Gare, il costo del personale
Un focus sul nuovo comma 3 bis dell'art.81 Codice Appalti
Roma, 28 settembre 2011 - Il quadro del sistema Appalti ha subito, recentemente, numerose e significative modifiche.
Di particolare importanza, nel quadro delle novità, il nuovo comma 3-bis dell'art. 81 del Codice Appalti, introdottodalla legge 12 luglio 2011, n.106 di conversione del DL 70/2011,
Mettiamo a disposizione dei nostri lettori una modesta sintesi – di facile consultazione – del vivace dibattito suscitato da tale intervento normativo. Con intento esclusivamente divulgativo, riportiamo di seguito - per estratto - le due diverse linee interpretative dell’Autorità di Vigilanza, e dell’Istituto per l’innovazione e Trasparenza degli Appalti e compatibilità ambientale (ITACA), e in allegato alcuni contributi scientifici apparsi sulle pubblicazioni di settore.
Il lettore che desiderasse approfondire il tema potrà agevolmente consultare i testi completi in allegato.
LA NORMA
A seguito delle modifiche apportate dal decreto legge n. 70/2011, come convertito dalla legge 12 luglio 2011, n.106 , l’articolo 81 del Codice, in materia dei “criteri per la scelta dell’offerta migliore”, è così formulato:
«1. Nei contratti pubblici, fatte salve le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative relative alla remunerazione di servizi specifici, la migliore offerta è selezionata con il criterio del prezzo più basso o con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
2. Le stazioni appaltanti, scelgono, fra i criteri di cui al comma 1, quello più adeguato in relazione alle caratteristiche dell’oggetto del contratto, e indicano nel bando di gara quale dei due criteri di cui al comma 1 sarà applicato per selezionare la migliore offerta.
3. Le stazioni appaltanti possono decidere di non procedere all’aggiudicazione se nessuna offerta risulti conveniente o idonea in relazione all’oggetto del contratto.
3-bis. L’offerta migliore è altresì determinata al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, e delle misure di adempimento alle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro».
La norma impone di salvaguardare comunque e sempre il valore della manodopera quale costo non negoziabile, e pertanto da sottrarre al mercato e alla concorrenza, in analogia con quanto previsto già per gli oneri di sicurezza; il comma 3 bis,in particolare, indirizzato a migliorare le condizioni di lavoro e in genere a sostenere l’importante settore dei contratti pubblici, non prevede un periodo transitorio; ed è entrato immediatamente in vigore, imponendo una significativa inversione di approccio nella scelta dell’offerta migliore con prevedibili effetti di disorientamento di tutti gli operatori del settore.
LA NORMA NELLE ARGOMENTAZIONI ESPRESSE DALL’AUTORITÀ PER LA VIGILANZA - ESTRATTO DAL DOCUMENTO DI CONSULTAZIONE
L'Autorità, a seguito dell'entrata in vigore del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito in legge dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, ha deliberato di esperire una consultazione degli operatori del settore e delle amministrazioni pubbliche, avente ad oggetto alcune rilevanti novità in materia di redazione dei bandi di gara. La consultazione ha riguardato le cause tassative di esclusione (articolo 46, comma 1 bis del Codice), l'articolo 38 del Codice, e la determinazione del costo del personale ai sensi dell'articolo 81, comma 3 bis del Codice.
Si riportano di seguito, per estratto, le considerazioni svolte in materia di spese per il costo del personale nel documento redatto dall’Autorità e disponibile on line, all’indirizzo www.avcp.it
Ritiene l'Autorità che il nuovo comma 3-bis dell’articolo 81 del Codice, ad una prima lettura, sembra in sostanza porre sullo stesso piano il costo del personale ed il costo della sicurezza.. La disposizione in esame può prestarsi a due diverse interpretazioni .
Secondo una prima interpretazione, la stazione appaltante dovrebbe indicare ex ante nel bando di gara l’importo del costo del lavoro. Di conseguenza, l’importo complessivo posto a base di gara dovrebbe essere suddiviso in tre parti: una parte pari al costo del lavoro (tempo previsto per esecuzione del lavoro moltiplicato per i minimi salariali), una parte pari al costo della sicurezza ed una parte pari al costo dei materiali, dei noli a caldo e a freddo, delle attrezzature e delle spese generali, nonché all’utile delle imprese.
Dal momento che sulle prime due parti la norma sembra non consentire ribassi, ne deriva che il confronto concorrenziale si svolgerebbe su una percentuale (molto ridotta per commesse ad alta intensità di lavoro) del costo complessivo, con l’effetto di incentivare le imprese a presentare ribassi maggiori al crescere della loro produttività; tali ribassi non sarebbero verificabili in alcun modo, se non con riferimento al costo dei materiali, dei noli a caldo e a freddo, delle attrezzature e delle spese generali, nonché all’utile Evidentemente, l’effetto concreto e finale che, in tal caso, si verrebbe a determinare non appare conforme all’obiettivo di contrasto al lavoro irregolare che si è prefisso il legislatore.
Occorre, inoltre, domandarsi come possa, in concreto, funzionare il meccanismo di aggiudicazione qualora si utilizzi il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, criterio che implica necessariamente la presentazione da parte delle imprese di proposte progettuali o di proposte migliorative del progetto posto a base di gara. Per i lavori, ai sensi dell’articolo 53, comma 2. del Codice, a base di gara si può porre anche il solo progetto preliminare. Inoltre, va anche rammentato che i contratti di lavori pubblici devono essere stipulati, di norma, a corpo (articolo 53, comma 4 del Codice) e l’offerta va presentata mediante il criterio dell’offerta a prezzi unitari: tale meccanismo di gara appare difficilmente conciliabile con la novella normativa.
Sulla base di tale interpretazione della norma, sono state fornite puntuali indicazioni sulla redazione dei progetti e dei bandi di gara nel documento “Prime indicazioni per l’applicazione delle modificazioni introdotte all’art. 81 del codice dei contratti pubblici dalla legge 12 luglio2011, n. 106, di conversione del dl 70/2011”, redatto dal gruppo di lavoro interregionale “Codice contratti” operante presso ITACA, scaricabile dal sito www.itaca.org.
Sul piano applicativo, la determinazione del costo del personale in fase di indizione dei bandi di gara pone ulteriori notevoli problemi operativi in relazione a talune tipologie di appalti: non tutti i lavori e le forniture sono riconducibili alla logica del servizio ad alta intensità di manodopera conoscibile ex ante dalle stazioni appaltanti. Non lo sono, ad esempio. la fornitura di farmaci o di dispositivi medici o di attrezzature informatiche. Se per i lavori pubblici si potrebbe risalire al costo del personale in fase di progettazione sulla base delle analisi dei prezzi in base alle quali si redigono gli elenchi prezzi ed in base alle disposizioni contenute nel comma 3 dell’articolo 39 del d.P.R. n. 207/2010 in merito alla “tabella della incidenza della manodopera”, per molti servizi (per esempio, i servizi di progettazione, i servizi informatici, i servizi assistenziali) e per le forniture (che possono essere prodotte anche in paesi esteri) è di fatto impossibile evidenziare il costo del personale in sede di progettazione del servizio o della fornitura, in quanto ciò presupporrebbe una conoscenza del settore che le stazioni appaltanti verosimilmente non possiedono.
Normalmente, in questi casi, gli importi posti a base di gara sono individuati ai sensi dell’articolo 89, comma 1, del Codice con riferimento al miglior prezzo di mercato, trattandosi in generale di servizi o forniture standard; tuttavia, il miglior prezzo di mercato non specifica il costo del personale. E’, altresì, evidente come la quantificazione del costo del personale dipenda anche, qualitativamente e quantitativamente, dalle prestazioni offerte nella proposta progettuale qualora la gara si svolga sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, criterio considerato da molti come il migliore per l’ aggiudicazione delle commesse pubbliche.
Se per costo del personale si intende la somma complessiva dei corrispettivi pagati al personale per eseguire una prestazione qualsiasi sia la sua natura (lavoro, servizio o fornitura), esso è connesso a due elementi,:
- il costo orario del personale
- il numero di ore per cui è utilizzato .
La disposizione si fa carico di uno solo dei due elementi, quello del costo orario, stabilendo che non può essere inferiore al minimo salariale. Del resto, il tempo di impiego del personale dipende dalla natura della prestazione e dalla organizzazione dell’impresa. L’esecuzione di una stessa prestazione, quindi, può comportare fra due imprese la necessità di impiegare manodopera per un tempo diverso a causa di una differente organizzazione produttiva e/o di una diversa attrezzatura impiegata.
Tali questioni conducono a riflettere sulla applicabilità concreta della disposizione e sulla possibilità di addivenire ad una sua diversa interpretazione, nel rispetto degli obiettivi che si è posto il legislatore, contrastare il lavoro nero ed il lavoro sottopagato.
A parere dell’Autorità, questo obiettivo verrebbe perseguito in modo più efficace verificando il rispetto della normativa sulla manodopera, nella fase di esecuzione delle commesse. A tale scopo, soccorre la normativa sul documento unico di regolarità contributiva. (articolo 6, del d.P.R. n. 207/2010). Inoltre, la disposizione pone sullo stesso piano i lavori, i servizi e le forniture, ma sembra costruita con riferimento ai lavori ed ai servizi ad alta intensità di lavoro di tipo standardizzato. Finora il costo del lavoro è sempre stato inteso come costo complessivo della manodopera e la verifica della correttezza del costo del lavoro era parte della verifica di congruità dell’offerta.
In sostanza, fermo restando che il costo orario era quello dei minimi salariali, la verifica riguardava la produttività (tempi e organizzazione) del personale proposta dal concorrente. In realtà, ciò avveniva in quanto il comma 2, lettera a), dell’articolo 87 del Codice prevede che le giustificazioni possono riguardare l’economia del procedimento di costruzione o del processo di fabbricazione o del metodo di prestazione del servizio che costituiscono la produttività del concorrente che come prima sottolineato può comportare fra diverse imprese l’utilizzo di una diversa quantità di manodopera.
Tale verifica si presenta sempre complessa in quanto necessita di una particolare professionalità. Il termine “costo del personale” non è, quindi, chiaro: può essere inteso come costo complessivo o come costo unitario. Dato il contesto normativo e le criticità evidenziate che potrebbero portare ad effetti paradossali, occorre verificare se possa ricavarsi una diversa interpretazione della novella da una lettura dell’intero complesso nel rispetto della ratio della norma, atteso che essa riguarda i valori fondamentali di solidarietà, uguaglianza e libertà che si rinvengono nel principio di retribuzione adeguata e sufficiente di cui all’articolo 36 della Costituzione.
Prima della novella normativa, la salvaguardia di tali valori era assicurata mediante una verifica ex post in un’ottica giustificativa della sostenibilità dell’offerta: come sostenuto dalle direttive comunitarie e dal Consiglio di Stato (cfr., ad esempio, sezione V, nella sentenza 23 giugno 2011 n. 3807), l’indagine sulla congruità dell’offerta deve necessariamente coinvolgere non solo e non tanto gli aspetti logico-formali dell’offerta e delle sue giustificazioni, quanto piuttosto il concreto substrato materiale e organizzativo della struttura dell’impresa aggiudicataria, onde accertare e verificare che effettivamente il costo del lavoro indicato nell’offerta sia obiettivamente (e non solo soggettivamente) idoneo ad assicurare il pieno rispetto dei valori e dei principi costituzionali sopra indicati.
Pertanto, occorre valutare se la norma non sia interpretabile nel senso che essa impone sempre alle stazioni appaltanti e alle imprese, qualora il tipo di commessa lo consenta come nel caso dei lavori e di alcuni tipi di servizi, di accertare la congruità delle offerte sulla base della verifica della compatibilità delle scelte organizzative e produttive effettuate dal concorrente con la normativa concernente i minimi salariali contrattuali. della manodopera. Questa conclusione trova il proprio fondamento nella stessa disposizione, dal momento che affermare che l’offerta migliore (l’offerta aggiudicataria) è determinata al “netto delle spese relative al costo del personale valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale” sembra significare che le offerte dei concorrenti (ed in particolare quella del concorrente risultato aggiudicatario) non possono essere giustificate sulla base di un mancato rispetto dei livelli e dei minimi contrattuali del personale necessario, come del resto prevede l’articolo 87, comma 3 del Codice, non modificato; di conseguenza, il ribasso offerto può essere giustificato da un’organizzazione imprenditoriale più efficiente e dall’impiego di attrezzature che rendano il lavoro della manodopera più produttivo, tutelando al contempo il costo del personale.
Questa interpretazione trova fondamento anche alla normativa comunitaria (articolo 55 della direttiva 2004/18/CE) secondo cui «se per un determinato appalto, talune offerte appaiono anormalmente basse rispetto alla prestazione, l’amministrazione aggiudicatrice, prima di poter respingere tali offerte, richiede per iscritto le precisazioni ritenute pertinenti in merito agli elementi costitutivi dell’offerta in questione». Tale disposizione è stata recepita negli articoli 87 e 88 del Codice.
Alla luce di queste considerazioni la disposizione di cui al comma 3-bis dell’articolo 81 del Codice potrebbe essere interpretata come atta a sancire l’obbligo di effettuare la verifica della congruità del costo del lavoro su due piani:
- una prima fase consistente nella verifica della produttività presentata dal concorrente;
- una seconda fase consistente nella verifica del livello e del numero del personale necessario per garantire la produttività presentata e nella verifica dei corrispondenti minimi salariali previsti nella giustificazione.
Tale verifica andrebbe fatta sempre sull’aggiudicatario anche nel caso la gara si sia svolta con la procedura dell’esclusione automatica. Occorre poi tenere presente che non è stato modificato dalla novella normativa il secondo periodo del comma 3-bis dell’articolo 86 del Codice, il quale precisa che il costo del lavoro è quello determinato periodicamente in apposite tabelle del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e, quindi, si riferiva ai minimi salariali. Il comma 3-bis dell’articolo 81 fa invece riferimento ai minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore.
