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Briciole di pane

Svolta degli appalti pubblici: 21 «registi» per i cantieri

Grandi Lavori de Lise: sì alla semplificazione, eravamo al 1865

Roma, 6 aprile 2011- Ridurre le stazioni appaltanti a 21: una per Regione. Per il ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli, ridimensionare gli attuali 21 mila soggetti pubblici e privati che possono affidare a terzi la realizzazione di lavori pubblici o le forniture di beni e servizi, sarebbe «la perfezione». La questione, per Matteoli, potrebbe essere affrontata dal tavolo esistente presso il suo dicastero, che ha già definito il Regolamento per l'attuazione del codice dei contratti pubblici. Di quest'ultimo, e della sua entrata in vigore fissata per il 9 giugno, si è parlato ieri nel primo degli incontri formativi dedicati all'aggiornamento del personale tecnico della pubblica amministrazione, organizzati dal ministero, da Itaca (Istituto per l'innovazione e la trasparenza degli appalti e la compatibilità ambientale) e dalla Conferenza delle Regioni.

Il lavoro fin qui svolto ha ricevuto l'apprezzamento di Pasquale de Lise, presidente del Consiglio di Stato: “La nostra disciplina era ferma alla legge fondamentale del 1865 e a una legge di contabilità dello Stato degli anni '20. Ora si è intervenuti in un'ottica di semplificazione delle procedure” attraverso l'introduzione di “strumenti originali”. Tra questi sono stati citati il “dialogo competitivo”, una procedura con la quale l'amministrazione aggiudicatrice, in caso di appalti complessi, avvia un dialogo con i candidati per individuare la migliore soluzione. E l'asta elettronica, un meccanismo di aggiudicazione dell'appalto attraverso mezzo informatico. Ma soprattutto l'obbligo di verificare il progetto, che dovrà essere controllato e validato da soggetti terzi. L'esame servirà ad accertarne, tra l'altro, la completezza, la coerenza del quadro economico e l'adeguatezza dei prezzi unitari utilizzati, l'appaltabilità della soluzione progettuale prescelta e la possibilità di ultimazione entro i termini previsti. Un meccanismo per evitare costosi aggiustamenti in corso d'opera.

Il nuovo Codice introduce anche il divieto di affidare un progetto col criterio del massimo ribasso e l'obbligo della stazione appaltante di indicare nel bando il limite massimo di sconto accettato. Arriva anche uno strumento tutto nuovo: il performance bond. Si tratta, ha spiegato Bernadette Veca, vicecapo di Gabinetto e direttore generale del ministero, di uno «strumento di garanzia globale che favorisce la scelta qualitativa delle imprese» in quanto, in caso di inadempimento, prevede il subentro nel contratto di un garante che assicura la realizzazione dell'opera nei tempi previsti.

Ma basterà questa nuova disciplina a ridurre il contenzioso che «scoraggia gli investitori ed è un elemento di debolezza del sistema?». È quanto ha chiesto il direttore del Corriere, Ferruccio de Bortoli, coordinatore dell'incontro. Per Matteoli c'è un «uso eccessivo della sospensiva dei Tar, i Tribunali amministrativi regionali: «Faremo una commissione per studiare proposte da fare al Parlamento per evitare che questo accada» ha aggiunto. Ma secondo de Lise la colpa del proliferare dei ricorsi non sta nei Tar: «La causa maggiore sta nella carente progettazione, poi nell'aggiudicazione della gara. Qui c'è un'esplosione dei ricorsi».

I due assessori ai Lavori pubblici presenti all'incontro, Massimo Giorgetti (Veneto) e Luca Malcotti (Lazio), hanno richiamato invece l'attenzione sulla difficoltà degli uffici tecnici dei tanti piccoli Comuni di mettersi al passo con la nuova normativa in mancanza di «forti investimenti» nella formazione.

Antonella Baccaro - Il Corriere della Sera

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