Spagna: chi più l'utilizza, più paga
La frenata degli investimenti nella rete stradale impone la creazione di nuovi pedaggi
Madrid, 23 dicembre 2011 - Quando programmiamo un viaggio su strada teniamo magari conto solo del combustibile, evitando, se esistono, le strade a pedaggio. Ciò non significa però che le superstrade su cui circoliamo siano gratuite. Le paghiamo già con le imposte. Nell’attuale contesto di crisi economica e con i tagli più che prevedibili, il budget per la costruzione, il miglioramento e la manutenzione della rete stradale può subire però drastici tagli. O essere quasi inesistente, come avvertono alcune imprese concessionarie di opere stradali, che assicurano che nel 2011 gli investimenti si sono ridotti all’osso. Dai 5.114 milioni di euro che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha destinato alla rete stradale nei bilanci del 2010, quest’anno i fondi stanziati sono diminuiti toccando quota 2.529 milioni. La sostenibilità delle strade “dipenderà dal canone di utilizzo” ha avvisato giorni fa il vicedirettore di Tráfico (Motorizzazione spagnola), Federico Fernández, risollevando un tema oggetto di dibattito di cui gli esperti discutono “da tempo”.
E’ giusto che tutti i cittadini paghino per utilizzare le infrastrutture versando le imposte? O sarebbe più equo che soltanto gli utenti delle infrastrutture sostengano i costi per la loro costruzione e manutenzione? Una maggiore spesa pubblica in infrastrutture comporta, inevitabilmente, la diminuzione delle risorse per altri fini. I conducenti, per il momento, non sembrano però disposti a pagare di più per poter beneficiare di una buona rete stradale.
Basta prendere l’esempio del Portogallo. Il provvedimento del Governo del conservatore Pedro Pasos Coelho di introdurre il pedaggio in quattro autostrade, di cui tre al confine con la Spagna, ha scatenato le proteste di portoghesi e spagnoli. La tensione ha toccato il culmine all’alba di lunedì scorso, quando i dimostranti hanno sparato contro una delle colonnine metalliche di lettura delle tessere magnetiche del casello. L’introduzione del canone ha inoltre fatto aumentare il numero di viaggiatori che passano per i paesi di Huelva, raggiungibili senza passare dal casello, stando alle associazioni imprenditoriali della zona; ed è triplicato il traffico nella strada alternativa, la Nazionale 125, nota in Portogallo come la strada della morte.
Con l’attuale crisi economica “il finanziamento delle strade a più corsie mediante imposte non è più sostenibile”, ha dichiarato l’Asociación de Sociedades Españolas Concesionarias de Autopistas, Túneles, Puentes y Vías de Peaje (ASETA, Associazione di Società Spagnole Concessionarie di Autostrade, Gallerie, Ponti e Strade a pedaggio) che, come alternativa, suggerisce l’intervento del settore privato. Il canone di utilizzo “consente di investire nella rete stradale senza ridurre i fondi pubblici” sostiene.
In Spagna la maggior parte delle strade sono senza pedaggio. Dei 15.000 chilometri di strade a più corsie, sono a pedaggio poco più di 2.000 chilometri – dove per circolare il cittadino dovrà pagare da gennaio una maggiorazione del 3,2%. Esistono 150.000 chilometri di strade ordinarie, gestite tra Stato (15%), comunità autonome (40%), comuni e giunte municipali (45%), dove può transitare qualsiasi veicolo senza dover pagare alcun pedaggio. “La Spagna ha il record di chilometri di autostrade e superstrade in Europa, e al mondo è superata soltanto da Stati Uniti e Cina” spiega Paco Segura, portavoce dell’associazione Ecologistas en Acción. Segura qualifica questo record come una “pazzia da nuovi ricchi”. “Si costruiscono superstrade in tratti dove non è necessario il raddoppio della carreggiata, perché non vi circolano più di 2.000 veicoli al giorno, mentre i manuali lo consigliano a partire dai 15.000 o 20.000 veicoli al giorno” spiega il portavoce. Le imprese che si occupano di manutenzione stradale vedono il bicchiere mezzo vuoto.
