dicembre 2015 - Incidente stradale. La vittima decide di intentare causa: nel 2005 al giudice di pace, per il risarcimento del danno al motociclo; nel 2006 al tribunale, per il risarcimento del danno, patrimoniale e non, relativo alle lesioni personali.


Il tribunale, semplicemente, dichiara la domanda improponibile. E secondo la Corte di Cassazione - sentenza 21318/2015 dello scorso ottobre - fa benissimo.
Il principio, già ispiratore di analoga sentenza del 2011, risulta formulato con assoluta linearità e stringatezza (merci piuttosto rare, nel linguaggio della Suprema Corte): “In tema di risarcimento dei danni da responsabilità civile, non è consentito al danneggiato, in presenza di un danno derivante da un unico fatto illecito, riferito alle cose ed alla persona, già verificatosi nella sua completezza, di frazionare la tutela giurisdizionale mediante la proposizione di distinte domande, parcellizzando l’azione davanti al giudice di pace e al tribunale in ragione delle rispettive competenze per valore”.


Insomma: un sinistro, una causa. Perché il danneggiante-debitore, per un unico fatto illecito civile commesso, ha un solo obbligo di risarcire. Pretendere di “frammentare” la tutela giudiziaria vuol dire, né più né meno, abusare dello strumento processuale. E questo non può essere consentito.

Davide Fornaro