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Authority trasporti: anche i "Saggi" ne esortano la costituzione nella relazione consegnata a Napolitano

Ecco le altre proposte in materia di infrastrutture, energia e ambiente

Roma, 12 aprile 2013 – “Va istituita quanto prima l’Autorità di regolazione del settore dei trasporti prevista dal Decreto 42 Cresci Italia”. L’esortazione viene dalla Relazione del Gruppo di lavoro in materia economico-sociale ed Europea, istituito il 30 marzo 2013 dal Presidente della Repubblica e composto da  Filippo Bubbico, Giancarlo Giorgetti, Enrico Giovannini, Enzo Moavero Milanesi,  Giovanni Pitruzzella e Salvatore Rossi.

Infrastrutture, concorrenza nei trasporti, rispetto dell'ambiente, efficienza energetica e contenimento dell'uso del suolo, sono al centro della Relazione finale del gruppo di lavoro sulle riforme istituzionali. Tra le riforme da realizzare a stretto giro, anche l'introduzione del dibattito pubblico sui grandi interventi infrastrutturali e l'accorpamento in una sola commissione delle commissioni parlamentari ambiente e tutela del territorio, infrastrutture e trasporti.

INFRASTRUTTURE - Tra le varie proposto formulate, una prima azione possibile, suggeriscono i saggi, "consiste nell'alzare la soglia di 500 milioni per usufruire del credito d'imposta previsto dall'attuale normativa sulle opere. Secondariamente, sarebbe utile un maggior coinvolgimento della Cdp, sia nella fase di individuazione delle infrastrutture da realizzare, sia nelle fasi di definizione e di finanziamento del progetto. A tal fine la garanzia dello Stato potrebbe essere estesa su tutta la raccolta di fondi effettuata da Cdp, secondo i modelli tedesco e francese, dotandola della stessa ampiezza di intervento di cui godono, come promotori e finanziatori dello sviluppo economico, gli enti consimili in tali paesi. Infine, si segnala come un rafforzamento della cooperazione fra Regioni, prevista dalla Costituzione, p ossa molto facilitare il disegno e la realizzazione di progetti infrastrutturali che riguardano un'area vasta, nonché l'accesso ai fondi europei".

DIBATTITO PUBBLICO SU INFRASTRUTTURE - Per i saggi "i grandi interventi infrastrutturali devono essere decisi solo dopo un ampio e regolato confronto pubblico, per favorire la partecipazione dei cittadini a decisioni che hanno impatto rilevante sull'ambiente, come richiesto dalla Convenzione di Aarhus del 1998 e come avviene da tempo in Francia con le legge n. 276 del 2002". Il dibattito pubblico, spiegano i saggi "deve svolgersi nella fase iniziale del progetto, quando tutte le opzioni sono ancora possibili e deve riguardare tanto l'opportunita' stessa della costruzione della grande opera quanto le modalita' e le caratteristiche della sua realizzazione. Al dibattito, mediato da esperti estranei al committente, puo' partecipare tutta la popolazione interessata. I costi sono a carico del committente dell'opera. Dallo svolgimento del dibattito pubblico deriverebbe ro benefici sia in termini di partecipazione e democraticita' delle decisioni sia in termini di speditezza ed efficacia dell'azione amministrativa (che in questo modo non verrebbe più permanentemente condizionata dalle pressioni settoriali e localistiche). Vanno inoltre disincentivate le impugnazioni meramente strumentali".

CONCORRENZA SETTORE TRASPORTI - Secondo i saggi tra i settori di particolare rilievo che consentono interventi realizzabili nel breve termine si segnalano l 'apertura del trasporto aereo e, piu' di recente, di quello ferroviario alla concorrenza che "ha avuto effetti sicuramente positivi in termini di minori prezzi e di efficienza". Tuttavia, sottolineano "va istituita quanto prima l'Autorità di regolazione del settore dei trasporti prevista dal Decreto 42 'Cresci Italia', la cui mancanza pesa soprattutto sul settore ferroviario, dove al medesimo soggetto è riconducibile la rete e la gestione del servizio, ma anche sullo sviluppo della concorrenza nel trasporto pubblico locale. Se, per ragioni di risparmio, si dovesse rinunciare alla istituzione di una specifica Autorità, i relativi poteri regolatori andrebbero attribuiti a una delle Autorità già esistenti".