“Negli ultimi 20 anni si è registrato un sensibile incremento della rete stradale, seguito da un’improvvisa stagnazione”, sono le parole critiche di Jacobo Díaz Pineda, direttore generale dell’Asociación Española de la Carretera (Associazione spagnola della rete stradale - AEC). “Il problema è che si è presa la decisione strategica di cambiare la modalità di trasporto, puntando sul settore ferroviario e la rete aeroportuale, settori che hanno ricevuto cospicue somme di denaro, pur avendo una redditività molto discussa”, sostiene Pineda. “Non si possono collegare tutti i capoluoghi di provincia con il treno ad alta velocità”, protesta il direttore dell’AEC, che si rammarica che la circolazione su strada “che trasporta il 95% dei passeggeri e l’85% delle merci nel paese giocherà in seconda divisione”.
Le strade però, sia che siano troppe o insufficienti, richiedono investimenti dopo la loro costruzione. Dall’inizio della crisi economica “ogni anno diminuiscono i fondi destinati alla conservazione e il miglioramento della rete stradale”, osserva l’Asociación Española de la Carretera. Lo conferma anche Juan Manuel Álvarez, presidente dell’Asociación Española de Fabricantes de Sistemas Métalicos de Protección Vial (Simeprovi – Associazione spagnola di fabbricanti di sistemi metallici di protezione stradale), che sottolinea gli effetti deleteri della frenata degli investimenti sulla sicurezza. “Se non costruiamo una strada, logicamente non la proteggiamo perché non l’abbiamo, e le comunicazioni del paese ne possono risentire, ma è ancor più grave quando non sostituiamo, rinnoviamo o ripariamo le strade obsolete che abbiamo”.
Se il blocco degli investimenti può rappresentare un risparmio momentaneo per le casse dello Stato, costituisce però un danno maggiore per il futuro. Oltre ai pericoli per la sicurezza stradale “la caduta degli investimenti in opere stradali provocherà una perdita significativa del valore patrimoniale”, stando all’AEC. Secondo i calcoli dell’associazione, “ogni euro non investito oggi in manutenzione si trasforma in cinque euro che dovranno essere destinati alla nuova realizzazione della massicciata a breve termine, e in 25 euro che saranno necessari per le future ricostruzioni”. Il deficit della voce conservazione stradale accumulato fino al 2010 nelle reti statali, delle comunità autonome e provinciali ammonta a 7.250 milioni di euro, stando sempre ai calcoli dell’AEC.
La Dirección General de Tráfico (DGT – Direzione Generale della Motorizzazione) prende le distanze dal dibattito sul canone di utilizzo. “Non esiste e non è stato mai condotto alcuno studio al riguardo, anche perché noi non costruiamo strade e non è un nostro problema”, assicura categoricamente l’attuale direttore dell’istituzione, Pere Navarro, che dissocia Tráfico (la Motorizzazione) dalle affermazioni del suo vicedirettore, Federico Fernández, sull’introduzione del canone di utilizzo. “Le sue opinioni sono comunque a titolo personale”, afferma. Quelli che protestano, eccome, di fronte alla possibilità che si adotti la misura sono gli automobilisti. “È ingiusta, paghiamo già 20 tipi di imposte” protestano. “È come far resuscitare il diritto di pedaggio del medioevo”, protesta Automovilistas Europeos Asociados (Automobilisti Europei Associati), che qualifica la proposta del pedaggio come “un fallimento dello Stato di diritto”. “Esistono altre alternative”, propongono dal Real Automóvil Club de España (il corrispettivo dell’ACI in Spagna).
