"La creazione di adeguate discipline legislative costituirà un presupposto fondamentale per la sostenibilità ambientale"
Intervista a Guido Calabresi, professore emerito della Law School della Yale University, Senior Judge della U.S. Court of Appeals for the Second Circuit ed Enrico Al Mureden, professore ordinario di Diritto civile nell’Università di Bologna
Professor Calabresi e Professor Al Mureden, il vostro interessante libro, recentemente pubblicato per Il Mulino, si intitola “Driverless car. Intelligenza artificiale e futuro della mobilità”. Come si combina l’incontro fra le driverless cars con la quotidianità della mobilità?
Nello scenario presente pensare di coniugare la mobilità quotidiana con quella dominata dalle driverless cars potrebbe apparire fantascientifico e utopistico. Eppure, volgendo lo sguardo al recente passato e tornando solamente all'inizio degli anni ‘90, poteva apparire ugualmente fantascientifico e utopistico ciò che oggi è divenuto scontato. Nell’ambito delle comunicazioni e della telefonia si è realizzata un'autentica rivoluzione che, in modo repentino e pervasivo, ha modificato abitudini radicate trasformando ogni frangente della vita personale e lavorativa di milioni di persone e travolgendo i riti di una quotidianità immobile da decenni. Oggi, esattamente come accadde trent'anni orsono per le telecomunicazioni, la mobilità si trova alla vigilia di un’epocale rivoluzione che in un lasso di tempo verosimilmente breve condurrà a modificazioni profonde di abitudini e stili di vita concepiti in funzione di un paradigma di mobilità tradizionale consolidato da oltre un secolo.
Nel libro scrivete che all’inizio del Novecento l’automobile costituì un volano “capace di imprimere all’economia una spinta significativa che assunse un’intensità crescente dall’inizio del Novecento fino alla fine degli anni Venti” attraverso lo sviluppo di vari comparti del settore industriale, come ad esempio quello della gomma, del petrolifero, del manifatturiero e, non ultimo, dei servizi. Pensate che nei prossimi anni questo possa ripetersi nel passaggio dal motore a combustione a quello elettrico e in che modo?
Secondo le previsioni maggiormente accreditate, formulate nel contesto dell'Unione Europea e in quello statunitense, la transizione verso un nuovo modello di mobilità costituisce un'opportunità capace di generare una significativa crescita economica. Come tutte le disruptive technologies, tuttavia, essa porterà con sé mutamenti profondi e repentini nell’ambito dei quali si profila il rischio di uno sviluppo non sempre armonico ed equilibrato. Proprio questa prospettiva induce a delineare soluzioni capaci di garantire una sostenibilità della crescita economica e quindi di coniugarla con l’esigenza di tutelare anche le posizioni di coloro che, nel contesto di un complessivo progresso, finirebbero per subire un pregiudizio. Come viene efficacemente sottolineato nella Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile, occorre che nella corsa verso il progresso “nessuno sia lasciato indietro”.
Come scrivete, la diffusione delle auto portò alla metà del Novecento alla formazione più massiccia dei quartieri suburbani e di conseguenza a un cambiamento socio-culturale e di stili di vita. Quali cambiamenti pensate accadranno con l’automazione e come influiranno sulla società civile?
La razionalizzazione dei flussi della circolazione attraverso un sistema di guida automatizzata, connessa e predittiva costituisce una variabile capace di indurre epocali trasformazioni sotto il profilo dell’impatto sul territorio e sulla struttura dei centri urbani. Soffermando l’attenzione sull’attuale situazione nella quale versano i centri storici della maggior parte delle grandi città europee sembra possibile preconizzare l’edificazione di parcheggi distanti dalle aree più risalenti delle città ed una sorta di «liberazione» di queste dalla presenza fissa di veicoli non utilizzati. Le strutture delle città più antiche, risalenti a un’epoca precedente all’introduzione dell’automobile, dopo aver attraversato un secolo di crescente «sofferenza» determinata da una presenza sempre più congestionata di traffico, emissioni inquinati e mezzi in sosta, potranno vivere un’epoca nella quale sarà possibile coniugare il beneficio di un traffico veicolare intenso, fondamentale per il trasporto delle persone e delle merci, ed un considerevole alleggerimento della pressione determinata dalla massiva presenza di veicoli inutilizzati e posteggiati entro spazi angusti. In altri termini, pertanto, il limitato impatto ambientale determinato dal passaggio alla trazione elettrica e la maggiore fluidità̀ dovuta alla sempre minore necessità di stazionamento dei veicoli durante i momenti nei quali non saranno utilizzati renderà̀ il traffico delle città al tempo stesso più̀ intenso, silenzioso e rispettoso dell’ambiente, conducendo a una rivitalizzazione dei centri storici. Il venir meno dell’esigenza di occupare gran parte delle strade per la sosta dei veicoli, inoltre, libererà̀ un considerevole spazio che condurrà̀ verosimilmente a riprogettare uno scenario urbano sempre più̀ ricco di aiuole, filari di alberi ad ampie aree verdi adibite a parchi.
