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Inconferibilità ed incompatibilità di incarichi presso la PA, attualità dalla Civit

Le recenti Delibere della CIVIT

Roma, 2 lugio 2013 - La Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche ( CiVIT) ha reso note (vedi Delibere 46,47,48 del 27 giugno 2013) alcune indicazioni in ordine all’interpretazione delle  disposizioni contenute nel Decreto Legislativo 8 aprile 2013, n. 39 (Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico”) in risposta ai quesiti pervenuti sui seguenti temi:

1. limiti temporali alla nomina o alla conferma in incarichi amministrativi di vertice e di amministratori di enti pubblici o di enti di diritto privato in controllo pubblico, ai sensi dell’art. 7, d. lgs. n. 39/2013


2. Rapporto tra le previsioni dell’art. 4 del d. l. n. 95/2012, convertito, con modificazioni, in l. n. 135/2012, e gli artt. 9 e 12 del d. lgs. n. 39/2013


3. Efficacia nel tempo delle norme su inconferibilità e incompatibilità degli incarichi nelle pubbliche amministrazioni e negli enti privati in controllo pubblico di cui al d.lgs. n. 39/2013


Diamo conto sinteticamente, di seguito , di quanto concluso dalla Commissione con le Delibere che proponiamo in lettura.


1. Limiti temporali alla nomina o alla conferma in incarichi amministrativi di vertice e di amministratori di enti pubblici o di enti di diritto privato in controllo pubblico, ai sensi dell’art. 7, d. lgs. n. 39/2013


Il tema: l’effettivo contenuto dell’art. 7, d. lgs. n. 39/2013 nella parte in cui vieta non soltanto il conferimento degli incarichi di amministratore di ente pubblico, o di ente di diritto privato in controllo pubblico, presso un ente diverso, ma anche la conferma nella carica presso il medesimo ente, prima ancora che siano trascorsi due anni dalla cessazione del precedente incarico.


La Commissione, ritiene che l’art. 7 del Dlgs 39/2013 possa essere interpretato nel senso che il divieto operi soltanto per quanto riguarda l'incarico di amministratore presso un diverso ente e non impedisca invece la conferma dell'incarico già ricoperto.


Questi gli argomenti a sostegno:

• A parere della Commissione , quella in esame è una disciplina del potere di nomina e non una disciplina della durata delle cariche negli enti pubblici o privati, la cui ratio consiste nell’evitare che un soggetto usi un proprio potere per ottenere un’altra carica, non nell’escludere che un amministratore meritevole possa essere confermato.

• La volontà del legislatore di non impedire una conferma si può desumere anche dalla previsione del comma 3 dell’art. 7 nella parte in cui precisa che “le inconferibilità non si applicano ai dipendenti della stessa amministrazione, ente pubblico o ente di diritto privato in controllo pubblico” che, all'atto di assunzione della carica politica, erano titolari di incarichi. Anche se riferita solo alle cariche politiche, questa previsione mostra che il legislatore non ha voluto escludere la possibilità di conferma in incarichi precedenti

• La circostanza che il divieto operi per la durata di due anni (o un anno) dalla cessazione della carica (o dell’incarico) può trovare la sua giustificazione nel caso di nomina o di conferimento dell'incarico di presidente o di amministratore delegato presso un diverso ente, ma non nel caso di conferma, perché è evidente che la sostituzione nei detti incarichi alla scadenza del precedente mandato impedirebbe la reiterazione della nomina del presidente, o amministratore delegato, che abbia ben svolto il proprio compito, per un periodo maggiore di quello previsto dalla norma in esame.

• L’art. 7 è inserito parte del capo IV del decreto legislativo, dedicato alla “inconferibilità di incarichi a componenti di organo di indirizzo politico”, e come la stessa previsione si rinvenga anche nel testo della rubrica dell’articolo in esame; la Commissione ritiene che, almeno in prima approssimazione, la previsione, nei commi 1 e 2 dell’articolo, del presidente e dell’amministratore delegato degli enti in controllo pubblico, debba essere interpretata in senso restrittivo, facendo assumere valore al dato meramente letterale e cioè alla previsione del divieto di conferimento e non anche della conferma.a meno di non ritenere che tali soggetti possano essere considerati “componenti di organo politico”,


2. Rapporto tra le previsioni dell’art. 4 del d. l. n. 95/2012, convertito, con modificazioni, in l. n. 135/2012, e gli artt. 9 e 12 del d. lgs. n. 39/2013


Il tema affrontato riguarda il possibile contrasto tra le previsioni dell’art. 4 del d. l. n. 95/2012, convertito, con modificazioni, in l. n. 135/2012, e gli artt. 9 e 12 del d. lgs. n. 39/2013.