CONCORRENZA SETTORE ENERGIA - "Il settore energetico è cruciale per lo sviluppo del Paese. Tra le varie priorità c'è quella di ridurre i costi dell'energia, in un contesto di salvaguardia ambientale", sottolineano i saggi. Se il mercato elettrico è un mercato liberalizzato, osservano, nel settore della vendita al dettaglio "esiste ancora un grado di concorrenza modesto. I nuovi operatori nel mercato libero si contendono meno del 6 per cento del mercato. Occorre, quindi, perseguire interventi di forte impatto, finalizzati allo sviluppo del mercato libero retail. Ad esempio, dovrebbe essere definita per via normativa la data oltre la quale uscire definitivamente dal regime di maggior tutela ed affidare alla sole forze di mercato il sistema delle offerte di vendita al dettaglio". Sul versante della generazione, osservano invece i saggi, "esiste una forte capacità produttiva di operatori termoelettrici, che hanno investito negli ultimi dieci anni circa 25 miliardi di euro per l'ammodernamento del parco centrali. Di fronte alla stagnazione della domanda ed al crescente ingresso nel mercato di impianti alimentati da fonti rinnovabili, si stanno registrando forti sofferenze finanziarie che spingono alcuni operatori a mettere in conservazione parte della loro capacità produttiva, con la conseguenza che il mercato elettrico potrebbe tornare a concentrarsi. Questa situazione può essere trasformata in opportunità, sfruttando la maggiore flessibilità che caratterizza il sistema italiano rispetto a quella di altri Paesi europei come Francia e Germania, dove prevalgono forme rigide di produzione basate sul nucleare e il carbone". L'Italia, secondo i saggi deve diventare "un esportatore netto dei servizi di flessibilità".

CONCORRENZA SETTORE GAS - In particolare il mercato del gas soffre "rigidità dell'offerta di gas 'a monte'" e "mantiene i prezzi alti e ostacola la concorrenza nei mercati 'a valle'". Pertanto, sottolineano i saggi "andrebbero attuati subito gli indirizzi contenuti nella Strategia Energetica Nazionale, che insiste sulla necessità di creare abbondanza di offerta di gas, attraverso i terminali di rigassificazione già costruiti o autorizzati. E' da sottolineare, inoltre, che l'uso di tali tecnologie permetter ebbe di massimizzare i benefici derivanti dalla crescente diffusione di gas non convenzionale".

SERVIZI PUBBLICI LOCALI - Secondo la relazione dei saggi "si tratta di settori con un forte andamento anticiclico che potrebbero, soprattutto in un momento di crisi, attrarre investimenti privati. Una simile prospettiva va necessariamente armonizzata con l'esigenza che l'ingresso di privati non porti pregiudizio ai fondamentali diritti che sono tutelati tramite l'erogazione del servizio stesso e con il fatto che tali servizi utilizzano comunque dei beni comuni (come l'acqua)". Perciò, spiegano, "la presenza dei privati va bilanciata da forti poteri di regolazione delle autorità pubbliche (in particolare l'Autorità per l'energia elettrica e il gas e l'Autorità per i trasporti), dall'indirizzo generale e dal controllo politico degli enti locali, dalla proprietà pubblica delle infrastrutture fisiche. L'apertura ai privati deve, quindi, avvenire in regime di concessione a seguito di gara (concorrenza per il mercato)". Quando l'ente locale sceglie di riservare per sé il servizio ovvero di mantenere un regime di esclusiva, "il parere dell'Autorità Antitrust dovrebbe diventare vincolante. Per rafforzare l'efficienza e le economie di scala in alcuni settori (in particolare i rifiuti) vanno riorganizzati rapidamente gli Ambiti territoriali ottimali". Infine, all'acqua, "va garantito lo status di bene comune e va, conseguentemente, assicurato ai consumatori a basso reddito l'accesso a condizioni di favore all'uso delle percentuali d'acqua necessarie per un pieno soddisfacimento dei bisogni fondamentali, mentre vanno incrementati i prezzi per altri usi della risorsa (per esempio, riempire una piscina). Solo in questo quadro, si potrebbe pensare alla presenza di privati circoscritta alla gestione del servizio".

CONSUMO SUOLO - Negli ultimi dieci anni l'Italia ha consumato molto più territorio rispetto agli altri paesi europei. I saggi ricordano che la spinta ad arrestare questa tendenza "è apparsa evidente nella scorsa legislatura, con la risoluzione della Commissione territorio e ambiente del Senato e due disegni di legge, il primo approvato dal Governo in materia di valorizzazione delle aree agricole e di contenimento del consumo di suolo, il secondo dall'Intergruppo parlamentare per l'Agenda urbana". Per questo la relazione raccomanda "di ripartire da tali testi per affrontare con decisione e urgentemente la questione, al fine di fissare e conseguire obiettivi pluriennali di contenimento quantitativo del consumo di suolo attraverso la pianificazione territoriale e urbanistica, da fissare d'intesa tra lo Stato e le Regioni sulla base di un Rapporto annuale al Parlamento". In particolare, la proposta prevede "l'introduzione di un contributo per la tutela del suolo e la rigenerazione urbana legato alla perdita di valore ecologico, ambientale e paesaggistico determinato dal consumo di suolo, contributo che si dovrebbe aggiungere agli obblighi di pagamento connessi con gli oneri di urbanizzazione e con il costo di costruzione".

