Il «non fare» è un eterno salasso. In fumo 500 miliardi di investimenti
Un terzo del Pil perso per progetti bloccati o mai realizzati
Milano, 23 ottobre 2013 - Centrali elettriche, autostrade, ferrovie, depuratori, termovalorizzatori: un terzo dei lavori cominciati in Italia resta in sospeso. E l'impatto delle opere mancate peserà quasi 500 miliardi sull'economia nazionale, un terzo del prodotto interno lordo, da qui al 2027.
Sono queste le ricadute complessive in termini di investimenti sfumati, calo di competitività, impatto sulla collettività e perdita occupazionale misurate dal rapporto annuale dell'Osservatorio sui Costi del Non Fare, di Agici-Bocconi. Nel rapporto si mettono in evidenza tutti i danni della burocrazia, che frena lo sviluppo e fa scappare le multinazionali, come nel caso di British Gas dopo il blocco del rigassificatore di Brindisi, o ne rallenta i progetti, come nei casi di Ikea in provincia di Pisa o di Decathlon in Lombardia.
Nella ricerca, guidata da Andrea Gilardoni (docente Bocconi e assessore lombardo alla mobilità) e Stefano Clerici, si tiene conto di numerose categorie di costi. Ad esempio, quando British Gas ha deciso di cancellare il progetto del rigassificatore a Brindisi, l'Italia intera non hanno perso solo un investimento diretto di 800 milioni di euro, ma molto di più. Calcolando tutto, l'impatto misurato sui prossimi 15 anni arriva appunto a 474 miliardi e 300 milioni di euro.
E’ il settore dei trasporti, insieme all'energia, quello dove si annidano i maggiori «costi del non fare». La mancata realizzazione di 1.800 chilometri di autostrade e di 1.330 chilometri di ferrovie, convenzionali e ad alta velocità, ci costerà ben 230 miliardi nei 15 anni a venire. Per il settore energetico, invece, si prevede un bilancio negativo di 66 miliardi a causa della mancata realizzazione di 28 gigawatt di centrali elettriche, 6.750 chilometri di nuove reti ad alta tensione, 207 stazioni elettriche e 14 miliardi di capacità di rigassificazione.
Nell'ambito dei rifiuti e del settore idrico, non fare 50 termovalorizzatori, non sostituire oltre 100mila chilometri di acquedotti obsoleti e non coprire il 100% della popolazione con depuratori ci costerà circa 55 miliardi di euro, senza parlare delle multe comminate dall'Unione Europea. Infine, il mancato efficientamento del sistema logistico nazionale, con porti e interporti, genererebbe costi per la collettività di oltre 73 miliardi.
Se entro 15 anni non riusciremo a recuperare il tempo perduto e a mettere in cantiere tutte queste opere, l'Italia rischia di perdere altro terreno rispetto ai partner europei. Ma gli impianti bloccati non dipendono solo dalle pastoie della burocrazia e di un federalismo pasticcione, che porta alla continua sovrapposizione nelle competenze dei diversi enti locali.
Ci sono anche le resistenze di un ecologismo esasperato e male inteso: i dati dell'Osservatorio Nimby, acronimo di Not In My Back-Yard, cioè «non nel mio cortile», rivelano una crescita costante di casi in cui le comunità locali riescono a bloccare progetti di rilevanza nazionale e internazionale, come nel caso della Tav in Val di Susa.
Il numero di progetti bloccati dalle resistenze locali è salito a 354 nel 2012, rispetto ai 311 casi del 2011, con un incremento del 7%. «L'incremento record di contestazioni nel 2012 racconta il paradosso di un'Italia divisa tra la necessità di investire per uscire dalla crisi e la paralisi della burocrazia, tra una progettualità che resiste e l'azione strumentale della politica», commenta Alessandro Beulcke, presidente di Aris e promotore dell'osservatorio.
I NUMERI
800 MILIONI - Era la cifra prevista per il progetto del rigassificatore di British Gas a Brindisi. Il progetto è stato cancellato nel 2012, dopo 11 anni
1.800 CHILOMETRI - La cifra si riferisce ai chilometri di autostrade da realizzare (1.330 quelli per le ferrovie). Non realizzarli costerà qualcosa come 230 miliardi in 15 anni
100.000 CHILOMETRI - Sono le reti idriche utili a riammodernare il paese, fatto di acquedotti obsoleti. Non coprire il 100% del paese con i depuratori costerà 55 miliardi