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Briciole di pane

La Commissione richiama Berlino per il salario minimo imposto agli autotrasportatori stranieri

Le ditte che transitano sul territorio devono assicurare la stessa remunerazione di quelle nazionali

Bruxelles, 20 maggio 2015 - La Commissione europea ha richiamato la Germania per le regole sul salario minimo che si applicano anche agli autotrasportatori stranieri in transito. L'esecutivo comunitario ha stabilito che questa norma può limitare la libera circolazione delle merci e dei servizi e ha deciso pertanto di aprire una procedura d’infrazione accogliendo le proteste di quei Paesi come Polonia e Ungheria che giudicavano inaccettabili le conseguenze di tale legge. Il primo gennaio 2015, la Germania è stata il 22esimo Stato membro a introdurre il salario minimo, fissato a 8,50 euro l’ora. Una decisione che è stata ben accolta dall’esecutivo comunitario, se non fosse per alcune delle sue conseguenze. La misura infatti riguarda anche le imprese straniere che forniscono dei servizi sul territorio tedesco e quindi i servizi di trasporto internazionale con origine o destinazione in Germania, il semplice transito e il cabotaggio, cioè il trasporto di merci via mare tra due punti del territorio nazionale. Le più interessate da questa norma sono ovviamente le ditte degli Stati vicini, come la Polonia e l’Ungheria, che sono costrette ad attraversare il Paese senza però avere i mezzi economici per garantire ai propri lavoratori lo stesso salario minimo dei loro colleghi tedeschi. Basti pensare che lo stipendio medio di un camionista polacco è di circa 400 euro al mese. Se questo camionista, però, dovesse transitare per la Germania, allora la sua ditta sarebbe tenuta a pagarlo, per tutto il periodo del transito, almeno 8,50 euro l'ora. Le compagnie straniere sono tenute a informare le autorità doganali attraverso un form specifico e in caso di mancata ottemperanza rischiano una sanzione che va da 30 mila, per mancata notifica, a 500 mila euro in caso di remunerazione insufficiente. La Commissione ha deciso che tale pratica lede gli interessi dell’Unione e viola i trattati, Bruxelles ha quindi inviato una lettera a Berlino annunciando l’apertura di una procedura d’infrazione perché “l’applicazione di questa legge al transito e a certe operazioni di trasporto internazionale non è giustificata e crea degli ostacoli amministrativi sproporzionati rispetto al buon funzionamento del mercato interno”. Berlino ha ora due mesi di tempo per rispondere alla Commissione e rimettersi in regola.

Lorenzo Robustelli