Autorità per la Vigilanza, comunicato sul comodato d'azienda e avvalimento
Flash dalla Vigilanza
Roma, 15 giugno 2012 - Nell'ipotesi di comodato d’azienda, è lecito per l’impresa comodataria avvalersi dei requisiti dell’inpresa comodante?
E’ questo il tema affrontato dall’Autorità per la Vigilanza in un recentissimo comunicato, di cui riportiamo di seguito i punti salienti.
Il quadro normativo di riferimento e l’interpretazione dell’Autorità
Ritiene l’Autorità che la fattispecie riguardi l'applicabilità, in caso di comodato di azienda, dei principi contenuti nelle Determinazioni n. 5 del 21 aprile 2004, n. 5 del 26 febbraio 2003 e n. 11 del 5 giugno 2002, in tema di rilascio di attestazioni relative ad imprese cedenti e ad imprese cessionarie di aziende o di rami di aziende, nonché, in caso affermativo, se occorra la perizia giurata di stima del compendio aziendale, così come disposto per i trasferimenti di azienda dall'art. 76, comma 9, del D.P.R. n. 207/2010.
La disciplina regolamentare in materia - vigente e previgente - consente al nuovo soggetto “in caso di fusione o di altra operazione che comporti il trasferimento di azienda o di un suo ramo” di avvalersi, per la propria qualificazione, dei requisiti posseduti dalle imprese che ad esso hanno dato origine (art. 76, comma 9 del D.P.R. n. 207/2010 e art. 15, comma 9 del D.P.R. n. 34/2000), con l'ulteriore precisazione contenuta nell'attuale disciplina regolamentare - che “Nel caso di affitto di azienda l'affittuario può avvalersi dei requisiti posseduti dall'impresa locatrice se il contratto abbia durata non inferiore a tre anni”.
Norme che debbono, tuttavia, essere interpretata in combinato disposto con gli artt. 51 e 116 del D.Lgs. n. 163/2006.
Come si legge nel Comunicato, ove tra le "operazioni che comportano il trasferimento di azienda", di cui all'art. 76, comma 9, del D.P.R. n. 207/2010, si contempli il comodato di azienda, - riconoscendo in tal senso la possibilità per l'impresa comodataria di azienda di attestarsi sulla base dei requisiti ricavabili dall'azienda ottenuta in godimento - ci si troverebbe di fronte alla paradossale situazione dell'impossibilità giuridica della comodataria di subentrare all'impresa comodante sia nella posizione di concorrente ad eventuali procedure di gara in corso, sia nella titolarità dei contratti di appalto in corso di esecuzione.
Ne conseguirebbe, a prescindere dalla indiscutibile idoneità, generalmente riconosciuta al contratto di comodato di azienda, di permettere al comodatario di acquistare un diritto personale di godimento dell'azienda, che il comodatario non potrebbe durante il comodato gestire le attività in essere dell'azienda comodante, in evidente contrasto con la causa stessa del contratto di comodato.
Come, dunque, deve essere interpretato il silenzio del legislatore in ordine al comodato d’azienda?
A parere dell’Autorità. ragioni di ordine sistematico inducono, pertanto, con riguardo al caso di specie, ad interpretare il silenzio del legislatore (sia del codice civile, art. 2558, sia del legislatore del Codice dei contratti pubblici, artt. 51 e 116, sia dello stesso Regolamento, art. 76, comma 9) nel senso della volontà di non consentire all'impresa comodataria di azienda di attestarsi utilizzando i requisiti dell'azienda comodante in godimento.
Riflessioni interpretative delle disposizioni del Codice Civile portano alla medesima conclusione.
Coerentemente con la natura gratuita dell’istituto, il codice civile detta una serie di disposizioni volte a salvaguardare la posizione del comodante, quali: la previsione che attribuisce al comodante il diritto alla restituzione anticipata della cosa (art. 1809, comma 2 del c.c.) e quella che consente il comodato senza determinazione di durata, c.d. comodato precario (art. 1810 c.c.). Tali disposizioni sono palesemente incompatibili con l'art. 76, comma 9 del D.P.R. n. 207/2010, che relativamente all'affitto di azienda richiede una durata minima di tre anni.
Una siffatta estensione normativa pare, invero, costituire una forzatura difficilmente compatibile con la struttura del contratto di comodato, in quanto idonea a "sbilanciare" oltremodo, a vantaggio del comodatario, l'equilibrio contrattuale, già caratterizzato per il fatto che le obbligazioni da esso nascenti non si trovano fra loro in relazione di sinallagmaticità , in quanto il sacrificio economico è solo del comodante.
Il regime applicabile
Sulla base delle considerazioni che precedono, pertanto, le SOA non potranno attestare in forza del suddetto contratto di comodato, ed in virtù delle su esposte motivazioni, le imprese comodatarie d’azienda, non rientrando la fattispecie del comodato d’azienda nei commi 9 e 10 dell’art. 76 del D.P.R. 207/2010.
Gli attestati nel frattempo rilasciati, in forza di contratti di comodato d’azienda già stipulati, dovranno essere dichiarati decaduti dalle SOA che li hanno emessi.
L’Autorità ( con lo sguardo rivolto, forse, al generale interesse della stabilità del mercato di settore n.d.r) ha inoltre stabilito che le imprese comodatarie, per evitare la decadenza dell’attestato, potranno, in accordo con le imprese comodanti, procedere ad una modificazione del contratto di comodato ovvero ad una novazione oggettiva dello stesso con un titolo idoneo a conseguire comunque la titolarità dell’azienda e, quindi, il diritto al mantenimento dell’attestato.
