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Briciole di pane

Ente proprietario della strada, è incondizionato l'obbligo di vigilanza

L'ultima sentenza della Cassazione non lascia spazio a dubbi

Roma, 7 novembre 2014 - Più volte, su queste colonne, abbiamo evidenziato come quella dell’Ente proprietario della strada sia una posizione iper-responsabilizzante. Un’ultima, inequivocabile, conferma ci arriva da una recentissima sentenza della Cassazione: la n. 22330 del 22 ottobre 2014. La Suprema Corte è molto chiara: tutto ciò che può ripercuotersi sulla circolazione veicolare deve rientrare nella sfera di attenzione dell’Ente proprietario della strada. Il quale, giuridicamente, ne risponde. Anche quando si tratta di situazioni che originano da terreni appartenenti ad altri. La vicenda dedotta in giudizio partiva dal crollo di un grosso albero con il fusto da tempo indebolito, abbattutosi su una strada statale con gravissimi danni fisici per un automobilista di passaggio. Albero che si trovava a parecchi metri di distanza dal ciglio stradale, in un fondo scosceso di proprietà privata.


La Corte d’Appello aveva escluso la responsabilità dell’ANAS, stabilendo che l’Ente proprietario della strada non può essere considerato “custode”, con tutte le conseguenze civilistiche che il rapporto di “custodia” comporta, di cose non sue. La Corte di Cassazione, invece, ha profondamente rivisto tale ragionamento. E’ vero, scrivono gli Ermellini, non è mai configurabile un rapporto di custodia rispetto a beni altrui; ma l’ANAS, per il ruolo che ricopre, deve attenersi a delle regole di condotta: e «regola di condotta non è soltanto la norma giuridica, ma anche qualsiasi doverosa cautela concretamente esigibile dal soggetto».


Il ruolo che ANAS ricopre risulta chiaramente dall’art. 14 del Codice della Strada (Poteri e compiti degli Enti proprietari delle strade) come pure dallo statuto di ANAS stessa: garantire la sicurezza della circolazione e adottare i provvedimenti necessari ai fini della sicurezza del traffico sulle strade. Da queste premesse, pure se non deriva, ovviamente, un obbligo di ANAS di provvedere alla manutenzione dei fondi privati, discende un obbligo di segnalazione delle fonti di pericolo ai proprietari confinanti, nonché un obbligo di (testuale) «attento e doveroso monitoraggio del territorio», che può imporre, quale extrema ratio, la chiusura della strada al traffico. Il principio di diritto formulato dalla Corte suprema nel cassare con rinvio merita di essere riportato per intero: “L’ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito, pur non essendo custode dei fondi privati che la fiancheggiano, né avendo alcun obbligo di provvedere alla manutenzione di essi, ha tuttavia l’obbligo di vigilare affinché dai suddetti fondi non sorgano situazioni di pericolo per gli utenti della strada e, in caso alternativo, attivarsi per rimuoverle o farle rimuovere. Ne consegue che è in colpa, ai sensi del combinato disposto degli articoli 1176 comma 2 e 2043 Codice Civile, l’ente proprietario della strada pubblica il quale, pur potendo avvedersi con l’ordinaria diligenza d’una situazione di pericolo proveniente da un fondo privato, non la segnali al proprietario di questa, né adotti altri provvedimenti cautelativi, ivi compresa la chiusura della strada alla circolazione”.


E’ un principio che ha come primo destinatario l’ANAS, chiamata a organizzare il proprio lavoro, e il proprio presidio, in funzione di una garanzia “onnicomprensiva” della sicurezza della circolazione. E, riteniamo sommessamente, ha come indiretto destinatario chi effettua le scelte politiche: affinché, quando si discute di risorse da assegnare, abbia contezza dello sforzo che quel lavoro, e quel presidio, richiedono.
 

Carlo Sgandurra