Ecco gli argomenti espressi dalla Commissione :

• la Commissione ritiene che le norme in esame non si pongano, comunque, in diretto e integrale contrasto, poiché, nel rapporto tra l’art. 4 del d. l. n. 95/2012 e gli artt. 9 e 12 del d. lgs. n. 39/2013, non si ha piena coincidenza degli enti interessati (è possibile che alcuni degli enti non rientrino nella previsione dell’art. 4);

• Il d.l. n. 95/2012 prevede in generale l’obbligatorietà della nomina nei consigli di amministrazione di “dipendenti” senza specificarne qualifica o funzione, mentre il d. lgs n. 39/2013, con riferimento alle amministrazioni centrali, si occupa esclusivamente di dirigenti – salvo il caso di incarichi di funzione dirigenziale nell’ambito degli uffici di diretta collaborazione (secondo quanto previsto dalle lettere j) e k) del comma 2 dell’art. 1 del d. lgs. n. 39/2013) – e, con riferimento agli enti locali, anche di incarichi dirigenziali affidati al personale non dirigente (ai sensi dell’art. 2, c. 2, d. lgs. n. 39/2013).

• Con riferimento ai soggetti, un parziale contrasto tra le norme in esame può ravvisarsi per quanto riguarda la possibilità di nominare dirigenti in enti di diritto privato in controllo pubblico.

• La configurabilità di un conflitto tra le disposizioni, va affrontata non in termini di abrogazione delle disposizioni del d.l. n. 95/2012 o di loro integrale vigenza in base al richiamato principio di specialità, ma soltanto nel senso che la disciplina sopravvenuta (d. lgs. n. 39/2013) ha delimitato l’ambito soggettivo cui si riferiscono gli obblighi di nomina previsti dall’art. 4 del d.l. n. 95/2012;

• Nel caso dell’art. 4, comma 4, del d.l. n. 95/2012, i due nominandi membri del consiglio di amministrazione possono anche essere dirigenti, purché non investiti della carica di presidente con deleghe gestionali dirette o di amministratore delegato. Tanto ricorre anche in ordine all’art. 4, comma 5, del d.l. n. 95/2012, nel senso che, nel caso di cinque componenti, i tre designandi da parte delle amministrazioni non possono rivestire le summenzionate funzioni.


3. Efficacia nel tempo delle norme su inconferibilità e incompatibilità degli incarichi nelle pubbliche amministrazioni e negli enti privati in controllo pubblico di cui al d.lgs. n. 39/2013
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La questione, affrontata con le argomentazioni che seguono, è la seguente: le disposizioni di cui al Dlgs 39 del 2013, pongono un problema di retroattività e, quindi di violazione del principio tempus regit actum?


Questa, in sintesi, la risposta della Commissione:

• In via preliminare, il problema dell’applicabilità delle disposizioni in esame si pone, comunque, a decorrere dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 39/2013, e non della legge n. 190/2012, stante la chiara formulazione sul punto dei commi 49 e 50 dell’art. 1 di detta legge, che affidano al legislatore delegato l’adozione di uno o più decreti legislativi “diretti a modificare la disciplina vigente.

• La Commissione ritiene che il d.lgs. n. 39/2013 non ponga alcun problema di retroattività e, conseguentemente, di violazione dell’invocato principio tempus regit actum. Le norme del decreto - in particolare, gli artt. da 4 a 8 - non incidono sulla validità del preesistente atto di conferimento degli incarichi, mentre ben può la legge sopravvenuta disciplinare ipotesi di incompatibilità tra incarichi e cariche con il conseguente obbligo di eliminare la situazione divenuta contra legem attraverso apposita procedura.

• Gli incarichi e le cariche presi in esame dalla nuova disciplina sul punto, comportano l’espletamento di funzioni e poteri che si protraggono nel tempo ; trattandosi di un “rapporto di durata”, dunque, il fatto che l’origine dell’incarico si situa in un momento anteriore non può giustificare il perdurare nel tempo di una situazione di contrasto con la norma, seppur sopravvenuta

• La nuova disciplina è di immediata applicazione, essendo in questione non l’applicazione del principio della irretroattività della legge, quanto piuttosto l’eventuale differimento dell’efficacia delle norme sulla incompatibilità, che avrebbe richiesto una possibile ma necessariamente espressa previsione da parte del legislatore.

• la Commissione rileva, inoltre, come già nella legge delega sia prevista l’applicabilità delle disposizioni in tema di incompatibilità anche ad ipotesi di incarichi preesistenti. ( vedi art. 1, comma 50, lett. e), f) della l. n. 190/2012; articoli 9, comma 1, 12, comma 1 e 15, comma 1 del d.lgs. n. 39/2013, che fanno riferimento ai casi di assunzione e mantenimento dell’incarico incompatibile o divenuto tale. Sul piano sistematico – si legge nella Delibera 46/2013 - l’interpretazione ora esposta ben si coordini con la disciplina dell’immediata applicabilità espressamente prevista dall’art. 3 del d.lgs. n. 39/2013 in tema di inconferibilità di incarichi in caso di condanna per reati contro la pubblica amministrazione.

Aldo Scaramuccia

  CIvit, Delibera n.46 del 2013

  CIvit, Delibera n.47 del 2013

  CIvit, Delibera n.48 del 2013