Appalti, garantire i trattamenti dei lavoratori e contrastare la concorrenza sleale
In discussione alla Camera una proposta di legge che modifica l'art. 29 del Decreto legislativo n. 276 del 2003
Roma, 16 giugno 2015 – Il lavoro in appalto costituisce oggi una modalità che interessa la gran parte dei settori economici e che presenta ovunque notevoli criticità.
Regolare i trattamenti dovuti dalle imprese appaltatrici e la responsabilità delle amministrazioni committenti può costituire un efficace strumento di contrasto ad esiti di distorsione della concorrenza e di abbattimento della qualità delle opere e dei servizi. E ciò sia allo scopo di tutelare i redditi delle fasce più deboli e sostenere i consumi che per contrastare prassi distorsive della concorrenza che danneggiano in primo luogo le imprese più serie e socialmente più attente.
Contrastare i comportamenti degli operatori economici che fondano la propria competitività su prassi o meccanismi elusivi della legalità o degli standard di trattamento dettati dai contratti collettivi significa sostenere i modelli di organizzazione dell’impresa che puntano alla competizione, giocando su modelli di efficienza della produzione.
Sono, queste, solo alcune delle argomentazioni dalle quali muove la proposta di legge - all’esame della Camera dei Deputati in questi giorni - mirata a rivedere ed implementare gli strumenti complessivi di garanzia dei trattamenti dei lavoratori impiegati nelle filiere degli appalti privati e pubblici, allo scopo di contrastare le pratiche di concorrenza sleale tra imprese e tutela dell’occupazione nei cambi di appalto.
Ecco qualche cenno sui primi tre articoli contenuti nel testo.
L’articolo 1 ripristina una piena garanzia dei trattamenti dei lavoratori impiegati negli appalti di opere o servizi, mediante responsabilità solidale del committente anche a carico delle pubbliche amministrazioni.
L’articolo 2 introduce nel decreto legislativo n. 276 del 2003 una nuova disposizione – l’articolo 29-bis – dedicata alle tutele dell’occupazione nelle vicende di successione degli appalti.
La norma dispone che in caso di subentro di un nuovo appaltatore nello svolgimento di un’opera o di un servizio e salvo che il contratto collettivo applicabile a entrambe le imprese appaltatrici, cessante e subentrante, preveda una diversa specifica procedura di consultazione sindacale, il committente, anche pubblica amministrazione, l’appaltatore cessante e l’appaltatore subentrante sono tenuti a darne comunicazione per scritto, almeno quarantacinque giorni prima della scadenza del precedente appalto, alle rappresentanze sindacali unitarie ovvero alle rappresentanze sindacali aziendali costituite nelle imprese uscente e subentrante, nonché alle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative del settore o che comunque hanno stipulato il contratto o i contratti collettivi applicati nelle stesse imprese uscente e subentrante.
L’informazione deve essere indirizzata alle strutture territoriali delle citate associazioni, ovvero a quelle nazionali quando l’appalto riguardi opere o servizi che si svolgono in più di una regione
L’articolo 3 prevede che venga affidato al giudice del lavoro il compito di segnalare le imprese, nei cui confronti vengano promosse fondate azioni per la tutela di crediti connessi maturati dai lavoratori nell’esecuzione di appalti pubblici, alla Autorità nazionale anticorruzione.
A quest'ultima Autorità è affidato il compito di tenere un apposito registro nel quale iscrive le imprese segnalate per un periodo variabile a seconda della gravità delle violazioni. L’iscrizione in tale registro - entro centottanta giorni dalla data d'entrata in vigore della nuova legge, un regolamento interministeriale provvederà a regolarne l'istituzione e la gestione - comporta l’esclusione dalle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici