Gare, irregolarità dell'offerta e criteri di risarcimento del danno per mancata aggiudicazione
La Sentenza del Consiglio di Stato n. 3670 del 20 giugno 2001
Roma, 6 luglio 2011 - Può un’offerta carente degli elementi essenziali essere integrata successivamente? Può esserne, in tale ipotesi, dichiarata l’inammissibilità per difformità a quanto richiesto dalla Amministrazione? In caso di illegittima mancata aggiudicazione, il concorrente danneggiato può chiedere il danno per lucro cessante? Da quali mezzi di prova deve essere sostenuto il ricorso?
Il Consiglio di Stato ha affrontato recentemente questi temi, in una pronuncia di cui diamo conto sinteticamente.
Quanto alla carenza degli elementi essenziali dell’offerta. Il Consiglio che, tuttavia si è precedentemente occupato della questione soprattutto sotto il profilo dell’inammissibilità di integrazioni postume, ha confermato un già consolidato orientamento, asserendo l’inammissibilità e l’immodificabilità postuma dell’offerta priva di elementi essenziali in quanto difforme a quanto richiesto dall’Amministrazione (si veda anche Consiglio di Stato, sez. VI, 29 dicembre 2010, n. 9577).
Più articolato, il ragionamento seguito dal Collegio in materia di risarcimento del danno per mancata aggiudicazione.
Sotto il profilo dell’onere probatorio, il ricorrente deve:
• fornire la prova rigorosa della percentuale d'utile che avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria, prova desumibile dall'esibizione dell'offerta economica da essa presentata al seggio di gara, non costituendo il criterio del 10% del prezzo a base d'asta un criterio automatico, ma solo presuntivo.
• fornire la prova rigorosa della percentuale d'utile che avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria, prova desumibile dall'esibizione dell'offerta economica da essa presentata al seggio di gara, non costituendo il criterio del 10% del prezzo a base d'asta un criterio automatico, ma solo presuntivo.
Sotto il profilo della quantificazione del danno:
• Ritiene il Collegio, nella pronuncia, che Il criterio di quantificazione del danno, da ricondursi ai poteri equitativi i materia riconosciuti al giudice ai sensi dell’art. 1226 c.c., sia corretto e in linea con gli orientamenti della giurisprudenza del Consiglio medesimo. Nella quantificazione del danno – sia nell’ipotesi di risarcimento a titolo di mancata aggiudicazione che per la semplice perdita della possibilità di aggiudicazione - non sussitono i presupposti del risarcimento per equivalente, poiché mediante il risarcimento non può farsi conseguire all'impresa un beneficio maggiore di quello che deriverebbe dall'aggiudicazione (Consiglio di Stato , sez. IV, 7 settembre 2010, n. 6485).
• L'ammontare del risarcimento nella componente del lucro cessante può essere determinato in via equitativa nella misura del 10% dell'importo dell'offerta, solo se e in quanto l'impresa possa documentare di non aver potuto utilizzare — in quanto apprestati ed approntati in previsione dell'appalto da aggiudicare — mezzi e maestranze per l'esecuzione di altri contratti. • Il danno va liquidato, invece, riducendo la predetta percentuale in via equitativa ove l’impresa non esibire la prova del mancato utilizzo. In tale caso, sostiene il Collegio, può ragionevolmente ritenersi che l'impresa abbia riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altre attività imprenditoriali, limitando la perdita di utilità.