Cartelli pubblicitari, l'abusivismo compromette la sicurezza della circolazione
Il personale di Anas Spa quotidianamente impegnato nella repressione del fenomeno

Roma, 07 settembre 2015 - Ci sono quelli regolari. E fin qui, nulla quaestio. Poi ci sono quelli abusivi e, in questo caso, la vexata quaestio, tanto per fare uso di un altro di latinismo, cambia. E di molto. Parliamo dei cartelli pubblicitari. La loro collocazione è disciplinata dal Codice della strada (Cds). Per essere posizionati lungo le arterie, e/o in vista di esse, sono soggetti all’autorizzazione dell’Ente proprietario delle stesse.
Il perché è ovvio: le pubblicità possono ingenerare confusione o distrazione negli automobilisti e, quindi, determinare pericoli alla sicurezza alla circolazione. Basta dare una letta all’articolo 23 del Cds per capire le legittime preoccupazioni del legislatore. Potrebbero esserci, addirittura, risvolti penali. La IV Sezione della Cassazione Penale ha chiarito (sentenza 31326/2011) che il posizionamento di cartelli tali da ostruire una corretta visibilità dei veicoli in transito può benissimo essere configurato come una “alterazione dello stato dei luoghi” tale da integrare una “concausa” nel prodursi di un sinistro mortale. Si va a finire, insomma, nell’articolo 589 del Codice penale: omicidio colposo.
Sul piano amministrativo, come spesso avviene in materia di circolazione stradale, le fattispecie d’illecito (e relative sanzioni) sono piuttosto diversificate: possono colpire, secondo i casi, l’autore materiale dell’installazione, il proprietario del suolo su cui è collocato il cartello, il beneficiario del messaggio reclamistico.
Fin qui le valutazioni di carattere generale, sulle quali s’innescano, però, altre opportune considerazioni. Una per tutte: la pubblicità abusiva, oltre al degrado ambientale e visivo, comporta una grave distorsione al mercato di settore, quello “ufficiale”, operante nella legalità, togliendo introiti alle aziende e all’erario.
Ne discende la necessità, avvertita da sempre, di prevenire e reprimere il fenomeno, che sottintende un impegno quotidiano da parte di chi è preposto alla gestione delle strade e da parte degli organi deputati all’espletamento dei servizi di Polizia stradale.Tra questi, ex art. 12 del Cds, c’è pure il personale di Anas Spa, il gestore della rete stradale e autostradale d’interesse nazionale. Un controllo che il personale della Società, abilitato a svolgere detti servizi, esercita “senza alcuna limitazione territoriale o di materia” (Cass. Civ. Sez. I, n. 2273/1999).