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Briciole di pane

Moretti «Pronti a vendere Grandi Stazioni»

L'ad di Ferrovie dello Stato: «È una gallina dalle uova d'oro, benvenuti i soci Benetton e Caltagirone se fanno una buona offerta»

Vuole vendere la quota di Grandi Stazioni in capo alle Ferrovie «ai soci Benetton e Caltagirone» (ma non ai francesi di Sncf, la rivale Societé National Chemin de Fer). E concorda su un'Authority dei trasporti, sì, «ma europea», piuttosto che l'Autorità regolatoria italiana sollecitata da Antonio Catricalà, presidente dell'Antitrust. Perché il suo obiettivo è l'espansione internazionale e «le regole devono essere uguali per tutti». Mauro Moretti, amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato Italiane (come si chiamano, non a caso, da giugno, per connotarsi all'estero), è appena tornato da Bruxelles, dove con i colleghi europei ha parlato di mercato con Siim Kallas, commissario europeo per i Trasporti.

Rigetta l'accusa di monopolio e non teme l'arrivo della Ntv di Luca di Montezemolo, dice, perché ormai l'arena è europea. E le Fs, dopo la joint venture con la francese Veolia e l'acquisizione del 51% di Netinera (l'ex Arriva Deutschland), coprono con l'estero il 9% del fatturato 2011 (8 miliardi il giro d'affari 2010, con utile netto di 129 milioni grazie anche all'Alta Velocità Milano-Roma).

L'Indice delle liberalizzazioni dell'Istituto Bruno Leoni, per i treni, è di 36 su 100. Dieci punti in meno del 2007. Mercato chiuso?
«Niente affatto, tant'è vero che a Bruxelles l'unico esponente privato presente era l'italiana Ntv di Montezemolo. Siamo l'unico Paese dove per il traffico passeggeri gli operatori stranieri non devono firmare accordi di reciprocità. I treni merci sono già completamente liberalizzati e quelli passeggeri arrivano a Milano dalla Francia con Sncf, a Bologna e Venezia dal Brennero con Deutsche Bahn e l'austriaca Obb. Siamo in quattro sul mercato: noi, francesi, tedeschi e austriaci. L'Istituto Bruno Leoni fa riferimento all'Ibm Index, che abbiamo formalmente contestato. E Ibm ci ha dato ragione».

Ma l'Antitrust dice che serve un'Autorità dei trasporti italiana per regolare l'accesso e le tariffe. Che per i vostri rivali è dura.
«La nostra posizione resta quella di un anno fa, quando chiedemmo all'Ue con i vertici di tutte le società europee, da Guillaime Pepy di Sncf a Rudiger Grube di Deutsche Bahn, un mercato unico ferroviario, con regole uguali per tutti. È questa la mia preoccupazione oggi, non i possibili rivali italiani. Perché gli aerei o i camion hanno una singola licenza e un singolo certificato di sicurezza in Europa e noi no? I mercati non possono più essere nazionali, mentre stiamo costruendo la rete transeuropea Ten-T. Perciò abbiamo chiesto a Bruxelles un'Authority, ma europea, che coordini i regolatori nazionali. Dove ci sono».

Gli alleati su questo?
«Tutti i firmatari del documento, cioè tutte le società ferroviarie d'Europa. A partire dai tedeschi e dalla Deutsche Bahn pubblica».

Beh, avete due società in Germania, Tx Logistik e il gruppo Netinera.
«E vanno bene. Tx Logistik, che porta merci dal Nord al Sud, ha redditività netta del 7%. E con Netinera, che fattura 500 milioni, facciamo servizio universale fino a Praga. In Germania poi abbiamo appena vinto due gare, una sulla rete Heudekreuz da 300 milioni e una a Ostbayern da oltre mezzo miliardo».

Dopo la rottura con Sncf, socia di Ntv, in Francia vi siete invece alleati con Veolia, la rivale. Vendetta?
«Necessità. L'11 dicembre partiamo con il Venezia-Parigi. Non lo facciamo più con Sncf, abbiamo dovuto scegliere un altro. Ma il mercato francese resta bloccato. Abbiamo chiesto di fare il Bruxelles-Parigi e il Milano-Parigi sull'Alta Velocità, non ce li danno».

Alitalia dice che sulla Milano-Roma vince l'aereo, perché ha il 60% del traffico d'affari.
«Ormai il 55% del traffico sulla Milano-Roma è via treno. E il 68% di questo è business. Quel 60% non torna».

Quando partite con le nuove fasce di prezzo?
«A dicembre lanceremo la classe executive. Non posso dire altro».

Ntv si dice interessata anche alle gare regionali e al servizio universale, assistito dallo Stato.
«Si accomodino, a questi prezzi non vedo su quale redditività si possa contare. Ma se domani ci fosse una gara sul servizio universale ci sono tanti interessati a partecipare, come Deutsche Bahn. E poi non sappiamo neanche se l'anno prossimo le regioni faranno tagli sui servizi locali, a seguito della manovra finanziaria».

Avete il 60% di Grandi Stazioni. Vuole ancora vendere?
«Si va avanti. Grandi Stazioni è una gallina dalle uova d'oro, se c'è qualcuno che paga adeguatamente siamo pronti».

E a chi vendereste?
«I più titolati sono i nostri partner, Benetton e Caltagirone. Ne stiamo parlando».

E ai francesi di Sncf? Anche loro sono soci.
«Ma anche competitor».

Emetterete i bond?
«Ora no, non siamo in crisi di liquidità. Abbiamo linee di credito e flusso di cassa dai biglietti».

Più circa tre miliardi all'anno dallo Stato.
«Poco. Rispetto a Germania, Francia e Inghilterra prendiamo meno della metà. E se non ci danno più soldi non possiamo dare treni né servizi nuovi».

A quando lo scorporo di Rfi, la società dei binari, da Fs, quella dei treni?
«In Europa si discute sul vantaggio economico della separazione della rete. Se conviene è bene farla, altrimenti no. Non è ragionevole farla pagare ai contribuenti come in Gran Bretagna, dove i prezzi sono esplosi».

Che fine ha fatto il progetto di scorporo societario dell'Alta Velocità?
«Stiamo riorganizzandoci con tre business unit: merci, servizio a mercato e servizio universale. Stiamo valutando le migliori governance».

Sul contratto collettivo avete rotto coi sindacati.
«Se devo competere con Deutsche Bahn o Ntv voglio lo stesso contratto, non quello vecchio delle Fs! Se i sindacati hanno firmato con gli altri, firmino anche con noi. Il vecchio contratto ha un costo orario maggiore del 40%. Non ce lo possiamo più permettere».

Lei è stato sindacalista.
«Più di vent'anni fa e firmai per 50 mila persone in meno allora. Poi me ne andai».

Fa bene la Fiat a uscire da Confindustria?
«I contratti aziendali ci vogliono, ma insieme al contratto collettivo nazionale. Altrimenti è l'anarchia».

Alessandra Puato (Fonte: Il Corriere della Sera Economia)

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