RIQUALIFICAZIONE URBANA - Secondo la relazione la riqualificazione dovrebbe passare per qualità energetica, sicurezza sismica e standard di sicurezza adeguate alle nuove esigenze di ambienti domestici assistiti: "Essi, infatti, dovrebbero prevedere livelli di accessibilità e sistemi tecnologici innovativi, in grado di favorire la permanenza degli anziani in casa propria, con positivi effetti di riduzione della spesa sanitaria. Infine, in varie aree del Paese è sentito il tema della riqualificazione delle città, anche per rendere più competitivi i sistemi economici locali e per garantire progetti di integrazione ed inclusione sociale". Per far questo, osservano, occorre "rendere più efficace il Fondo Investimento per l'Abitare (FIA) promosso da Cdp, il quale ha obiettivi minimi di redditività che impediscono nella sostanza di praticare canoni di locazione maggiormente sociali. Questa criticità può essere risolta operando sul regime fiscale, sulla gestione di immobili o aree demaniali da parte degli enti locali, o da compensazioni dello Stato". Sul fronte della riqualificazione energetica, i saggi segnalano "le opportunità rappresentate dalla programmazione dei Fondi strutturali europei 2014 - 2020 e dal Fondo Kyoto" e il regime fiscale agevolato "per interventi di ristrutturazione e riqualificazione, anche in funzione antisismica e di efficienza energetica, dovrebbe essere mantenuto e opportunamente ampliato a valere sul gettito dell'Imu, mentre ai comuni dovrebbe essere attribuita la facolta' di individuare ambiti di rigenerazione urbana nei quali poter disporre, per un periodo massimo di dieci anni, un regime fiscale agevolato". Secondo i saggi la Cdp dovrebbe "avviare un nuovo strumento finanziario, garantito da beni demaniali, per favorire l'accesso al credito dei proprietari di immobili ricompresi negli ambiti di rigenerazione urbana che intendano investire per la sicurezza antisismica e il risparmio idrico e energetico degli edifici, utilizzando i risparmi dei costi energetici e di manutenzione per ottenere condizioni finanziarie e tassi d'interesse vantaggiosi".

SERVIZI IDRICI - "La realizzazione e la manutenzione straordinaria delle opere e degli impianti può essere sostenuta da risorse pubbliche nazionali o comunitarie e da una quota della tariffa, ambedue concorrenti alla dotazione di un Fondo pubblico costituito a tal fine".

EFFICIENZA ENERGETICA - Rivedere il rapporto tra incentivi all'efficienza energetica e quelli allo sviluppo di energie rinnovabili", dicono i saggi che ricordano come nel 2012 in Italia si sono spesi solamente 500 milioni di euro per incentivi all'efficienza energetica, a fronte dei 6,5 miliardi di euro impiegati per incentivare le fonti energetiche rinnovabili. Inoltre propongono di "mantenere la detrazione fiscale del 55 per cento accordata agli investimenti effettuati nella riqualificazione energetica degli edifici", "introdurre o rafforzare standard qualitativi minimi degli edifici in termini di efficienza energetica", "definire direttive precise per aumentare l'efficienza energetica degli edifici pubblici e promuovere politiche di green - government , alle quali collegare incentivi, ad esempio consentendo di reimpiegare parte dei risparmi conseguiti nel sistema premiale del personale", "sviluppare il sistema dei 'titoli di efficienza energetica'". Infine, assicurare "la piena integrazione degli impianti da fonte rinnovabile nel sistema elettrico complessivo".

RIFIUTI E SCORIE - Secondo i saggi "si potrebbe prevedere la destinazione di una parte dei ricavi derivanti dalla vendita del materiale differenziato all'abbattimento del costo della raccolta dei rifiuti pagato dai cittadini e dalle imprese. Questo provvedimento aumenterebbe gli incentivi a comportamenti virtuosi, favorendo lo sviluppo di una cultura diffusa orientata al riciclo dei rifiuti". D'altra parte, proseguono, "si dovrebbe procedere ad una liberalizzazione di tutte le fasi della filiera della gestione dei rifiuti, che non devono essere necessariamente svolte in regime di privativa". Inoltre, un impulso all'utilizzo dei materiali provenienti dal recupero e riciclaggio dei rifiuti "potrebbe derivare dall'imposizione alle pubbliche amministrazioni dell'obbligo di acquistare prodotti realizzati con materiale riciclato".Secondo la relazione dei saggi, tuttavia,aggiungono in materia di scorie nucleari, "occorre implementare un programma di interventi sulle centrali esistenti, completare il trasporto di rifiuti nucleari per essere riprocessati all'estero, definendo con chiarezza il cronoprogramma ed i costi, così da giustificare la relativa quota prevista in bolletta a carico dei cittadini. E' altresì da affrontare la sistemazione definitiva e condivisa - concludono i saggi - della generalità dei rifiuti radioattivi sul territorio nazionale".

Mario Avagliano