Negli ultimi mesi si parla moltissimo del rincaro delle materie prime e quindi sorge spontaneo chiedersi come questa problematica influirà nell’asse economico e come si potrà porvi rimedio in tempi utili da non danneggiare un cambiamento tanto atteso, che per gli ambientalisti è già fortemente in ritardo.
Il problema del rincaro delle materie prime può costituire senz’altro un fattore di ostacolo nel processo di transizione verso un sistema fondato sull’auto driverless e connessa. D’altro canto questo fenomeno conferma l’esigenza indifferibile di procedere verso un nuovo modello di mobilità fortemente connotato dall’attenzione verso il valore della sostenibilità ambientale. Sotto quest’ultimo profilo occorre sottolineare che l’obiettivo di una mobilità sostenibile e di una limitazione del suo impatto ambientale non presuppone soltanto la creazione di automobili con un livello di emissioni basso o nullo, ma abbraccia una dimensione ben più ampia. Occorre, in altre parole, garantire che ogni processo produttivo ed ogni componente rispettino il canone della sostenibilità assurto al rango di valore fondamentale all’interno dell’intera filiera che partendo dagli original equipment manufacturer giunge sino al prodotto finito.
Un fattore molto importante è quello della responsabilità civile e penale. Come cambierà la normativa e quale sarebbe secondo voi la via giusta da seguire?
In un sistema nel quale le operazioni di guida sono affidate all’automobile la responsabilità penale e la responsabilità civile per dolo o colpa grave potranno conservare una rilevanza per tutte quelle condotte umane riconducibili ad abusi commessi volontariamente o comunque con la consapevolezza di violare elementari regole di diligenza e di prudenza. In altre parole sarà fondamentale reprimere ogni condotta che, attraverso un utilizzo inappropriato del veicolo, possa provocare danni. Per tutta la restante parte di incidenti - che avverranno in presenza di condotte caratterizzate da una colpa lieve o addirittura dipenderanno da sfortunate fatalità - la responsabilità della persona dovrebbe conservare un ambito di rilevanza estremamente limitato e tendere a lasciare spazio ad una responsabilità focalizzata sul difetto del prodotto. Occorre considerare, da ultimo, che l’esperienza recente ha mostrato anche una prospettiva più complessa che emerge nella considerevole percentuale di danni scaturenti da prodotti non difettosi, ma che, comunque, conservano un certo margine di rischio. Sotto questo profilo il legislatore sarà chiamato ad elaborare soluzioni equilibrate al fine di regolare adeguatamente la responsabilità del fabbricante per il danno causato da un prodotto conforme agli standard legislativi di sicurezza.
Come si dovrà rimodulare il rapporto tra responsabilità del conducente e responsabilità del produttore?
La previsione che attualmente governa la responsabilità civile per gli incidenti cagionati da veicoli contempla già l’ipotesi di un sinistro provocato da un difetto del prodotto e prevede, a tale riguardo, una responsabilità oggettiva del proprietario del veicolo (art. 2054, comma 4, c.c.). Questa norma, pertanto, potrebbe conservare un ruolo significativo anche in un contesto caratterizzato dall’avvento di veicoli diriverless. Le previsioni maggiormente accreditate, tuttavia, delineano uno scenario nel quale - in un sistema in cui i compiti assolti dal conducente saranno trasferiti al veicolo driverless - appare inevitabile uno spostamento del baricentro della responsabilità dal proprietario o utilizzatore al produttore. Quest’ultima opzione, tuttavia, non appare pienamente soddisfacente in quanto pone il problema di individuare regole che non gravino eccessivamente il produttore e non si tramutino in un disincentivo allo sviluppo di una tecnologia che, nel suo complesso, appare destinata a portare significativi benefici in termini di riduzione degli incidenti, minore impatto ambientale e attuazione di un modello di sviluppo sostenibile.
Cosa si intende per Market Enterprise Responsibility e che rilievo avrà per i costi in termini umani ed economici degli incidenti stradali e nell’ottica della mobilità del futuro?
