Gare, il Consiglio di Stato sui termini per l'impugnazione
La disciplina della rimessione in termini secndo il Consiglio di Stato
Roma, 26 maggio 2011- Quale è l’attuale conformazione normativa dell’istituto della rimessione in termini? il sollecito del potere di autotutela dell'amministrazione e la successiva impugnazione dell'eventuale diniego costituiscono titolo per la rimessione a favore del concorrente non aggiudicatario che non abbia tempestivamente impugnato?
Il Consiglio di Stato, nell’identificare una risposta a tale quesito, ha proceduto ad una attenta ricognizione del quadro normativo di specie, della quale diamo conto di seguito .
Per principio generale il termine decorre dalla piena conoscenza dell’esistenza dell’atto impugnato e dei suoi contenuti essenziali, quali l'autorità emanante, la data, il contenuto dispositivo e il suo effetto lesivo (Consiglio Stato, sez. V, 8 settembre 2008, n. 4259).
In tema di termini ad impugnare l’art. 21 della legge TAR (n. 1034 del 6 dicembre 1971), prescriveva che l’impugnazione di un provvedimento amministrativo doveva essere effettuata nel termine di 60 giorni dalla notifica o dalla sicura conoscenza dello stesso.
Il successivo art. 23 bis (aggiunto dalla legge n. 205 del 2000), pur avendo abbreviato i termini per i ricorsi in determinate materie, fra le quali quella delle procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici, non aveva tuttavia ridotto (anche) il termine per la proposizione del ricorso.
Oggi l’art. 29 del nuovo c.p.a. detta il termine generale di sessanta giorni per la proposizione dell’azione di annullamento, mentre, ai sensi del successivo art. 120, comma 5, l'impugnazione degli atti delle procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture deve essere effettuata nel termine ridotto di trenta giorni, decorrente dalla ricezione della comunicazione dell’aggiudicazione definitiva, di cui all'articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice degli appalti), o, per i bandi e gli avvisi con cui si indice una gara, autonomamente lesivi, dalla pubblicazione di cui all'articolo 66, comma 8, dello stesso decreto, ovvero, in ogni altro caso, dalla conoscenza dell'atto.
Da ciò discende che il termine per contestare davanti al Giudice amministrativo la legittimità di un provvedimento è relativamente breve (ed è ancora più breve in determinate materie, fra le quali quella della aggiudicazione degli appalti pubblici) avendo voluto comunque l’ordinamento privilegiare la stabilità delle situazioni giuridiche anche a prescindere dalla eventuale illegittimità dei relativi atti.
Per impugnare i risultati di una gara il termine normalmente decorre dalla ricezione della comunicazione di cui al già citato articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, ma è fatta salva ovviamente l'ipotesi della piena conoscenza dell'atto, acquisita con altre modalità, come è d'altronde confermato in via generale dall'articolo 41 del c.p.a.
Si è quindi affermato che, per la impugnazione del provvedimento di aggiudicazione di una gara pubblica da parte di chi ad essa ha partecipato, il termine decorre, quando non vi sia stata la notificazione individuale, dalla piena conoscenza dello stesso, mentre la relativa pubblicazione costituisce forma di conoscenza legale solo per chi, non avendo partecipato alla procedura selettiva, non è direttamente contemplato nell'atto in questione (Consiglio Stato, sez. IV, 12 giugno 2009, n. 3696). La giurisprudenza è inoltre pacifica nel ritenere che l'impugnazione del provvedimento di aggiudicazione provvisoria è solo una facoltà e non anche un onere per l'impresa partecipante alla gara la quale può legittimamente attendere l'adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva. Con la conseguenza che il termine per impugnare il risultato di una gara, se del caso facendo valere anche i vizi dell'aggiudicazione provvisoria, decorre dall'aggiudicazione definitiva.
Quanto all’efficacia da attribuirsi alla proposizione di un’istanza di autotutela all’amministrazione, una giurisprudenza costante nega che il termine possa essere riaperto attraverso tale scelta.. E’ stato infatti più volte ribadito che il concorrente non aggiudicatario di una pubblica gara che non abbia tempestivamente impugnato un atto lesivo non può essere rimesso surrettiziamente in termini mediante il sollecito del potere di autotutela dell'amministrazione e la successiva impugnazione dell'eventuale diniego.
Osserva al riguardo il Collegio che, con la richiesta di un intervento in autotutela, si finirebbe per eludere il sistema dei termini decadenziali e l'esigenza di una celere definizione della lite, propria della normativa sulle gare pubbliche (in termini Consiglio di Stato, Sez. IV n. 2554 del 4 maggio 2010). D’altra parte (si legge nella pronuncia) nel diniego di autotutela non è, infatti, ravvisabile alcun aspetto di autonoma lesività mancando una complessiva rivalutazione delle posizioni coinvolte nel procedimento, con la conseguenza che il diniego di autotutela deve ritenersi (normalmente) un atto meramente confermativo che, per principio consolidato, non è impugnabile perché altrimenti verrebbero surrettiziamente riaperti (a seguito dell’istanza dell’interessato) i termini per l’impugnativa di atti oramai inoppugnabili (Consiglio di Stato, Sez. IV n. 822 del 7 febbraio 2011).