Revoca dell'appalto e contratto di lavoro del personale
Licenziamento con onere della prova a carico del datore di lavoro
Roma, 22 novembre 2011 - Il caso: una aggiudicataria di appalto che in corso d’esecuzione si trova di fronte alla necessità di eseguire opere ulteriori non dedotte nell’originario contratto e successivamente risolva il rapporto di lavoro del personale a seguito dell’intervenuta revoca dell’appalto.
In altre parole: ai sensi della L. n. 230 del 1962, art. 1, deve ritenersi straordinaria ed occasionale l'opera di scavi archeologici propedeutici alla costruzione di un'opera pubblica che non era prevista nel contratto di appalto originariamente stipulato ? E conseguentemente, il rapporto di lavoro del personale utilizzato deve considerarsi “ a termine”?
La Corte di Cassazione ha avuto modo, più volte, di affermare, in relazione alle fattispecie alle quali siano applicabili - tenuto conto del periodo lavorativo dedotto in contestazione - la L. n. 230 del 1962, art. 1 comma 2, lett. c, disciplinante i contratti di lavoro a tempo determinato, e la L. n. 56 del 1987, art. 23, - che al contratto di lavoro è apponibile un termine solo quando l'assunzione abbia luogo per l'esecuzione di un'opera o di un servizio definiti e predeterminati nel tempo, aventi carattere straordinario od occasionale - tali dovendosi considerare quelle opere e servizi che, pur potendo consistere in un'attività qualitativamente identica a quella ordinariamente esercitata dall'impresa, ne determinino un incremento particolarmente rilevante, in relazione ad eventi isolati od eccezionali, sì da non poter essere affrontati con la normale struttura organizzativa e produttiva dell'impresa, per quanto efficiente ed adeguatamente programmata - ovvero nelle altre ipotesi individuate dalla contrattazione collettiva.
E ancora: grava sul datore di lavoro l'onere di provare la sussistenza di tali presupposti nel caso concreto, dovendo in difetto applicarsi la sanzione della conversione del rapporto in rapporto di lavoro a tempo indeterminato (Cass., sentenze n. 15683 del 2009, 9163 del 2003).
Tale esigenza deve essere valutata "ex ante", perché è in tale momento che il datore di lavoro può concepire il disegno tendente ad eludere le disposizioni che riguardano il contratto a tempo indeterminato, mentre l'esecuzione del contratto come tale, in quanto adempimento di obblighi ed esercizio di diritti scaturenti dal vincolo originario, è certamente aliena da tale sospetto, essendo valutabile soltanto sotto il profilo della buona fede (Cass., sentenza n. 10687 del 1996). Del pari, l’esigenza di che trattasi (ed i relativi lavori) deve risultare da un contratto d’appalto e non può fondarsi l’accertamento su un documento ad efficacia meramente interna al’impresa (come un ordine di servizio).
Ne segue, prosegue la Corte, che non essendo stato allegato il relativo contratto di appalto cui i lavori andavano riferiti, non risultava il carattere straordinario ed occasionale dei medesimi, anzi il contrario, in considerazione del fatto che i lavori inerivano strettamente al contratto di appalto già stipulato in via generale, tanto da non essere oggetto di apposita distinta regolamentazione contrattuale, ma da essere solo precisato con il verbale di consegna dei lavori e formare oggetto di un unilaterale ordine di servizio.
L’interrogativo proposto diviene, quindi, il seguente: Integra gli estremi di un licenziamento plurimo, per giustificato motivo oggettivo, il licenziamento di lavoratori assunti per l'espletamento di un'opera che, successivamente (a seguito di revoca ) venga affidata ad altra impresa? I lavoratori devono fornire elementi utili ad individuare l'esistenza di realtà idonee ad una loro possibile diversa collocazione?
Afferma la Corte che la prova dell'impossibilità di utilizzazione dei lavoratori medesimi in altre mansioni compatibili in tutti i cantieri nei quali è dislocata l'attività d'impresa può essere fornita attraverso fatti positivi (quali l'ammissione alla procedura l'amministrazione controllata) e fatti negativi (quali la mancanza di nuove assunzioni in qualifiche mansioni equivalenti a quelle dei lavoratori licenziati).
Tuttavia, secondo la giurisprudenza della Corte, in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo determinato da ragioni tecniche, organizzative e produttive, compete al giudice - che non può, invece, sindacare la scelta dei criteri di gestione dell'impresa, espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall'art. 41 Cost. - il controllo in ordine all'effettiva sussistenza del motivo addotto dal datore di lavoro, in ordine al quale il datore di lavoro ha l'onere di provare - anche attraverso fatti positivi, tali da determinare presunzioni semplici (come il fatto che dopo il licenziamento e per un congruo periodo non vi siano state nuove assunzioni nella stessa qualifica del lavoratore licenziato), e mediante elementi presuntivi ed indiziari - l'impossibilità di una differente utilizzazione del lavoratore in mansioni diverse da quelle precedentemente svolte.
Tale prova, tuttavia, non deve essere intesa in modo rigido, dovendosi esigere dallo stesso lavoratore che impugni il licenziamento una collaborazione nell'accertamento di un possibile "repechage", mediante l'allegazione dell'esistenza di altri posti di lavoro nei quali egli poteva essere utilmente ricollocato, e conseguendo a tale allegazione l'onere del datore di lavoro di provare la non utilizzabilita nei posti predetti (Cass., sentenza n. 3040 del 2011, n. 7381 del 2010).
Tentiamo, dunque, una sintesi.
1. Al contratto di lavoro risulta apponibile un termine unicamente quando l’assunzione ha luogo per l’esecuzione di un’opera o di un servizio “definiti e predeterminati nel tempo”, con “carattere straordinario od occasionale”, in particolare opere e servizi che, pur potendo risultare in un’attività identica a quella di norma esercitata dall’impresa, ne determinino un incremento rilevante, in relazione ad eventi eccezionali, che non possono essere affrontati attraverso l’ordinaria struttura dell’impresa. E’ posto a carico del datore l’onere di provare siffatti presupposti, altrimenti il rapporto si converte in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
2. L’ultimazione delle opere per le quali sia stato assunto a termine del personale non integra gli estremi di un giustificato motivo di licenziamento individuale. 3. La prova dell’impossibilità di utilizzare gli operai in ulteriori mansioni, per la tesi difensiva della società ricorrente, andava dedotta sia da fatti positivi, come l’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria e l’intervento della cassa integrazione, sia negativi, come la mancanza di nuove assunzioni.