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Briciole di pane

Mafia e attività d'impresa, le turbative della concorrenza

La Cassazione Penale disegna i contenuti del "metodo mafioso" - la Sent. 21 febbraio 2011, n.6462

Roma, 24 febbraio 2011 - In tema di tutela della attività di impresa da atti concorrenziali posti in essere con violenza o minaccia, perché scatti il reato conseguente (articolo 513 bis del Codice penale, introdotto dalla legge Rognoni-La Torre del 1982) non serve che per l'imposizione di un'azienda da parte della criminalità organizzata siano utilizzati effettivamente violenza o minacce per eliminare i concorrenti. Basta il semplice impiego di un metodo mafioso

In cosa consiste, dunque, “il metodo mafioso”?

La condotta tipica consiste nel compimento di atti di concorrenza, caratterizzati da violenza o minaccia, nell'esercizio di attività imprenditoriale nei confronti di altre aziende che operano nel medesimo settore. Sostiene la Corte che «la previsione (di cui all’art. 513 bis) non sanziona, infatti, ogni forma di concorrenza oltre i limiti legali, ma la turbativa arrecata al libero mercato in un clima di intimidazione e con metodi violenti».

L'interesse tutelato consiste, dunque, in primo luogo nel buon funzionamento dell'intero sistema economico che non deve essere compromesso da posizioni di prevalenza conquistate con strumenti illegali.

Le modalità di manifestazione del metodo mafioso sono molteplici: esso ricorre sia quando la violenza è esercitata in maniera diretta contro l'imprenditore concorrente - peraltro senza concretizzarsi nella minaccia aperta e nella violenza fisica- sia quando l'obiettivo è raggiunto in maniera indiretta agendo, con i medesimi metodi, nei confronti di altri operatori.

A tale elemento identificativo della fattispecie si accompagna anche l'assoggettamento sul territorio degli imprenditori al dominio dell'associazione criminale. Sottolinea la Corte che - ove sia ottenuto senza la consumazione di episodi eclatanti di violenza - la libertà economica risulta comunque compromessa.

Conclusivamente, quindi, secondo l’orientamento recentemente espresso dalla pronuncia, l'obiettivo della norma è «di reprimere l'illecita concorrenza attuata con metodi mafiosi che impedisce il libero gioco del mercato. Il legislatore nella lotta contro la mafia ha infatti cercato di adeguare gli strumenti normativi ai differenti modelli operativi delle associazioni criminali che sono capaci di penetrare nelle attività economiche e produttive attraverso forme di intimidazione al fine di ottenerne il controllo e comunque di condizionarne la gestione».