Opere pubbliche, sentenza del Consiglio di Stato sul bando di gara
Consiglio di Stato, Sent. 5282 del 2011
Roma, 23 settembre 2011 - Cosa accade se l’Amministrazione rileva che talune disposizioni del bando risultano inopportunamente o incongruamente formulate? La stazione appaltante, in tale circostanza, può disapplicarle? Il Consiglio di Stato ha risposto negativamente ad entrambi gli interrogativi. Vediamo come.
L’azione dell’amministrazione è gravata da un generale obbligo di certezza, celerità ed imparzialità che possa garantire la parità di condizioni tra tutti i concorrenti. Le regole contenute nella lex specialis di una gara pubblica devono – di conseguenza - considerarsi vincolanti non solo per i partecipanti, ma anche per la stessa Amministrazione appaltante, che non conserva alcun margine di discrezionalità nella loro concreta attuazione, non potendo disapplicarle neppure nel caso in cui talune di esse risultino inopportunamente o incongruamente formulate, salva la sola possibilità di far luogo, nell'esercizio del potere di autotutela, all'annullamento del bando.
In materia di appalti pubblici, quindi, la lex specialis vincola la stazione appaltante anche laddove, successivamente, si riveli incongruamente formulata.
Ne deriva che solo in presenza di una equivoca formulazione della lettera di invito o bando di gara può ammettersi una interpretazione diversa da quella letterale. Non appare dunque prospettabile, sostiene il Collegio, procedere ad una interpretazione delle clausole del bando, diretta ad evidenziare pretesi significati e ad ingenerare incertezze nell'applicazione, con la conseguenza che il significato oggettivo delle espressioni testuali adoperate deve prevalere sull'intenzione soggettiva della stazione appaltante.