Cartello tra costruttori di camion: atto secondo
Un tribunale tedesco inaugura la stagione dei risarcimenti

Aveva impressionato molti, anche fra i non addetti ai lavori, la scoperta - estate 2016, ma con indagini e indiscrezioni risalenti a ben prima - di un cartello di produttori di camion. Le autorità europee, come si ricorderà, erano giunte a comminare maxi-sanzioni avendo accertato che, per oltre un decennio, Man, Daf, Daimler, Iveco e Volvo/Renault (nonché Scania, multata in seguito) si erano bellamente messe d’accordo sui prezzi dei “listini all’ingrosso” e sulle tempistiche di introduzione delle tecnologie anti-emissioni. Una storia fatta di e-mail e abboccamenti fra alti dirigenti, talvolta a margine di fiere o analoghe manifestazioni; una storia talmente grave che aveva portato la competente commissaria UE, Margarethe Vestager, a dichiarare: “Le multe sono elevate perché il mercato è molto importante e perché il cartello è durato molto a lungo, è nato nel 1997 in un intimo albergo di Bruxelles. È inaccettabile che i costruttori che insieme producono i nove decimi degli autocarri medi e pesanti costruiti in Europa facessero parte di un cartello anziché essere in concorrenza tra di loro”.
A oggi, febbraio 2018, quella vera e propria scossa tellurica non ha esaurito i suoi effetti. Si può dire, anzi, che siamo entrati appieno nel secondo atto: le richieste di risarcimento danni dalle imprese di autotrasporto ai costruttori. È più o meno tutta Europa che si muove in tal senso, utilizzando la class action o altri strumenti offerti dagli ordinamenti nazionali. Azioni giudiziarie sono state promosse in Gran Bretagna, Spagna, Olanda e Svezia, quasi sempre attraverso le associazioni di categoria. In Italia, terra di ‘padroncini’ per eccellenza, è particolarmente attiva la CNA-FITA, che in un dépliant aveva già illustrato ai suoi associati alcuni punti basilari: il risarcimento spetta anche alle imprese in liquidazione e anche a chi aveva acquistato un camion usato, giacché erano tutti i listini a risultare alterati fin dall’origine; la quantificazione del danno deve comprendere anche quello da svalutazione accelerata dei mezzi, che divenivano tecnicamente superati a causa di scelte pilotate; e così via.
Il primato, comunque, spetta alla Germania; segnatamente, alla Corte Regionale di Hannover. Questa si è pronunciata, nel gennaio 2018, sulla causa intentata a Man da un acquirente di tredici autocarri (trattavasi, per la cronaca, di un Ente pubblico, la municipalità di Gottingen); e ha senz’altro riconosciuto l’esistenza del danno da sovrapprezzo.
Sarà interessante, per il futuro, monitorare l’evoluzione di queste dinamiche, nelle quali si scorge altresì - si può dire? - un certo qual cambiamento di psicologia collettiva degli autotrasportatori. Abituati a vedersi stretti tra mille difficoltà, dal costo del carburante alle infrastrutture non sempre soddisfacenti, dai pedaggi autostradali al dumping dei Paesi confinanti con l’UE, hanno amaramente scoperto che uno dei principali fattori di distorsione del mercato altro non era che il prezzo del camion utilizzato, del fedele compagno di viaggio.