Dunque, in sede di verifica dell’anomalia, resta necessario valutare il rispetto del costo del lavoro, atteso che è rimasto in vigore l’art. 86, co. 3-bis, del Codice, di cui l’art. 87, co. 2, lett. g), era mera ripetizione. Di conseguenza la seconda interpretazione proposta si fonda anche su un dato normativo e sembra più coerente con l’intero sistema
IL DOCUMENTO ITACA ( L’INTERPRETAZIONE RICHIAMATA DALL’AUTORITÀ NEL DOCUMENTO DI CONSULTAZIONE)
Si legge nel documento che l’introduzione del nuovo comma 3-bis risulta di particolare rilievo ed impatto per tutte le procedure di gara (aperte, ristrette e negoziate), in tutti i settori e per qualunque importo. La norma si applica agli affidamenti sia a corpo che a misura, sia con il criterio del prezzo più basso che con quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa. L’impatto risulta altresì rilevante su tutte le attività successive all’aggiudicazione, sino al collaudo.
La norma impone di salvaguardare comunque e sempre il valore della manodopera quale costo non negoziabile, e pertanto da sottrarre al mercato e alla concorrenza, in analogia con quanto previsto già per gli oneri di sicurezza.
La disciplina previgente imponeva, in fase di progettazione, la definizione del costo della manodopera e della sicurezza, attraverso voci di costo da indicare esplicitamente negli elaborati di progetto (specificatamente per i lavori la stima di manodopera era condotta attraverso il “Quadro di incidenza della manodopera”, nonché la quota di sicurezza da non sottoporre a ribasso derivante dagli studi specifici definiti – DUVRI e/o PSC), e, in fase di valutazione dell’anomalia delle offerte, richiedeva altresì la verifica di congruità di tali voci, fornendo i parametri di riferimento da utilizzarsi, per la conduzione della verifica, per il solo costo del lavoro.
In particolare, in fase di verifica di congruità dell’offerta, l’Amministrazione doveva «valutare che il valore economico fosse adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza» e a tal fine richiedeva che lo stesso dovesse essere specificatamente indicato. Infine indicava i parametri di riferimento per la individuazione di valore mediante rinvio a tabelle da predisporre da parte dei Ministeri competenti, e quindi non in modo specifico con riferimento al contratto posto in gara (salvo la presenza del quadro di incidenza di cui sopra per i lavori).
Risulta del tutto evidente la portata innovativa del nuovo comma 3-bis: la nuova disciplina non limita più l’azione ad un mero controllo di congruità formulato sulla base di valutazioni parametriche e decontestualizzate, ma richiede che il costo del lavoro sia valutato puntualmente in quanto “costo puro ed incomprimibile” da non assoggettare al mercato, in perfetta analogia con i costi aggiuntivi per la sicurezza desunti in fase progettuale. Ne deriva che può ritenersi superato il disposto dei citati art. 86, comma 3-bis del Codice e 39,comma 3 del Regolamento nelle parti in cui presuppongono la conduzione di verifica dell’anomalia per la componente di costo della manodopera, in quanto il costo del personale non è più elemento di offerta e pertanto come non dovrà più essere sottoposto a verifica di congruità.
Nella parte finale del nuovo comma 3-bis si richiamano le “misure di adempimento alle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”: il richiamo pare ragionevolmente intendersi come rinvio a quanto già previsto dal tessuto normativo di settore (in particolare dal D.Lgs. 81/08, D.Lgs. 163/06 e D.P.R. 207/10), ossia, per la componente da sottrarre dal ribasso, ai soli costi per la sicurezza derivanti dagli elaborati specifici. Siffatta opzione interpretativa pare preferibile in quanto non determinerebbe aporie e contrasti con il quadro normativo già vigente, con riferimento al quale la nuova norma si pone quindi armoniosamente come richiamo rafforzativo ed equiparatore con il nuovo principio generale, ossia quello della non negoziabilità del costo della manodopera. Da questa considerazione discende che il costo della manodopera è da intendersi esclusivamente come il costo “vivo” ed “non negoziabile” – sotto il quale cioè non è possibile scendere nella retribuzione oraria di un lavoratore - costo tutelato in quanto comprensivo degli oneri sociali e contributivi, e come tale da intendersi al netto di spese generali ed utile di impresa, in quanto questi ultimi rappresentativi, al contrario, della quota di costo che deve andare a mercato, nell’ambito del gioco concorrenziale (ossia l’offerta a ribasso) della gara.
Autorità per la Vigilanza, Documento di consultazione
Alcune riflessioni sul comma 3 bis
Annotazioni in tema di non negoziabilità