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Briciole di pane

Confindustria: recessione, credit crunch e bassa redditività soffocano l'industria italiana

Presentato il Rapporto "Scenari industriali" del CSC. Il presidente Squinzi: ben vengano i project bond per le infrastrutture

Roma, 6 giugno 2012 – L'Italia “arretra”, per produzione manifatturiera scivola da quinta a ottava scavalcata da India, Brasile e Corea Sud, è a rischio la stessa sopravvivenza di “parti importanti dell'industria”. Non è affatto rassicurante il quadro tracciato dal Rapporto "Scenari industriali" del Centro Studi di Confindustria, presentato stamattina a Roma presso la sede della confederazione. Lo studio rivela che il Paese soffre a causa della recessione, di un “feroce credit crunch” e della bassa redditività.

Nel corso della presentazione Fulvio Conti, vice presidente di Confindustria con delega per il Centro studi, nonché Amministratore Delegato e Direttore Generale di Enel, ha affermato che "l'Italia è un Paese lento, in cui manca una visione di lungo periodo e dove si investe sempre meno". Per contrastare questa lentezza e mancanza di progettazione, l’unione degli industriali chiede norme chiare, meno burocrazia e investimenti. "Manca un progetto-Paese che identifichi le priorità e le linee di sviluppo da perseguire", ha quindi aggiunto Conti, osservando che in Italia appare "affievolita la spinta all'innovazione, unica leva competitiva in un mercato globalizzato".

Infrastrutture e investimenti di lungo periodo per rilanciare l’economia

Nel suo intervento, Conti ha sostenuto che per far ripartire l'economia si deve "pensare in maniera strategica, puntare sugli investimenti di lungo periodo, soprattutto nelle infrastrutture e nell'innovazione e riequilibrare il carico fiscale per favorire gli investimenti e la ripresa dei consumi".
Stamattina anche il nuovo presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, ha confermato l’importanza dello sviluppo infrastrutturale per il rilancio del Paese, e ha dichiarato che “i project bond finalizzati al miglioramento delle dotazioni infrastrutturali in Europa e in Italia sono un passo che va nella direzione giusta e ben vengano". Del resto, Squinzi aveva già affrontato questi argomenti nel corso dell’Assemblea Annuale di Confindustria il 24 maggio, quando aveva dichiarato che per uscire dalla crisi economico-finanziaria e rimettere in moto l’economia è necessario ridurre il gap infrastrutturale. "Per arrivare a una vera politica infrastrutturale il problema non sono le risorse ma l'impotenza decisionale che va superata" aveva affermato Squinzi, aggiungendo che “le infrastrutture si devono programmare”.

Perseguire un “rinascimento manifatturiero”

Il rapporto del Centro Studi di Confindustria ha riservato una particolare attenzione alla produzione manifatturiera, altro settore nevralgico per lo sviluppo industriale, in cui si conferma la scalata dei Paesi emergenti. In questa particolare classifica l'Italia è passata dalla quinta all'ottava posizione – superata da India, Brasile e Corea del Sud – con una quota di produzione manifatturiera che dal 2007 al 2011 è scesa dal 4,5 al 3,3%. Per il terzo anno consecutivo, al primo posto si attesta la Cina, che è cresciuta del 7,7% e ha scavalcato ormai stabilmente gli Stati Uniti (secondi). Seguono Giappone, Germania, Corea del Sud, Brasile, India e Italia. Produzione in crescita per India e Indonesia, mentre perdono quota gli Stati Uniti (-3,9%), Francia e Regno Unito (entrambi -0,9%), Spagna (-0,7%) e Canada (-0,4%). Nel complesso, l'Ue dei 15 cala dal 27,1 al 21%.

Commentando questi dati, il direttore del Centro Studi, Luca Paolazzi, ha avvertito che “la ricaduta in recessione mette a repentaglio l'industria italiana” e che “per rafforzare il manifatturiero, motore della crescita attraverso l'innovazione, è tornata strategica la politica industriale”. Paolazzi ha anche ricordato che questo è un punto debole del nostro Paese, a causa dei limiti legati alle inefficienze della pubblica amministrazione e alla mancanza di “governi dalla visione di lungo periodo”.
Anche il vice presidente Conti ha dedicato una riflessione a questo tema, auspicando un "rinascimento” del settore, perché ”l'industria manifatturiera è l'asse portante della nostra economia: sa essere dinamica, sa innovare, sa investire più di altre ed è in grado di produrre valore aggiunto per la crescita di tutto il settore". Secondo Conti, per raggiungere questo scopo serve "un quadro normativo leggero, chiaro e prevedibile, per sostenere quegli investimenti che incoraggerebbero una solida ripresa industriale”. “La vera liberalizzazione - ha concluso Conti - è la sburocratizzazione del Paese".


Squinzi: possibile calo del Pil per il terremoto in Emilia Romagna

Nel corso dell’incontro, il presidente Squinzi ha anche parlato del sisma che ha colpito l'Emilia Romagna l'Italia, un tragico evento che potrebbe avere anche ricadute sull’economia nostrana, poiché nell'area colpita “si produce un po' più dell'1% del nostro Pil, e rischiamo quindi di perdere qualche frazione di punto di Pil soltanto a causa del terremoto". Squinzi ha affermato che sono "almeno le 500 aziende che hanno subito lesioni, circa 10 mila i posti di lavoro a rischio” e c’è la minaccia “che si perdano filiere distrettuali importanti”. Il presidente di Confindustria prevede uno stop produttivo di almeno 4-6 mesi, e ha sottolineato la necessità di ripartire al più presto, anche "per evitare le tentazioni a delocalizzare da parte delle imprese straniere, sopratutto nel settore biomedicale".

Matteo Martellacci

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