Espropriazione, risarcimento del danno
Consiglio di Stato Sent. 4833 del 29 agosto 2011
Roma, 13 settembre 2011 -Quali sono le vicende del diritto al risarcimento del danno dopo l’intervenuta declatoria di illegittimità costituzionale dell’art. 43 del DPR n. 327/2001?
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4833 del 29 agosto 2011, fornisce chiare indicazioni, nel pronunciarsi in riforma di una precedente pronuncia del giudice di prime cure che dichiarava infondata la richiesta del risarcimento del danno da occupazione illegittima di un’area sulla quale è stata realizzata un’opera pubblica, dichiarando intervenuta la prescrizione del diritto azionato, per decorrenza del termine (quinquennale) di prescrizione dalla data di irreversibile trasformazione del fondo occupato.
Ricorda il Collegio che, nell’affrontare il tema della prescrizione del diritto al risarcimento del danno per effetto dell’intervenuta perdita del diritto di proprietà a causa dell’illecito della Pubblica Amministrazione, occorre innanzi tutto considerare l’intervenuta espunzione dal nostro ordinamento dell’istituto dell’acquisizione de facto della proprietà in mano pubblica, a seguito della realizzazione di un’opera pubblica.
Già nel passato (Consiglio di Stato, sez. IV, 30 gennaio 2006, n. 290) era stato affermato che l’intervenuta realizzazione dell'opera pubblica non fa venire meno l'obbligo dell'amministrazione di restituire al privato il bene illegittimamente appreso; e ciò superando l’interpretazione che riconnetteva alla costruzione dell'opera pubblica e all’irreversibile trasformazione effetti preclusivi o limitativi della tutela in forma specifica del privato
Con il conforto della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, deve ritenersi che il quadro normativo e giurisprudenziale nazionale previgente non fosse aderente alla Convenzione europea e, in particolare, al Protocollo addizionale n. 1 (sentenza Cedu 30 maggio 2000, ric. 31524/96). Nella sentenza citata, la Corte ha ritenuto che la realizzazione dell’opera pubblica non costituisca impedimento alla restituzione dell'area illegittimamente espropriata, e ciò indipendentemente dalle modalità - occupazione acquisitiva o usurpativa - di acquisizione del terreno.
Per tali ragioni, il proprietario del fondo illegittimamente occupato dall’amministrazione, ottenuta la declaratoria di illegittimità dell'occupazione e l'annullamento dei relativi provvedimenti, può legittimamente domandare nel giudizio di ottemperanza sia il risarcimento, sia la restituzione del fondo che la sua riduzione in pristino. La realizzazione dell'opera pubblica sul fondo illegittimamente occupato è in sé un mero fatto, non in grado di assurgere a titolo dell'acquisto, come tale inidoneo a determinare il trasferimento della proprietà, per cui solo il formale atto di acquisizione dell'amministrazione può essere in grado di limitare il diritto alla restituzione, non potendo rinvenirsi atti estintivi (rinunziativi o abdicativi, che dir si voglia) della proprietà in altri comportamenti, fatti o contegni.
Ne discende che, tranne che l’amministrazione intenda comunque acquisire il bene seguendo i sistemi che di seguito saranno evidenziati, è suo obbligo primario procedere alla restituzione della proprietà illegittimamente detenuta
Così inquadrato il tema della vicenda, osserva la Sezione che, stante la sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 43 DPR n. 327/2001 (Testo unico espropriazioni), non può più essere azionato il meccanismo procedimentale accelerato ivi previsto.
Conseguentemente, deve ritenersi che l'Amministrazione, allo stato, abbia unicamente la possibilità di ottenere il consenso della controparte per la stipula di un contratto di vendita, anche con funzione transattiva, oppure agire con un nuovo procedimento espropriativo.
E quanto alle modalità cui dovrà attenersi l’amministrazione per la quantificazione del danno risarcibile?
Il Collegio sostiene che, perpetuandosi l’illegittima detenzione fino al momento dell’acquisizione della proprietà, fino a quel momento permarrà anche l’obbligo di tenere indenne il privato dalla conseguenze illegittime del fare amministrativo. Il danno da perdita della proprietà, non può essere risarcito in quanto il diritto dominicale permane in capo al privato non legittimamente espropriato.
Il risarcimento del danno dovrà dunque operare in relazione alla illegittima occupazione del bene (illecito permanente), coprendo le voci di danno da questa azione derivanti, dal momento del suo perfezionamento fino alla giuridica regolarizzazione della fattispecie.
Peraltro, si impone l’individuazione del momento iniziale e di quello finale del comportamento lesivo.
In relazione al termine iniziale
Si legge nella pronuncia che il termine iniziale deve essere identificato nel momento in cui l’occupazione dell’area privata è divenuta illegittima, o per meglio dire, dalla prima apprensione del bene, (dalla sua occupazione) qualora l’intera procedura espropriativa sia stata annullata, oppure dallo scadere del termine massimo di occupazione legittima, qualora invece questa prima fase sia rimasta integra.
In relazione al termine finale
Ritiene il Collegio che esso debba essere individuato nel momento in cui la pubblica amministrazione acquisterà legittimamente la proprietà dell’area. A tal proposito, deve evidenziarsi come la già citata interpretazione della Corte europea dei diritti dell’uomo ha eliminato ogni possibilità di individuare sistemi di acquisizione diversi da quello consensuale del contratto e quello autoritativo del provvedimento espropriativo. Ciò è avvenuto dichiarando l’illegittimità, per contrasto con il principio di legalità, delle ricostruzioni che miravano ad individuare fatti o comportamenti (e quindi l’avvenuto completamento dell’opera pubblica o la richiesta del solo risarcimento come momento abdicativo implicito della proprietà) idonei a sostituire i sistemi legali di acquisto della proprietà
. In merito alla quantificazione del danno dovuto per l’occupazione illegittima, un consolidato orientamento (sentenza 676/2011), indica che:
• il valore da corrispondere al privato deve corrispondere al valore di mercato dell’immobile riferito all’atto (consensuale o autoritativo) al quale consegua l'effetto traslativo;
• i danni da risarcire in conseguenza dell’illegittima occupazione devono corrispondere agli interessi moratori sul valore del bene, assumendo quale capitale di riferimento il relativo valore di mercato in ciascun anno del periodo di occupazione considerato, incrementati per interessi e rivalutazione.
Cosi ridisegnato il quadro del diritto al risarcimento del danno, quali strumenti residuano quindi all’amministrazione per apprendere legittimamente il bene?
Sostiene il Collegio che l’amministrazione può legittimamente apprendere il bene facendo uso unicamente dei due strumenti tipici, ossia il contratto, tramite l’acquisizione del consenso della controparte, o il provvedimento, (e quindi anche in assenza di consenso) ma tramite la riedizione del procedimento espropriativo con le sue garanzie.