Una migliore gestione delle risorse e della mobilità, con il potenziamento dei trasporti pubblici e perfino lo sviluppo del telelavoro potrebbero ridurre l’uso dei veicoli. Gli ecologisti ritengono però “ragionevole che paghino le strade coloro che le utilizzano” perché il 30% delle famiglie spagnole non possiede un’auto. “L’idea che l’auto sia il mezzo di trasporto per eccellenza è una falsità diffusa dall’industria automobilistica”, sono le parole critiche di Segura, di Ecologista en Acción. E nemmeno le associazioni di consumatori sono contrarie. “Non è un’idea strampalata”, assicura il portavoce di Consumidores en Acción (Facua). “Riteniamo che sarebbe una formula secondo cui chi utilizza di più le strade le paga di più”. Tuttavia, secondo Facua, esistono due problemi. Il primo è che deve essere una misura “frutto del consenso” e a oggi non si è avuto un dibattito adeguato, e il secondo è che il pagamento del pedaggio “è sproporzionatamente superiore agli investimenti finali nella rete stradale”.
L’Asociación Española de la Carretera propone la creazione del buono di mobilità come alternativa al pedaggio. Questa soluzione prevede la circolazione libera e gratuita di tutti i veicoli privati sull’intera rete stradale spagnola per i primi 15.000 chilometri percorsi in un anno, o 100.000 per il trasporto professionale di merci. Superati questi livelli, si pagherà una quota in funzione di criteri prestabiliti. “Che il limite di gratuità sia di 15.000, 10.000 o 25.000 chilometri è una decisione che spetta all’Amministrazione”, è quanto ritiene il direttore generale di questo organismo, Jacobo Díaz. Tecnologicamente è realizzabile. Basterebbe installare un terminale su tutti i veicoli. Una misura che non presenterebbe problemi, secondo Díaz, “perché le imprese spagnole stanno già installando questi sistemi in tutto il mondo”. Uno dei benefici del canone di utilizzo, secondo l’AEC, è che servirà a regolare la mobilità, se si garantisce, ad esempio, la gratuità agli autocarri di notte o si impongono costi più elevati per l’accesso alle città, come avviene già a Londra e Stoccolma. Secondo l’associazione, le condizioni indispensabili affinché questo modello funzioni efficacemente sono due: che tutti gli introiti siano destinati al miglioramento della rete stradale e che sia applicato a tutte le strade e tutti i veicoli.
“La prima cosa che vogliamo evitare è che vi siano strade a pagamento e altre gratuite, perché in questo caso si ha un travaso immediato della circolazione verso le strade ordinarie, che presentano standard di sicurezza inferiori”, spiega Jacobo Díaz. Ecologisti e consumatori disapprovano però queste “condizioni indispensabili”.
Secondo Ecologistas en Acción, i fondi raccolti con il canone di utilizzo “non andrebbero utilizzati per la costruzione di più strade, bensì per puntare su un altro tipo di mobilità, ad esempio i trasporti pubblici, o per evitare altri tipi di tagli”. Le associazioni di consumatori appoggiano gli investimenti nella rete stradale ma ritengono che si debbano offrire sempre vie alternative. In ultima istanza, l’introduzione o meno del canone di utilizzo è una decisione politica. Il Governo di Zapatero si è rifiutato di creare l’Eurobollo, una tassa volontaria approvata dal Parlamento Europeo a giugno prevista per i veicoli di oltre 3,5 tonnellate.
Il PP (Partito Popolare), per il momento, non si è pronunciato. “Il canone di utilizzo delle strade è una decisione politicamente molto dura da prendere ed estremamente difficile da spiegare”, ammette il direttore generale dell’Asociación Española de la Carretera. Secondo Díaz Pineda “il Governo uscente, che non l’ha implementato, ritiene che sia ora un dibattito da affrontare, mentre il futuro Governo, che anni fa non era contrario, ora dice che non si può toccare”. Díaz crede che sia il momento di affrontare la questione. Nel frattempo, PP e PSOE (Partito Socialista) polemizzano su come agire dopo l’introduzione del pedaggio sull’autostrada dell’Algarve, che provoca, secondo i socialisti “gravi danni all’economia e al turismo in Andalusia”.