Codice appalti, troppe modifiche
In 7 anni assetto rivisto da 44 norme diverse: facciamo una legge annuale in cui far confluire le correzioni
Milano, 4 dicembre 2013 – Nei suoi 7 anni di vita, il Codice dei contratti è stato modificato 44 volte. Solo il 42% degli articoli conserva il testo originario. Se a questo quadro normativo si aggiungono le oltre 40 disposizioni correlate, tra cui codice antimafia, legge anti-corruzione e statuto delle imprese, si spiega lo stato di incertezza e di disorientamento in cui sono costretti a operare le stazioni appaltanti allorché confezionano i bandi e gestiscono le gare. E, nell'attuale assetto normativo, mancano ancora all'appello le strenne che potrebbero regalarci i provvedimenti legislativi all'esame delle Camere.
Questo ininterrotto incidere sul Codice è la causa non ultima anche del rilevante contenzioso che ruota intorno ai contratti pubblici, stimato in oltre 7mila sentenze. D'altronde, si tratta di un esito scontato, di fronte a un testo scoordinato e sovrabbondante (oltre 1.500 commi per circa 123mila parole), come dimostrano gli interventi abrogativi effettuati dalla Corte di giustizia e dallo stesso Consiglio di Stato.
In una situazione a dir poco caotica, la prospettiva del recepimento delle tre nuove Direttive (settori ordinari, settori speciali e concessioni), che dovrà avvenire entro i prossimi due anni, delinea uno scenario denso di incognite, considerata tra l'altro la tendenza del legislatore nostrano a non attenersi fedelmente ai testi comunitari. Ancora una volta, quindi, si avverte l'esigenza di un momento di stabilità, perché gli interessi, anche legittimi, che, senza soluzione di continuità, spingono per ottenere modifiche del Codice, non possono giustificare correzioni a getto continuo. Sotto altro profilo, non va dimenticato che la certezza del diritto è discesa dall'empireo delle aspirazioni illuministiche e si è calata nella realtà quotidiana come regola che, se violata, può inficiare atti normativi e amministrativi.
Non è più ammissibile, dunque, che si verifichino situazioni come quelle indotte dalla norma sul costo del personale, che è stata introdotta, abrogata e reintrodotta in un breve lasso temporale. Considerato il volume di investimenti annui movimentati dai contratti pubblici - si tratta di oltre 100 miliardi di euro - si impone una soluzione capace di conciliare il potere del Parlamento di legiferare con l'esigenza dei destinatari di usufruire di un minimo di stasi normativa.
L'idea potrebbe essere quella di creare, sul modello della legge di stabilità o della legge comunitaria, una legge annuale dei contratti pubblici, nella quale far confluire tutte le proposte di modifica avanzate nel corso dell'anno. In questo modo, lo stesso legislatore disporrebbe di un quadro di valutazione più completo, acquisendo una maggiore consapevolezza del conseguente nuovo assetto normativo che va a modificare. Da parte loro, gli utilizzatori del Codice godrebbero del tempo necessario per assimilare le novità e per applicare le nuove disposizioni, senza temere di avere perduto qualche battuta.