L’espressione Market Enterprise Responsibility designa una teoria giuridico-economica che auspica un radicale mutamento di approccio al tema dell’allocazione dei costi derivanti dall’infortunistica stradale. In un sistema che grazie all’implementazione della mobilità automatizzata e connessa vedrà una complessiva riduzione degli incidenti nella misura del 90%, può apparire auspicabile abbandonare l’approccio classico del risarcimento del danno ed optare per un sistema di socializzazione dei costi. I produttori di veicoli sarebbero chiamati, così, a dare vita ad un fondo monetario creando una riserva economica alla quale sarebbe possibile attingere per erogare a favore delle vittime degli incidenti quanto necessario a compensare il danno subito. L’entità del contributo dovuto da ciascun produttore al fine di alimentare le risorse destinate a compensare le vittime dovrebbe essere determinata combinando il parametro delle quote di mercato con quello del “coefficiente di sicurezza” dei veicoli commercializzati. Proprio quest’ultimo criterio costituirebbe un efficace incentivo a produrre e commercializzare auto caratterizzate da elevate capacità di evitare gli incidenti (sicurezza attiva) e di mitigarne le conseguenze (sicurezza passiva). Si tratta, invero, di un radicale mutamento di prospettiva rispetto al sistema attuale, tradizionalmente fondato sulla responsabilità civile del conducente chiamato a risarcire il danno provocato in un incidente. Questo radicale mutamento di prospettiva, in realtà, appare particolarmente congeniale allo scenario che si delineerà nel momento in cui l'implementazione delle auto driverless condurrà, da una parte, ad una drastica riduzione degli incidenti, ma necessiterà, dall'altra, di strumenti e regole capaci di far percepire alle persone il complessivo innalzamento della sicurezza e conquistare la loro fiducia.
La tecnologia e l’automazione da un lato semplificano la vita, ma dall’altro aumentano la complessità dell’aspetto legislativo e delle responsabilità. Come possiamo fare i conti con questi aspetti che non possono essere ignorati?
L’avvento di un sistema di mobilità fondato sull’auto driverless e connessa impone una seria considerazione dei profili legati all’accettazione della nuova tecnologia e alla conquista della fiducia da parte del pubblico e in particolare dei consumatori. Il bias status quo - ossia la propensione ad osservare con un atteggiamento di sfiducia la novità per rifugiarsi nella sicurezza di tutto ciò che è noto e consolidato -rappresenta forse una delle sfide più complesse poste a tutti i players della mobilità. A questo fine sembra auspicabile l’adozione di un approccio interdisciplinare e olistico nel quale tutti coloro che concorrono all’edificazione del nuovo sistema di mobilità sono chiamati ad accompagnare questa epocale transizione con un adeguato percorso di formazione culturale che consenta a chiunque, e soprattutto agli utenti, di percepire i significativi benefici che il nuovo modello di mobilità porterà in termini di sicurezza, efficienza e sostenibilità ambientale. La creazione di adeguate discipline legislative costituirà un presupposto fondamentale, che tuttavia, per esprimere appieno il suo potenziale, necessiterà di una diffusa accettazione sociale e pertanto dovrà necessariamente essere accompagnato da un efficace apparato di informazione dei destinatari delle norme.
La tecnologia e le esigenze economiche hanno portato a un aumento degli spostamenti, ma con la pandemia siamo tornati a una maggiore “mobilità di prossimità”. Secondo voi, esiste un compromesso e il legislatore come può lavorare per trovarlo?
L’inattesa emergenza pandemica ha evidenziato significative fragilità nel sistema dei trasporti e della logistica. Sotto questo profilo il raffronto tra lo sviluppo conseguito nel contesto delle telecomunicazioni e quello raggiunto nel trasporto ha posto in rilievo una lacuna di efficienza e l’esigenza di accelerare la corsa verso il nuovo modello di mobilità. Durante la crisi sanitaria, infatti, lo sviluppo delle tecnologie basate sull’utilizzo della rete ha consentito lo svolgimento di molteplici attività tradizionalmente effettuate in presenza con altrettanto efficienti modalità di svolgimento online. Non può dirsi altrettanto per quanto concerne la mobilità che, fondandosi sul paradigma tradizionale, ha scontato plurime criticità dal sovraffollamento dei mezzi pubblici, ai rallentamenti della logistica necessariamente dipendente dalla presenza di conducenti. L’implementazione di veicoli driverless avrebbe consentito di continuare ad erogare una molteplicità di servizi; la razionalizzazione dei flussi di traffico, inoltre, avrebbe in larga misura risolto il problema del sovraffollamento mezzi di trasporto pubblici. In definitiva la presenza di un sistema di mobilità connessa ed automatizzata già sviluppato ed operante avrebbe potuto costituire un elemento capace di alleviare le più aspre criticità conseguenti alla crisi sanitaria. Anche per questa ragione la celere transizione verso l’implementazione di una mobilità connessa ed automatizzata appare auspicabile.