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Briciole di pane

White list per i lavori pubblici «contro criminalità ed evasione»

Allarme infrastrutture. Parla il presidente di Confindustria Calabria, Giuseppe Speziali

Roma, 28 maggio 2012 – Confindustria Calabria lancia l'allarme: il problema delle infrastrutture non si ferma al completamento della Salerno-Reggio Calabria e della Statale jonica 106, è più complesso e riguarda tutto il territorio. Con un problema in più, strettamente connesso al primo e così il presidente Giuseppe Speziali si rivolge al ministero dell'Interno: «Per poter operare nel settore dei lavori pubblici bisogna contrastare l'emergenza mafiosa e adottare la white list che obbliga le imprese ad allegare alla certificazione antimafia quella sulla tracciabilità delle fonti finanziarie: così si può combattere la criminalità organizzata, il lavoro nero e l'evasione fiscale». Invece alla Regione gli imprenditori chiedono: «Sbloccate il nucleo Via e l'Organismo regionale per le attività estrattiva, fermi da un anno e mezzo».
Dottor Speziali, perché avete lanciato l'allarme infrastrutture?
«Ci troviamo a dover far fronte a carenze gravi che riguardano anche la mobilità interna, perché abbiamo un problema di riammodernamento della rete ferroviaria e stradale nel suo complesso. È inconcepibile, per esempio, impiegare oltre due ore e mezzo per percorrere il tratto di 200 chilometri tra Catanzaro e Trebisacce».
Le vostre richieste comunque fanno ancora leva sul completamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria e della Statale jonica 106. Dopo tanti anni — con le denunce che si sono susseguite sulle infiltrazioni della criminalità organizzata negli appalti e sulle opacità amministrative — è ancora credibile il vostro allarme?
«Grazie all'opera meritoria della magistratura e dell'imprenditoria matura, in due anni la benedetta/maledetta Salerno-Reggio Calabria sarà completata, mentre si sta procedendo celermente con la realizzazione della 106, grazie anche al protocollo sulla legalità».
La vostra associazione ha quindi sottoscritta II codice etico di Confindustria?
«Ovviamente e infatti lo applichiamo con le conseguenze del caso: alcuni associati sono stati espulsi, altri sono stati sospesi. Posso dirlo: siamo stati coraggiosi — anche se di ciò non vi è stata sufficiente eco nazionale — anche perché per primi ci siamo costituiti parte civile in un processo e nella sentenza di primo grado abbiamo avuto un riscontro concreto con un simbolico risarcimento. Ma al di là di questo è ormai chiaro a tutti che le infiltrazioni della criminalità organizzata nel sistema economico creano danni a tutta l'economia sana. Anche per questo abbiamo proposto, per chi vuol accedere ai lavori pubblici, l'iscrizione nella cosiddetta white list da crearsi con l'avallo delle prefetture. Ma non abbiamo ancora avuto risposte incoraggianti, nonostante sia evidente l'importanza di una preventiva interlocuzione certa e trasparente».
Chi non vi ha risposto, i committenti pubblici?
«Certo e non riusciamo a capirne il motivo, perché lo strumento della white list è stato usato per la ricostruzione de L'Aquila, situazione ritenuta emergenziale. E non è un'emergenza anche il potere delle criminalità organizzate in Calabria?».
Chi dovrebbe normare questa white list?
«Il ministero dell'Interno, perché il problema non si può affrontare localmente con le prefetture, cui pure ci siamo rivolti. Noi abbiamo avanzato anche un'altra proposta, relativa alla certificazione delle fonti finanziarie da allegare alla documentazione antimafia indispensabile per ottenere le concessioni edilizie».
In pratica uno strumento in più per seguire la massima di Giovanni Falcone, che suggeriva di seguire le tracce del danaro per sconfiggere la mafia?
«Esattamente, così si porterebbe la sfida su tre versanti: alla criminalità organizzata, al lavoro nero e all'evasione fiscale, che sono i problemi principali con cui deve fare i conti l'economia sana del Mezzogiorno. In questa battaglia siamo sostenuti dal procuratore antimafia Pietro Grasso, il quale parla sempre della necessità di tagliare le fonti di approvvigionamento delle mafie, per bloccare il riciclaggio di denaro sporco. Alcuni obiettano che così si aggraverebbero gli obblighi burocratici, ma da presidente di Confindustria Calabria posso dire che tutti gli imprenditori sani sono pronti a reggere l'ulteriore fardello in nome della trasparenza e della legalità».
Tornando al problema sollevato all'inizio, voi come giudicate l'azione del Cipe?
«Al Cipe vorrei chiedere: come si passa dai proclami ai fatti? Quando si sbloccano le risorse, queste che fine fanno, quali percorsi seguono? Forse si dovrebbero snellire le procedure amministrative, a tutti i livelli. Colgo l'occasione per denunciare la drammatica situazione in cui ci troviamo ad operare noi calabresi. Da un anno e mezzo, con il conseguente blocco di progetti e appalti, è fermo il nucleo della Via, perché non si decide la composizione della struttura di valutazione delle opere. Ancora: da un anno e mezzo è ferma la nuova buona legge sulle attività estrattive, perché nell'organismo regionale che deve attuarla, l'Orae, manca un componente. Il governatore Giuseppe Scopelliti a marzo ci aveva garantito che i problemi sarebbero stati risolti in pochi giorni, ma siamo ancora in attesa. Ricordo, per altro, che con la legge sulle attività estrattive non solo si disciplinerebbe l'uso corretto del territorio, ma si alimenterebbero anche le casse regionali. Sta di fatto che a tutte le nostre rimostranze le autorità regionali rispondono con frasi di circostanza, ma noi sappiamo bene che il problema è legato ai mancati accordi politici».
È noto che cave e attività estrattiva sono pascolo per la criminalità organizzata: in mancanza della nuova legge vige quella vecchia?
«Certo e così continuano le irregolarità».

Rosanna Lampugnani (Il Corriere del Mezzogiorno Economia)