Esproprio illegittimo: il diritto alla restituzione si prescrive in venti anni
Lo ha stabilito la Corte Costituzionale con la Sent. 4 ottobre 2010, n.293
La recente pronuncia della Corte Costituzionale fornisce importanti contributi in materia di prescrizione del diritto alla restituzione e conseguenti oneri, nell’ipotesi di procedure prive di un valido provvedimento traslativo della proprietà dal privato alla pubblica amministrazione.
Le procedure di esproprio colpite dal dispositivo sono essenzialmente riconducibili a due tipologie :
• Procedimenti iniziati regolarmente ma viziati per mancato rispetto dei termini o per annullamento da parte del giudice amministrativo
• procedimenti riguardanti aree occupate sin dall’inizio senza titolo (occupazioni di tipo usurpativo)
Il diritto alla restituzione resta escluso se:
• il soggetto abbia ceduto (per atto scritto) il bene;
• il soggetto abbia concordato la cessione dell’area occupata dall’amministrazione
• il soggetto non abbia impugnato nei 60 giorni (120 con ricorso straordinario) la dichiarazione di utilizzo pubblico.
• l’area serva una esigenza pubblica, non altrimenti soddisfabile
• esista un provvedimento della amministrazione, non più impugnabile, che dichiara acquisita l’area a norma dell’art. 43 del DPR 327/2001.
L’applicazione dei principi espressi dalla pronuncia è retroattiva, fatte salve le situazioni già consolidate, quali quelle in cui vi sia un consenso alla cessione o l’amministrazione si sia già espressa con provvedimento non più impugnabile. L’azione di restituzione deve essere esercitata entro venti anni dal momento della perdita di possesso. Il soggetto restituito nel suo pieno diritto può scegliere:
• di rientrare in possesso del bene, diventando proprietario anche dell’eventuale manufatto sovrastante, senza ulteriori oneri.
• una somma di denaro, commisurata al valore venale del bene originario, oltre interessi moratori e lucro cessante, in luogo della restituzione,
Proprio sotto questo ultimo profilo, la pronuncia sottolinea che restano irreversibili le situazioni che non consentono un uso private dell’area. In tal caso, le aree e le costruzioni “restituite” diventano di proprietà privata, mantenendo tuttavia la medesima destinazione attribuita dall’amministrazione. Di contro, in tema di opere non scorporabili da una diversa destinazione generale, nell caso di un’area che appartenga ad un tracciato stradale già realizzato ed irreversibilmente utilizzato dalla collettività, la norma di cui all’art. 2933 Codice Civile, impedisce l’eliminazione di beni in danno dell’economia nazionale.