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Briciole di pane

La strada degli scrittori: Rosario Livatino

La SS640 non è solo la strada di scrittori importanti della nostra letteratura, ma anche luogo di legalità, in ricordo di chi su quel tracciato ha perso la vita a causa della mafia

Rosario Angelo Livatino, per il grande pubblico, ha il volto bello, giovane e pulito di Giulio Scarpati, che gli diede corpo e voce nel film del 1994 di Alessandro Di Robilant Il giudice ragazzino, incentrato proprio su di lui, come il libro di due anni prima di Nando Dalla Chiesa, altra persona che purtroppo sa assai bene cosa significhi mettersi contro la criminalità organizzata, e perdere qualcuno che si ama solo perché quel qualcuno è un uomo perbene. La pellicola, con Sabrina Ferilli, Leopoldo Trieste, Regina Bianchi, Renato Carpentieri, Ileana Rigano, Marcello Perracchio, Roberto Nobile, Paolo De Vita, Turi Scalia, Ninni Bruschetta, Salvatore Puntillo e Giacinto Ferro, prende il titolo da un epiteto utilizzato dal picconatore per eccellenza, ossia Francesco Cossiga, che usò l’espressione, francamente rischiosa perché interpretabile come insultante e delegittimatoria, all’indirizzo di magistrati inesperti nella lotta contro la mafia. Lo storico esponente democristiano, cugino del comunista Berlinguer, più volte insignito delle maggiori cariche dello stato – su tutte la presidenza della repubblica, tra il 1985 e il 1992 –, ha però negato che quell’espressione fosse rivolta a colui che invece ha definito un eroe e un santo, un esempio anche per papa Giovanni Paolo II, un uomo per cui è stata avviata una causa di beatificazione, un martire della giustizia di cui ancora oggi i criminali insultano il ricordo, che si sviluppa in mille targhe viarie e monumenti (è notizia recente del danneggiamento di una stele a lui dedicata) un po’ dappertutto, e di cui – è notizia di queste ore – è scomparsa la prima biografa, la professoressa Ida Abate.

Ricordo, si diceva: è parola importante la memoria, perché chi dimentica è destinato a rivivere, e la storia è per antonomasia invece una maestra, ma le maestre devono essere ascoltate, le loro parole vanno divulgate, i loro esempi tradotti in pratica, altrimenti niente ha senso. Rosario Livatino è stato ucciso a trentotto anni ancora da compiere il 21 settembre del 1990 sulla SS 640 “La strada degli scrittori”, dove gli è stato poi intitolato un viadotto, mentre si recava, senza scorta, in tribunale, da quattro sicari della Stidda agrigentina, cosca rivale di Cosa nostra. Era a bordo della sua vecchia Fiesta amaranto quando venne speronato dall'auto degli assassini. Tentò una fuga disperata a piedi attraverso i campi ma, ferito, fu in breve raggiunto e crivellato di colpi di pistola. Gli esecutori furono individuati grazie alla testimonianza di Pietro Nava, un uomo perbene, un agente di commercio, che passava di lì e fu testimone oculare. Un uomo onesto, che ha fatto una cosa che riteneva giusta e normale. E che per questo da allora ha perso tutto. Il lavoro. Gli affetti. Vive isolato. È stato costretto a emigrare. A cambiare residenza. Anche su di lui è stato fatto un film, quello che ha fatto vincere il David di Donatello a Fabrizio Bentivoglio, Testimone a rischio. La storia di un eroe. Un altro. L’ennesimo. In un paese che ama ricordarli ma che non riesce a proteggerli. E che un giorno, si spera, non ne avrà più bisogno. Perché vorrà dire che la mafia non esisterà più.

Erminio Fischetti

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