Riforma del Codice della Strada, un percorso a ostacoli
L'incognita della copertura finanziaria delle nuove norme

Roma, 23 marzo 2015 - Il cammino che dovrebbe portare alla redazione di un nuovo Codice della Strada pare essere più accidentato del previsto. Il disegno di legge di “delega al Governo per la riforma del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285”, approvato dalla Camera nell’ottobre scorso, è ora all’esame di Palazzo Madama, assegnato alla Commissione Lavori Pubblici e Comunicazioni.
In sede consultiva, ha già ricevuto (il 26 febbraio) un parziale parere contrario da parte della Commissione Bilancio. Questo, per la mancanza di copertura finanziaria in diversi punti caratterizzanti l’impianto del futuro Codice.
Per esempio: la “revisione e rafforzamento delle misure finalizzate allo sviluppo della mobilità sostenibile e al miglioramento della sicurezza stradale in ambito urbano, con particolare riferimento all'utenza vulnerabile, quali bambini, disabili, anziani, pedoni, ciclisti, utilizzatori di ciclomotore e motociclo e tutti coloro che meritino una tutela particolare dai pericoli derivanti dalla circolazione sulla strada”; “l’aggiornamento e ammodernamento delle disposizioni concernenti la progettazione dello spazio stradale e della segnaletica”; la “creazione di una banca di dati unica relativa alle infrazioni stradali, condivisa da tutti gli organi che svolgono compiti di polizia stradale”; o, ancora, “l’introduzione di disposizioni volte a favorire la più ampia accessibilità e fruibilità attraverso strumenti telematici dei dati relativi ai veicoli, ai titoli abilitativi alla guida, alle infrazioni stradali, all'incidentalità”.
Il prosieguo dei lavori parlamentari ci dirà se si è trattato di un semplice inconveniente di percorso o di un più grave stop. Peraltro, sui siti specializzati, la vicenda ha già suscitato commenti non privi di una certa profondità analitica. Ha senso, in un’operazione di riforma del genere, considerare solo il costo immediato per le casse pubbliche? Se è vero, come è vero, che molte di quelle misure sono pensate per ridurre l’incidentalità (nonché migliorare la qualità della circolazione stradale), non converrebbe guardare pure al costo sociale, suscettibile di riduzione, di 3.500 morti e 250.000 feriti all’anno? E a quello derivante da congestione e traffico, umanamente meno importante ma economicamente decisivo?
È il solito dilemma tra l’onere immediato e il beneficio di lungo periodo. Un dilemma che si presenta, con tutta la sua forza, nelle materie realmente decisive per le società contemporanee: ambiente, istruzione, tecnologia. E, naturalmente: la mobilità.