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Briciole di pane

Analisi Cdp: serve un piano per i porti

Il primo quaderno "Studio di settore" della Cassa depositi e prestiti

Roma, 13 giugno 2012 - Come per gli aeroporti, i porti italiani avrebbero bisogno di un piano e di una politica nazionali capaci di creare un'architettura di sistema tra grandi e piccoli, selezionare le opere davvero prioritarie in base al solo criterio della capacità di soddisfare domanda esistente, razionalizzare l'offerta attuale e futura frammentaria e fuori mercato, puntare su uno sviluppo integrato con gli operatori dei servizi (di banchina) e infrastrutturali (ferrovie e strade). Solo in questo modo si potrà evitare che le perdite di posizione dei porti italiani nel ranking europeo e mediterraneo, registrate dal 2005 a oggi, si traducano, nel giro di qualche anno, in una definitiva marginalizzazione del nostro sistema portuale, schiacciato fra la maggiore efficienza del Northern Range e l'emergere nel Mediterraneo di scali capaci di abbattere in modo consistente i costi operativi. Nel solo transhipment, dove l'Italia poteva contare nel Mediterraneo sulla primogenitura di Gioia Tauro, la quota di traffico degli scali italiani è passata dal 26,3% del 2006 al 20,4% del 2010. A lanciare l'allarme sulla «perdita di competitività» del sistema portuale italiano - mettendo in fila i numeri della fotografia esistente ma anche indicando le linee di una possibile policy come Presupposto per il rilancio è il centro studi della Cassa deposi e prestiti che dedica il primo quaderno della nuova serie «Studio di settore» a «Porti e logististica ( (curato da Simona Camera e Maria Elena Perretti).

L'obiettivo della nuova collana è queste le raccomandazioni dello «guardare lungo», senza restare insensibili all'attualità, segnalando anche alla strutture operative temi e opportunità emergenti. Studi che non serviranno a finanziare questo o quel progetto, ma certamente hanno l'ambizione di spostare l'attenzione della Cassa su iniziative e settori finora poco battuti. Un compito forse realistico in una stagione in cui la Cdp cerca di nuove «vision» e di nuovi strumenti di partecipazione o finanziamento a progetti.

Il punto di vista di partenza che lo studio assume per mettere a fuoco la questione è la somma delle previsioni di investimento dei piani operativi delle principali Autorità portuali. «È stato possibile stimare - dice il rapporto - una capacità di movimentazione dei terminal container, in Italia, addizionale rispetto all'attuale, nell'ordine degli 11 milioni di Teu in un Paese che oggi, avendo ancora capacità residua, movimenta meno di 10 milioni di Teu». Segue la stroncatura: «Si tratta di un aumento di volumi difficilmente giustificabile negli scenari macroeconomici e industriali oggi delineabili».
Diventa centrale, quindi, la selezione dei progetti che devono essere sempre «rilevanti dal punto di vista industriale e sostenibili dal punto di vista finanziario». Guardare ossessivamente alla domanda e «agire come sistema»: queste le raccomandazioni dello studio che pone anche i temi della specializzazione territoriale e dell'integrazione verticale. La banchina (e forse anche la bandiera di campanile) deve essere considerata «anello di una catena logistica ben più lunga», con il coinvolgimento di tutti gli attori, dall'amministrazione alla shipping company agli operatori delle infrastrutture e del trasporto.


Bisognerebbe guardare – sembra il suggerimento - non solo ai grandi progetti, ma anche a quegli interventi che, con l'uso di tecnologie e di strumenti soft, siano in grado di risolverei «colli di bottiglia». Più tradizionale - e più difficile - la politica dell'integrazione con la ferrovia che, come nota lo stesso rapporto, oggi in moltissimi casi non ha le convenienze economiche a partecipare al gioco. Resta il tema del ricorso ai capitali privati. Lo studio considera «rilevante» il riconoscimento dell'extra gettito Iva alle società di progetto, soprattutto per il Ro-Ro, ma rinvia una valutazione definitiva all'emanazione dei regolamenti attuativi e a un confronto capace di responsabilizzare gli operatori coinvolti.

Giorgio SanitilIi - Il Sole 24 Ore

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